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Addio compagne

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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Il logo della campagna di tesseramento del prc 2010 è una scarpa col tacco a spillo

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(Memoria e progetto)

O.d.G. di minoranza - Comitato Politico Regionale del PRC - Venezia 15.3.2003

ordine del giorno presentato, non votato, ma distribuito a tutti.

(16 Marzo 2003)

La lotta contro la guerra si pone come primo dovere del movimento operaio, del movimento noglobal, di tutte le forze dell'opposizione popolare. Contro la guerra è essenziale l'unità d'azione di tutte le forze disponibili attorno a una comune discriminante di fondo: il rifiuto incondizionato della guerra, l'impegno incondizionato a contrastarla. Per questo la costruzione di comitati d'azione contro la guerra è la prima esigenza del momento. Ma dentro la più vasta mobilitazione unitaria, che siamo i primi a rivendicare, è necessario promuovere -da comunisti- una piattaforma che contrasti apertamente le illusioni del pacifismo, tragga sino in fondo le lezioni di un decennio, lavori a raggruppare, al di là di ogni steccato di partito, una tendenza anticapitalistica e rivoluzionaria del movimento. Una piattaforma, innanzitutto, che chiami le cose con il loro nome. La lotta coerente contro la guerra è lotta contro l'imperialismo.

Se la lotta contro la guerra è lotta contro l'imperialismo, nessuna fiducia o illusione può essere riposta in quegli organismi internazionali che sono stati e sono, in ogni caso, un'espressione subalterna dell'imperialismo: uno strumento di copertura dei suoi crimini, o un'impotente cartina di tornasole di suoi contrasti interni.

Se l'imperialismo USA mira ai pozzi di petrolio e alla supremazia mondiale, nessuna illusione può essere riposta nell'Unione Europea. Negli anni Novanta, dopo il crollo dell'Urss, proprio il decollo del polo imperialistico europeo ha spinto gli USA a contrastare la nuova concorrenza con lo sviluppo del proprio militarismo. Oggi proprio i circoli borghesi europei contrari alla guerra angloamericana all'Irak sono in prima fila nel rivendicare "un forte militarismo europeo". Solo la messa in discussione delle radici stesse del capitalismo e dell'imperialismo, solo una rivoluzione socialista internazionale, solo la classe operaia, solo i popoli oppressi del mondo con la propria autonoma mobilitazione e la propria forza, possono contrapporsi realmente all'imperialismo e alle sue guerre. In questo quadro la difesa dell'Irak dall'aggressione è un dovere internazionalista.

Che siano le masse operaie e contadine irakene a rovesciare il regime di Saddam Hussein a favore di un proprio governo. E non i bombardieri angloamericani a favore di un governo fantoccio e coloniale.

La lotta per l'autodeterminazione palestinese e la rivoluzione araba è parte dell'opposizione alla guerra.

L'appoggio diretto dello Stato sionista d'Israele all'aggressione imperialista contro l'Irak fa tanto più oggi della lotta eroica dei palestinesi un riferimento obbligato del movimento contro la guerra.

Più in generale lo scopo coloniale della guerra mira a rafforzare il controllo imperialista sull'intero Medio Oriente.

Una sollevazione delle masse arabe oppresse che rompa con le proprie borghesie nazionali e i loro regimi corrotti e asserviti è oggi il principale spauracchio dei Paesi aggressori. Ed è l'unica alternativa vera al terrorismo reazionario panislamista (Al Quaeda) che si nutre, come ogni terrorismo, di disperazione impotente e passività.

Contro la guerra è necessario costruire lo sciopero generale, la scesa in campo della classe operaia, delle masse popolari.

Alla classe operaia americana ed europea si chiederà di pagare i costi dell'aggressione coloniale contro lavoratori e popoli di altri Paesi. Per questo lo sciopero generale, in Italia e in Europa, non è solamente un atto di solidarietà con altri popoli e altri lavoratori, ma anche un'autodifesa elementare dei propri interessi contro il proprio imperialismo.

Oltre cinquecento aziende italiane parteciperanno a "Il business della ricostruzione in Irak": così, letteralmente, titolava in ottobre il "Sole 24 Ore", promettendo alle aziende italiane lauti profitti su morti e distruzioni future.

La cacciata del governo Berlusconi -per un'alternativa dei lavoratori- è tanto più riproposta dallo scenario di guerra. Peraltro solo un governo dei lavoratori può rompere sino in fondo con l'imperialismo italiano, i suoi interesse materiali, il suo apparato militare.

La guerra imperialista e la riduzione dei diritti dei lavoratori costituiscono le due facce dell'attacco padronale, ma la battaglia per l'estensione dell'art. 18 per essere efficace deve essere collegata alla lotta di classe, ad un programma per una vertenza generale unificante. E' necessario costituire comitati per il SI nei luoghi di lavoro e combinare l'appello unitario per il SI', alle forze cofferatiane e alla Cgil, con la denuncia dell'attuale posizione del cofferatismo sul referendum.

In questo quadro riteniamo profondamente errata "la svolta" avviata, il 6 marzo 2003, da Bertinotti con l'Ulivo per un programma comune di governo per il 2006, con la formalizzazione di tre gruppi di lavoro, al massimo livello, per un programma comune su Ambiente, Lavoro, Mezzogiorno. Già ne vediamo le conseguenze: la partecipazione alla spartizione dei posti in Rai, con un candidato Prc-Margherita, gli accordi generalizzati alle amministrative con l'Ulivo (Vicenza, Treviso, e decine di altri comuni piccoli e medi nelle provincie del Veneto), il venir meno di ogni autonomia del Prc dal centro liberale (Rutelli, Margherita, maggioranza DS); mentre il Prc, negli stessi accordi con il centrosinistra, non inserisce come discriminante la privatizzazione della sanità e dei servizi.

E tanto più questa "svolta" (contravvenendo alle ricorrenti dichiarazioni di Bertinotti sulla "morte dell'Ulivo", sulla "rottura della gabbia dell'Ulivo", sulla rottura con Prodi come "la vera rifondazione") è grave nel momento in cui il centro liberale dell'Ulivo, a fianco di Berlusconi, si contrappone all'estensione dell'art. 18, sostiene l'impresa di guerra degli alpini in Afghanistan, si riserva ambiguamente di dichiarare "legittima" un'eventuale guerra all'Iraq se appoggiata dalla maggioranza del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

I fatti dimostrano che l'unità di lotta di tutte le forze del movimento operaio contro il governo Berlusconi, nella prospettiva di un governo dei lavoratori quale vera alternativa, richiede la rottura con i liberali e non una prospettiva di governo con essi.

Tale "svolta" richiede l'apertura immediata del più ampio dibattito perché tutti i compagni e le compagne possano pronunciarsi liberamente sulle vere proposte politiche alternative presenti nel partito, dai circoli fino a un congresso nazionale straordinario.

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