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    Contributo al dibattito sulla ricomposizione di classe

    (6 Agosto 2010)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa


    Troviamo dinanzi a noi un momento storico fondamentale per gettare le basi sulle quali iniziare a organizzare un percorso che punti all’unità di classe e alla costruzione dello strumento che permette di vincere il sempre più forte attacco padronale.

    Lo scenario che ci troviamo dinanzi non è sicuramente dei migliori. Quotidianamente possiamo sentire di operai licenziati e o in cassa-integrazione e di precari di ogni settore lavorativo finiscono per strada senza alcuna tutela, di congelamento dei livelli salariali e di tagli a pensioni e servizi pubblici.

    CGIL-CISL e UIL rappresentano l’altra faccia della contrattazione e compravendita della forza-lavoro, ormai pienamente inseriti nelle logiche di tutela della proprietà privata e degli interessi generali dei padroni.

    Un nuovo regime di stato corporativistico si è venuto a creare. Purtroppo neppure i sindacati di base riescono ad avere quella forza tale da rappresentare una reale alternativa ai confederali per via della scarsa unità, che a nostro avviso dovrebbero esprimere nelle lotte, e a causa delle normative che man mano sottraggono i residuali spazi di democrazia sindacale.

    E’ chiaro a nostro avviso che su tale questione i sindacati di base dovrebbero iniziare seriamente a chiedersi quale futuro c’è per loro e quale sia la via migliore per affrontarlo. Noi pensiamo che sia necessario porsi l’obiettivo del sindacato di classe su rivendicazioni che sono quelle classiche del movimento operaio:

    - Salario garantito per i disoccupati

    - Aumenti salariali per le categorie peggio pagate

    - Riduzione dell’orario di lavoro per poter lavorare tutti

    Gli attacchi portati avanti dai padroni nel corso di questi ultimi 10 anni e che hanno distrutto quasi completamente ogni forma di tutela dei diritti, non possono risultarci indifferenti. La legge Biagi e il “collegato al lavoro” rappresentano un fortissimo colpo sotto quest’aspetto.

    In primo luogo ci troviamo a dover affrontare una deriva autoritaria del regime borghese in Europa e nel mondo e a un attacco feroce del capitale verso il mondo del lavoro.

    La creazione di campi di concentramento, comunemente chiamati C.I.E, l’istituzione di leggi razziali, la criminalizzazione degli immigrati, le aggressione a omosessuali e disabili e la messa dei comunisti (basti informarsi sulle leggi che sanciscono fuorilegge le organizzazioni rivoluzionarie che sono state già approvate in alcuni paesi europei) sono la dimostrazione che un nuovo fascismo, inteso come volto feroce del capitalismo, avanza e si sta affermando in Europa.

    In paesi come l’Ungheria esistono e sono ampiamente tollerate organizzazioni addirittura paramilitari che fanno riferimento ai regimi nazifascisti del secolo scorso.

    I padroni per aumentare il loro saggio di profitto vogliono scaricare i costi della crisi sulle classi subalterne, ciò significa portare la classe a condizioni lavorative, per certi aspetti, a livello dei primi anni del dopoguerra. Se poi pensiamo alla portata della crisi del 2008, le prospettive di vita per milioni di lavoratori sono drammatiche.

    L’attacco della borghesia contro tutta la classe lavoratrice sta colpendo giovani studenti, pensionati, operai e disoccupati, precari e lavoratori del pubblico impiego, i quali mossi da una propaganda massiccia si schierano gli uni contro gli altri. La borghesia, che procede con questo identico metodo in tutti i paesi d’Europa, cerca in tal modo di dividere la classe per evitare di affrontare la lotta comune di tutte le categorie. Un feroce attacco mediatico e repressivo si sta conducendo contro i movimenti dei disoccupati, che ogni qual volta protestano per rivendicare lavoro subiscono perquisizioni e molto spesso anche arresti.

    Anche i governi borghesi non ne fanno più un mistero che la vita di milioni di proletari peggiorerà, siano essi governi di destra o di sinistra. Per i proletari la sostanza non cambia: sfruttamento con la destra borghese, sfruttamento con la sinistra borghese. Una delle basi su cui il percorso di ricomposizione dovrà fondarsi è senza dubbio l’autonomia di classe dalla borghesia. Logiche frontiste hanno portato e porteranno il movimento operaio alla sconfitta.

    Più il capitalismo si espande più cerca di saccheggiare nuovi mercati dove è disponibile forza-lavoro al minor costo possibile. Più si espande, più aumenta la massa di proletari che esso opprime e sfrutta e quando si trova dinanzi ad una crisi su scala mondiale, più è difficile per la borghesia trovare una soluzione alla caduta del saggio di profitto.

    Una delle opzioni è sicuramente il saccheggio e quindi la guerra imperialista. Per evitare tale possibilità, o almeno per cercare di trasformarla, dobbiamo costruire lo strumento che permette di unificare le lotte e la forza che le singole realtà territoriali, nonché i singoli compagni sparsi sul territorio, possono esprimere uniti.

    Difendere i propri orticelli ci sembra sterile e gli ultimi 20 anni ci dimostrano che senza una progettualità politica, e quindi senza un obiettivo politico da raggiungere, c’è inevitabilmente riflusso di militanti. Senza considerare che si sia facile bersaglio di digos e fascisti. Tutto ciò ci indebolisce e ricominciare diventa molto più difficile ogni volta.

    Non pensiamo che mettendo insieme le somme dei vari gruppi si farà il partito, ma sicuramente iniziare a mettersi in discussione e avviare un percorso di confronto, dibattito e intervento nelle lotte di classe, che molto spesso si stanno venendo a creare in maniera autonoma e spontanea, può essere un primo passo. Sicuramente non bisogna commettere l’errore di crearsi un percorso in maniera del tutto autoreferenziale. Rischieremmo altrimenti di formare l’ennesima setta, lontana dalla classe e fuorviante per essa.

    Siamo consci che è un percorso lungo e sicuramente non facile ma imprescindibile se vogliamo nei prossimi anni non finire in una sicura clandestinità politica.

    Il collettivo Baruda è disponibile a intavolare, con tutte le realtà, nonché singoli compagni sparsi sul territorio, un confronto politico che porti al coordinamento di tutte le vertenze di lotta sotto un solo unico organismo di classe e rivoluzionario. Un organismo dove si possono avere anche opinioni diverse, ma che non divergano nella sostanza e sulle basi quali verrà costruito questo percorso.

    “Ogni passo di movimento reale vale più di una dozzina di programmi” Karl Marx, Critica del programma di Gotha.

    Se non ora quando?

    Collettivo Baruda

    10 giugno 2010

    www.webalice.it/mario.gangarossa

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