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Di nuovo a Baghdad

25 luglio 2003

(7 Agosto 2003)

Siamo arrivati a Baghdad giovedì 24 luglio in tarda mattinata dopo aver attraversato il confine giordano con due jeep impiegandoci circa 10 ore per raggiungere la capitale.
4 donne e 4 uomini compongono la delegazione dell’ong italiana ‘un ponte per….’ Presente in IRAQ ormai da 13 anni.
6 di noi eravamo già stati in Baghdad nel mese di febbraio 2003 in occasione della manifestazione nazionale della pace del 15 febbraio; in quell’occasione abbiamo conosciuti degli irakeni che rincontreremo nel pomeriggio. Abbiamo incontrato presso le sede delle ong i volontari del ponte per e subito dopo sono arrivate due donne irakene responsabili del progetto internazionale denominato ‘ Occupation Watch’ che si occuperà di monitorare e denunciare le violazioni dei diritti umani nei settori economico, sociale e militare commesse dalle forze di occupazione presenti in Iraq. ‘Il ponte per…..’ è fra le organizzazioni che collaborano all’Occupation Watch e intende sostenere economicamente la realizzazione della cosiddetta ‘Casa Irachena’, che sarà la sede dell’osservatorio, già individuata nel centro di Baghdad.
Una delle due donne è la coordinatrice, si chiama Nermin Al Mufti e ci ha descritto la situazione che vive il paese all’indomani dei bombardamenti. L’osservatorio cercherà di rendere la più ampia testimonianza su ciò che l’occupazione produce in termini di violenza generale nel paese
Nermin pensa che l’osservatorio potrebbe essere importante nel sollecitare un percorso di autodeterminazione del popolo irakeno, che potrebbe scegliere così il governo che vuole. Altre informazioni ci hanno offerto spunti per cercare di comprendere lo stato della società irakena dall’occupazione in poi, per esempio la gestione americana delle risorse petrolifere ha già prodotto il 37% dei licenziamenti, perché sono state impiegate forze lavoro asiatiche; ci ha detto, inoltre, che all’aereoporto ex Saddam sono richiusi 6000 prigionieri di cui non si conoscono le condizioni né le modalità di trattamento cui sono sottoposti dato che l’accesso all’aereoporto è stato interdetto dagli occupanti anglo-americani.
Alla nostra domanda “quali passi per la democrazia” Nermin ci ha raccontato che sono state già varate 2 leggi dal governatore statunitense Paul Bremer:
la prima stabilisce che nessun cittadino degli stati occupanti può essere sottoposto a processo secondo le leggi irakene;
la seconda prevede la chiusura di testate giornalistiche che esprimono posizioni critiche contro l’occupazione.
Questa seconda legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale per diffonderne la conoscenza ed è già stata applicata con conseguente chiusura di 4 testate giornalistiche.
L’archivio della Gazzetta Ufficiale dal 1921 è stato bruciato dagli occupanti con la chiara volontà di cancellare ogni identità del paese.
Infine Nermin ha posto l’accento su un’altra questione rilevante di cui fra l’altro l’osservatorio si occuperà, che è quella relativa alle donne ed alla violenze nei loro confronti diffusa e soprattutto accentuata a causa dell’occupazione. In questo momento sono attive a Baghdad almeno 3 organizzazioni di donne, la prima è ritenuta storica ed è stata creata nel 1952; la seconda è sorta all’interno del Partito Comunista Irakeno ed è ritenuta la più attiva; la terza di recente formazione.
Ci ha detto ancora cose che fanno riflettere; per esempio un dirigente irakeno degli affari esteri è stato arrestato dopo aver espresso su un quotidiano locale una forte critica nei confronti dell’ occupazione e per aver detto che il popolo irakeno non la accetta. Ha aggiunto che la resistenza irakena, secondo la sua opinione, non farà differenza fra occupanti anglo-americani ed altri di altre nazionalità, questo dopo averle chiesto come sono viste le forze italiane presenti.
In serata presso il nostro hotel AL FANAR abbiamo incontrato Thickra Nadir, scrittrice, giornalista e vicepresidentessa di un'organizzazione di donne chiamata "Rising of the iraqi women", tale organizzazione si occupa di sostenere donne sole, che hanno perso famiglia, lavoro e di qualificarle per rendere possibile una loro partecipazione alla vita politica e sociale del paese. Thickra ci ha detto " abbiamo grandi sogni anche se e' cosi' difficile".
Autrice di libri fra cui un racconto premiato nell'anno 2000 e diffusi in Egitto.

Oggi 25 luglio 2003, venerdi' giorno festivo per i mussulmani, la giornata e' iniziata con un giro nel centro di Baghdad a Buthanabbi, mercato dei libri usati, ed alla universita' antica Mustansirya.
Durante questo giro abbiamo raccolto le impressioni e le sensazioni di molte persone incontrate e desiderose di raccontarsi, accompagnate dal nostro interprete Giuseppe.
Tutto cio' che abbiamo ascoltato ci ha trasmesso una sensazione molto forte ed immediata, quella di una profonda disgregazione umana interiore e collettiva in questo popolo, abbiamo sentito in tutte le persone un senso di perdita di punti di riferimento non solo politici ma anche sociali e di relazione.
Cio' che appare piu' evidente e' l'assoluta mancanza di sicurezza per la vita quotidiana e la incredibile fatica di vivere sopportando un livello di privazione materiale e psicologica disumana. A fronte di questo abbiamo percepito anche un desiderio nuovo di fare nel senso di riscostruire, ricostruire una identita' collettiva, ricostruire una rappresentativita' autentica e prendere quindi in mano il proprio futuro. E' proprio questa la cosa piu' impedita dato che le forze di occupazione dirigono tutti i meccanismi della societa', stabilendo quali sono le nuove leggi, chi lavora e chi no e soprattutto legittimando il dilagare di furti e saccheggi causati dalla assoluta miseria che si e' diffusa.
Le persone incontrate ci hanno trasmesso sollievo per la caduta del rais Saddam Hussein, ma anche ferma convinzione che le truppe di occupazione debbano lasciare il paese.
Fa male al cuore affacciarsi dai tetti dell'antica universita' per guardare il Tigri, i ponti che l'attraversano e trovarsi di fronte i carri armati con i soldati che puntano la mitragliatrice su tutto cio' che si muove.

In seguito mentre ci dirigevano alla moschea di Kadimya siamo stati violentemente bloccati da due marines che con altri presidiavano un sito militare, motivo di questo intervento e' stato che alcuni di noi li hanno ripresi. Due giovani poco piu' che ventenni armati fino ai denti ed agitati al punto da non riuscire a parlare con voce ferma, hanno ordinato ai nostri compagni di consegnare la telecamera immediatamente ; dopo tentativi di spiegare che si poteva cancellare tutto cio' che era stato filmato e con una buona dose di nostra agitazione ci hanno lasciato andare.
Arrivati alla moschea gremita di gente in quanto giorno di festa abbiamo, soprattutto noi donne, avvertito una pesante ostilita' negli sguardi degli uomini e di alcune donne; la sensazione e' stata giusta perche', pur coprendoci e velandoci come imposto, ci hanno impedito con odio e violenza di avvicinarci alla moschea e ci hanno intimato di lasciare la zona.
Questo episodio ci ha profondamente turbato dato che in pochi mesi l'ondata integralista e' montata rapidamente e in modo diffuso; solo a febbraio 2003 eravamo entrati senza alcun problema e ben accolti.Sembrerebbe chiara la logica spartitoria degli anglo-americani , secondo cui agli sciiti si lasciano ampi margini di azione affinche' gli interessi occidentali possano essere perseguiti senza alcun ostacolo da parte del popolo.

Nel pomeriggio abbiamo visitato alcuni luoghi bombardati; la Centrale delle telecomunicazioni di Adhimya rasa al suolo e il Circolo Militare degli Ufficiali completamente distrutto. In quest’ultimo posto distrutto vivono 400 famiglie che non possono permettersi una casa; alcuni di loro ci hanno raccontato che gli americani sono spesso presenti, non certo per aiutarli, ma per appropriarsi di quel poco rimasto che ritengono necessario per la loro vita in Baghdad. Un fatto accaduto alcuni giorni fa lo dimostra: i soldati americani sono entrati e hanno portato via il generatore che utilizzavano queste famiglie, considerato che l’elettricità c’è 6 ore su 24.

Verso il tardo pomeriggio l’autista che ci ha accompagnato ci ha invitato a casa sua per raccontarci un po’ della storia della sua famiglia; ci ha detto di aver combattuto durante la prima guerra del Golfo e una delle conseguenze più drammatiche per lui è stata la nascita nel 1995 della sua bambina nata con malformazioni gravissime dovute alla cosiddetta ‘sindrome del golfo’ che lui aveva contratto. Oggi è un colonnello senza lavoro e senza alcuna prospettiva lavorativa come i suoi figli e si chiede “perché le forze americane non lasciano al popolo irakeno il diritto di ricostruire il paese”; prima di salutarci alla domanda rivolta alla figlia sedicenne “Hai avuto paura durante la guerra?” siamo rimasti colpiti dalla sua risposta “siamo abituati”.

Questa è la liberazione del popolo irakeno………..!

Sabrina e Simona delegazione "Un ponte per….."

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