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Di nuovo a Bagdad /7

La voce delle donne irakene: Yanar Mohammed (Organisation of the Women’s Freedom)

(7 Agosto 2003)

Minuta, sorridente e con gli occhi vivaci: Yanar Mohammed, appartenente al Partito Comunista dei Lavoratori Irakeni, dirigente dell’Organizzazione per la Liberta’ delle Donne e capo redattrice del giornale della stessa organizzazione Al Mousawat- L’uguaglianza-.

Questa organizzazione nasce subito dopo la guerra e confluisce in essa la Indipendent Women, che esisteva gia’ da parecchi anni; e’ molto radicata nel nord del Paese , cioe’ nel Kurdistan Irakeno, dove Nasik Ahmmad e’ la responsabile, e’ presente in Baghdad con Yanar e a Bassora dove opera Nadia Mahmud. Questa organizzazione e’ formata da donne di tutte le eta’ e di tutte le condizioni sociali, anche se sono prevalentemente lavoratrici, in quanto ci spiega Yanar- incontrata a Baghdad- le donne di classi sociali piu’ elevate non vogliono mescolarsi con le altre.

Yanar ci dice “il Governo Provvisorio dell’Iraq non e’ certamente al servizio delle donne, un terzo di esso e’ composto da esponenti islamici che pretendono di collocare la donna ai livelli piu’ bassi della societa. Noi, invece, come organizzazione chiediamo la netta separazione tra potere politico e potere religioso, cioe’ fra stato e moschea”, e’ questa una delle ragioni per cui Yanar non e’ stata ammessa alla Conferenza delle Donne organizzata dal Governo Provvisorio a Baghdad. Questo perche’ hanno preferito far partecipare le donne che non chiedono un reale cambiamento della societa’.

Il programma della organizzazione e’ molto chiaro e parte posizioni politiche inequivocabili: “ vogliamo creare un’ampia base di donne che lottino per l’affermazione delle loro richieste, che vanno di pari passo alle richieste dell’area socialista. Vogliamo una societa’ moderna all’interno della quale i diritti delle donne trovino piena cittadinanza, cosa al momento non realizzabile a causa dell’occupazione americana.” Lei, senza alcuna esitazione, afferma che oggi le forze americane stanno favorendo l’ascesa al potere delle peggiori componenti della sociieta’ irakena, gruppi islamici nazionalisti e tribali. Al contrario la maggior parte delle forze progressiste sono state escluse da questo governo.

Chiediamo a Yanar come e’ stata la vita per le donne sotto il regime di Saddam, ci risponde determinata che l’Iraq soprattutto negli ultimi 10 anni e’ stato il posto peggiore dove vivere per una donna. Negli ultimi anni Saddam si era avvicinato molto ai poteri islamici, distribuendo molti soldi alle moschee ed iniziando a stabilire l’obbligo del velo. Per fare un esempio di questa azione repressiva ci racconta che nel 2000 duecento prostitute sono state uccise a Baghdad e a Mosul, nell’ambito di un progetto governativo di “ripulitura” della societa’. Queste 200 donne sono state uccise in modo brutale, una sorta di caccia alle streghe, hanno tagliato loro la testa e sono state appese nude in piazza, affinche’ fossero un esempio per tutte.

Yanar ci dice “comunque oggi la situazione e’ simile e nessuno e’ in grado di difendere le prostitute”. La sua organizzazione ha assunto l’impegno di proteggerle e per questo viene considerata ‘immorale’.

Vogliamo sapere come la legislazione penale regoli cio’ che attiene alle donne. Yanar ci dice che esiste il cosiddetto delitto d’onore, relativo ad ogni rapporto consumato fuori dal matrimonio; in questo caso l’uomo che uccide non e’ punito in base a quanto stabilito dalla Legge 111 del 1990 art. 409, mentre normalmente la donna ‘scoperta’ con un uomo che non sia suo marito viene uccisa.

Soltanto nel Nord dell’Iraq l’organizzazione per la liberta’ delle donne e’ riuscita a modificare questo provvedimento legislativo barbaro e primitivo.

Ci ripete che l’organizzazione e’ sostenuta internamente solo dal Partito Comunista dei Lavoratori Irakeno, riceve inoltre qualche sostegno da alcune organizzazioni di donne del Nord America fra cui quella denominata “donne per la pace”.

Diciamo a Yanar che vorremmo creare una relazione fra donne irakene e noi, le chiediamo come potremmo collaborare e lei ci illustra tre progetti che vorrebbero fossero sostenuti; il primo e’ relativo al giornale delle donne, il secondo alla crescita della struttura dell’organizzazione, il terzo ancora da avviare prevede la costruzione di una struttura permanente di accoglienza per tutte le donne che ne abbiamo bisogno.

Alla fine della nostra bellissima chiacchierata le abbiamo chiesto se le piacerebbe venire a fare un giro in Italia, per far conoscere la sua organizzazione e la sua lotta e lei con una risata spontanea ci ha risposto “of course”, naturalmente.

La salutiamo provando molto emozione per aver ascoltato una voce di donna cosi’ intensa e cosi’ chiara in un momento in cui in questo paese tutto appare assolutamente confuso ed affidato quasi al destino.

Sabrina Merzari e Simona Giannangeli della delegazione “un ponte per....”

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