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Come fare il giornalista politically correct e vivere di merda

(Dialogo tra un giornalista e un bassotto di nome Nando)

(30 Maggio 2003)

Bassotto: A me hanno abbandonato sull'autostrada e legato al guard-rail...

Giornalista: A me hanno cacciato su due piedi e su quelli vado girovagando. Potevano almeno farci salutare i nostri lettori. Dopo cinque anni di amorose corrispondenze...

Bassotto: È tutta colpa tua. T'avevo avvertito mille volte: se vuoi fare il giornalista a sinistra devi stare sui binari. Invece hai deragliato. Come nel 1991, ricordi, quando al TG3 in diretta, di ritorno da Somalia e Sudan, tirasti fuori le prove delle porcate e ruberie della Cooperazione Italiana, quella di Francesco Forte e Craxi. Arrivò una telefonata e il giorno dopo il direttore ti sbattè dalla redazione esteri alla cronaca. Eri già vecchio di Palestina, Vietnam, Irlanda, Biafra, Eritrea e ti ritrovasti a raccontare tamponamenti sull'Autosole.

Giornalista: Per quello mi ricordo anche, due anni dopo, stesso direttore, la soppressione della mia rubrica "I tempi che corrono". Donatella Raffai si era innervosita perché nel suo lieto programmino, all'interno del quale serpeggiava la rubrica, facevo circolare immagini sconvenienti di bimbetti iracheni smozzicati dall'uranio.

Bassotto: Per non parlare di quell'altra direttrice che, quando proponesti di andare a vedere dov'era finito l'Iraq, ti intimò di non azzardarti a mostrare anche una sola immagine di bambino iracheno dilapidato o ucciso dall'embargo: «Mica voglio criminalizzare gli USA!» disse.

Invece è finita che hanno criminalizzato te per "favoreggiamento della belva sanguinaria di Baghdad". Quella direttrice ora è superpresidentessa e tu, nel crepuscolo della tua giornata terrena, come direbbe Don Mazzolari, stai in mezzo a una strada. Sempre a dar di testa contro i muri! Se sono duri te la rompi, se son di gomma, rimbalzi. Devi imparare a vivere!

Giornalista: Non mi parlare di Don Mazzolari. Era quel campione del disarmo unilaterale che concionava sulla nonviolenza assoluta e metteva sullo stesso piano la guerra di difesa e quella d'aggressione. Come quelli che oggi rimproverano gli iracheni per aver sparato ai macellai angloamericani. Dovevano forse fare i disobbedienti e andargli incontro a mani alzate?

Bassotto: Vedi che ci ricaschi. Te le vuoi proprio, le mazzate. Tra noi a sinistra devi essere doppiamente politically correct che dalle altre parti. Mica possiamo rischiare di essere buttati fuori dal salotto buono della politica per le tue intemperanze. Non si parla così di Don Mazzolari o, magari, di Capitini. Sono per definizione anime belle.

Giornalista: Neanche di Madre Teresa di Calcutta che abortiva la libertà delle donne e se la faceva con i più criminali caudilli del Centroamerica e, mentre questi si stropicciavano le mani, esaltava la povertà come il più grande dono di Dio? O di quella Las Vegas del Gargano che è San Giovanni Rotondo? O magari di quei terroristi mafiosi, al soldo della CIA, che, volevano far sprofondare nel letame un'isola dei Caraibi?

Bassotto: Mi fai davvero incazzare. Bastava che li chiamassi "dissidenti" e Fidel uno strapazzatore dei diritti umani e oggi non saremmo qui, attaccati al guard-rail.

Giornalista: Senti, bassotto, a dire pane al pane e vino al vino e principi del terrorismo agli statunitensi si dice forse qualcosa di sbagliato? Ma l'11 Settembre chi l'ha fatto?

Bassotto: Di sbagliato forse no, di sconveniente sì. Dai, lasciati istruire un po', chè noi bassotti non facciamo mica gli Icari che volano alto solo per sfracellarsi al suolo, ma viaggiamo discreti rasoterra, dribblando zampe di dinosauri e sciacalli. C'era proprio bisogno che sbattessi in faccia ai né-né, quelli sì politically correct, quelli che strombazzavano di "rivoluzioni democratiche" in Jugoslavia e di "Belgrado ride", che un "dittatore", con contro 18 partiti foderati di dollari USA e una stampa al 90% a stelle e striscie, era stato buttato giù dai "compagni no-global", ma neoliberistissimi, di OTPOR addestrati dalla CIA? Andavi a Belgrado e Pancevo, trasformati in camera a gas, mentre tutti andavano bosniacamente e pacifisticamente a Sarajevo per inorridire che cecchini serbi si difendessero dalla cacciata di metà popolazione dalla "capitale della multietnicità". Turbavi la pace dello spirito dei compagni cianciando di un milione di profughi serbi cacciati dalle loro terre e finiti in tuguri, a ridere con la Belgrado della "rivoluzione democratica" di Djindjic, e diffondevi addirittura dati riservati NATO che smentivano quella "pulizia etnica" che ci aveva tutti felicemente né-nèzzati. E chi te l'ha fatto fare a rivelare urbi et orbi che in Iraq c'erano sanità e istruzione gratuiti, casa e lavoro per tutti e che i curdi li aveva gassati Khomeini ("New York Times", 31/01/03)? Sai benissimo che a dire queste cose si diventa antisemiti, che si possono scrivere negli USA o in Inghilterra, ma sono assolutamente off limits in Italia, salvo voler compromettere ecumeniche festicciole con Rutelli.

Giornalista: Ma la verità non è rivoluzionaria?

Bassotto: Solo se c'è in giro un Lenin. Sei un fondamentalista inopportunista del nostro mestiere. Pontifichi che la disobbedienza è categoria valida fino ai 12 anni, dopodiché non si restaura la casa, ma si va via a farne un'altra, tutta di mattoni rossi e insisti a chiedere a Marcos, con quelle sue suggestive fiabe, perché non ci dice niente di Jugoslavia, Afghanistan, Palestina e promette a presidenti e tiranni che si possono tenere il potere, che a lui non interessa per niente. Ma lascia stare, pensa a camminare domandando.

Giornalista: Scusa un attimo, chi sono quei tre attaccati alla colonnina SOS? Non ti sembrano Santoro, Biagi e Luttazzi?

Bassotto: Già, e ce n'è un altro che sta telefonando, deve essere Ferruccio De Bortolis. Pare che gli abbiano promesso il Soccorso Stradale. E anche quello rosso. A noi niente.

Giornalista: Allora tanto vale che diciamo le cose come stanno. Come diceva l'alieno? "Si perderanno nel tempo come lacrime nella pioggia".

Bassotto: Per esempio?

Giornalista: Per esempio: Intifada fino alla vittoria.

Bassotto: Sei un caso disperato.

30 Maggio 2003

Fulvio Grimaldi

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