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La sanità a Cuba e negli Usa

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(28 Marzo 2012) Enzo Apicella

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La Spagna, Cuba e i prigionieri politici: due pesi e due misure

(9 Luglio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it


Marco Santopadre, Radio Città Aperta

09-07-2010/19:12 --- Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha annunciato oggi che il terrorista Francisco Chàvez Abarca verrà estradato a Cuba. L'uomo farebbe parte di una rete di anticastristi guidati dall'ex agente della CIA Luis Posada Carriles, noto terrorista, accusato di essere l’autore dell’attentato nei confronti di un aero cubano nel 1976 a causa del quale persero la vita 73 persone. Imprigionato negli Stati Uniti, Carriles è stato poi rilasciato nel 2007 e non è mai stato estradato né in Venezuela né a Cuba nonostante le continue richieste dei due paesi. Il suo numero due sarebbe proprio Chavez Abarca, che colpevole di vari attentati contro hotel e centri turistici dell’isola, sarebbe entrato in Venezuela con documenti falsi per poi essere arrestato dalle autorità locali.
Quando Abarca finirà in una prigione cubana probabilmente qualche giornale o governo occidentale lo inserirà nella lista di quelli che vengono definiti ‘prigionieri politici’. Quelli per i quali si sta adoperando il ministro spagnolo Moratinos e la Chiesa Cattolica, che hanno prima lanciato una campagna mediatica in tutto l’occidente, preceduta dallo sciopero della fame di alcuni di loro, e poi da un viaggio dello stesso Moratinos a l’Avana. Ma il governo cubano, come spesso ha saputo fare in passato, ha repentinamente sfruttato la situazione a proprio favore, annunciando che 52 dei cosiddetti ‘prigionieri politici’ potranno presto lasciare le carceri, ma dovranno anche lasciare il paese. I reclusi saranno quindi presto liberi, indipendentemente che siano spie statunitensi, mercenari al soldo di qualche potenza straniera o delinquenti comuni. I primi cinque dovrebbero lasciare le galere cubane nelle prossime ore. Per tutti gli altri ci vorranno alcune settimane o al massimo qualche mese. La maggior parte si trasferiranno in Spagna, paladina delle loro rivendicazioni – oltre che prima potenza coloniale in America Latina, da sempre impegnata in una sorta di cooperazione-competizione col gigante statunitense per accaparrarsi risorse, mercati, controllo di interi settori economici del ‘nuovo’ continente. Quella stessa Spagna che nelle proprie galere rinchiude centinaia di prigionieri baschi, catalani, galiziani, anarchici e comunisti spagnoli. Alcuni dei quali provengono da gruppi armati come l’Eta o i Grapo, ma moltissimi dei quali sono studenti, giornalisti, intellettuali, sindacalisti, sindaci, ex deputati, colpevoli di difendere un progetto politico progressista e nel caso degli attivisti delle nazionalità oppresse anche indipendentista.
Una esplosiva contraddizione che un ministro di un paese che rinchiude nelle proprie galere centinaia di dissidenti viaggi nella capitale di un altro paese, osannato e incensato dalla stampa ‘libera’, a chiedere che altri facciano quello che lui e il suo governo mai farebbero.
Il portale di informazione Peacereporter ci informa che del gruppo dei 75 arrestati nel 2003 a Cuba, in quella che viene ricordata come la "primavera nera", non tutti sono sinceri e onesti dissidenti: di sicuro c'è qualche referente della Cia e forse anche di qualche altro servizio segreto. è della stessa opinione. "Tanto per cominciare - racconta Franco Calandri dell'Associazione di Amicizia Italia-Cuba - il termine "politico" che segue la parola prigionieri, spesso è stato appioppato dalla stampa italiana e internazionale, per accentuare l'attenzione su questi detenuti. Le persone in questione, quelli di cui tanto si parla in questi giorni, hanno lavorato, anche con buoni riconoscimenti economici, per l'ambasciata statunitense all'Havana per favorire i piani di sovversione contro Cuba. E da anni dico sempre una cosa: a chi contesta che ciò sia vero perché non pubblica le prove che il 9 aprile 2009 il minitero degli Esteri cubano portò a conoscenza dell'opinione pubblica internazionale (c'erano 52 giornalisti da ogni angolo del pianeta in quell'occasione ndr) su quale era il lavoro di questi cosiddetti prigionieri politici. Perché nessuno ne ha mai scritto? Per questo poi si creano false informazioni" dice Calandri. "Insomma, quello che voglio dire è che anche in Italia se un giornalista si mette a disposizione di un'ambasciata straniera per sovvertire l'ordine delle cose italiano, beh credo che codice penale alla mano questo soggetto non possa far altro che finire all'interno di una galera italiana, giusto? Non capisco perché con Cuba si usano sempre due pesi e due misure" conclude Calandri.

www.radiocittaperta.it

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