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Mezza piena o mezza vuota?

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    A proposito del dibattito sulla "Cgil che vogliamo", contributo di un sindacalista francese

    (6 Agosto 2010)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

    A proposito del dibattito sulla "Cgil che vogliamo", contributo di un sindacalista francese


    Di fronte all'offensiva di Marchionne, della Confindustria e del governo, i lavoratori hanno urgente bisogno di organizzarsi per imporre alle direzioni della CGIL di rappresentare le rivendicazioni operaie e rompere con la concertazione.

    Un lavoratore di Pomigliano dice: "è la barbarie", parlando delle condizioni di lavoro e di salario che la direzione della Fiat vuole imporre in tutti gli stabilimenti del gruppo. La parola è perfettamente adatta alla situazione: un’offensiva anti operaia d'una violenza senza precedenti dalla fine delle seconda guerra mondiale.

    Non si tratta solo dell’automobile, la controriforma dello "statuto dei lavori" minaccia tutti i salariati del settore privato e la manovra del governo Berlusconi – Tremonti, votata a fine luglio, avrà conseguenze catastrofiche nei settori della scuola, della sanità, dei trasporti pubblici...

    Non si tratta solo dell’Italia: Marchionne e la Confindustria non fanno che riprendere le « soluzioni » imposte (d’accordo con i dirigenti del sindacato UAW) ai lavoratori dell'automobile negli USA.

    In Irlanda, in Grecia, in Gran Bretagna,in Spagna, in Portogallo, in Francia i governi impongono piani di austerità che colpiscono la funzione pubblica, rimettono in questione il diritto all’insegnamento, l’accesso alle cure, il codice del lavoro, la protezione sociale in tutte le forme...

    Per far fronte a una crisi sistemica e storica, i capitalisti esigono dai loro governi la liquidazione di tutti gli ostacoli allo sfruttamento: flessibilità e mobilità fino all’esaurimento, salario variabile, la liquidazione di ogni accordo collettivo nazionale e, per coronare il tutto, fanno appello al finanziamento pubblico per gli investimenti.

    La nuova fabbrica Fiat di Serbia è, da questo punto di vista, un vero modello. Non solo il governo Serbo si prende in carico gli investimenti essenziali per lo sviluppo del sito, ma paga pure i salari dei nuovi assunti per i primi due anni e dà via libera al contratto di lavoro specifico dell’impresa. Dopo avere incassato denaro pubblico, i padroni della Fiat propongono di riassumere a 400 euro al mese l’operaio che ne guadagnava mille nella fabbrica Zastava-Fiat nello stesso stabilimento agli inizi degli anni ‘90.

    Non dimentichiamo che in questo paese il ricatto "bassi salari in cambio di occupazione” poggia su più di dieci anni di disoccupazione che i salariati del settore hanno vissuto in seguito alle distruzioni belliche inflitte dalle forze della NATO.

    Bisogna constatare che, se questi piani devastanti suscitano l’indignazione, la collera e anche la rabbia, finora queste sono state contenute, i piani si applicano senza una mobilitazione operaia tale da riuscire a farli fallire.

    Mentre tutti gli sviluppi della crisi del sistema capitalista dimostrano che la sopravvivenza dell’economia di mercato significa reazione su tutta la linea; mentre il ricorso massiccio delle banche e delle industrie automobilistiche agli « aiuti pubblici » pone in evidenza la necessità (dal punto di vista operaio ) della loro nazionalizzazione senza indennità né riscatto, la classe operaia, la sola in grado di dare inizio a un’alternativa storica, è, per ora, costretta alla difensiva.

    Come si è giunti a questo punto?

    Tremonti non l’ha nascosto, e all’apertura dell’ultimo G20 dichiarava:

    "Ieri Netanyahu ha citato Karl Marx, questa mattina lo abbiamo fatto anche noi. Forse, vedendo che le organizzazioni sindacali e le imprese convergono su uno stesso testo, credo che anche lui sarebbe sorpreso dal risultato raggiunto".

    In Francia il presidente Sarkozy non cessa di felicitarsi per la collaborazione delle direzioni sindacali all’elaborazione delle sue controriforme. Mentre persino la borghesia considera la "riforma" delle pensioni (soppressione del pensionamento a 60 anni, abbassamento del salario agli statali …) come il fulcro dell’offensiva antioperaia, il segretario confederale della CGT ha dichiarato esplicitamente davanti ai responsabili delle federazioni riuniti agli inizi del luglio 2010 che si rifiuterà di esigerne il ritiro e che la CGT non convocherà una manifestazione nazionale agli inizi di settembre per impedire che il parlamento la voti.

    Sempre in Francia, l'alleanza intersindacale raggiunta nel gennaio 2009 si è realizzata sotto il segno della sottomissione al capitalismo ("le sole leggi del mercato non possono risolvere tutti i problemi", comunicato comune del 5 gennaio) e della disponibilità alla concertazione: "(bisogna) rispettare il dialogo sociale in tutti i progetti e proposte di legge che riguardano la regolamentazione del lavoro " (idem). Da questa data, l’intersindacale non ha formulato una sola volta una rivendicazione operaia in opposizione alla politica di controriforme governative: scuola, ospedali pubblici...!!!

    Come non fare il confronto con l’orientamento difeso dalla CGIL a proposito della manovra?

    La confederazione riconosce : " Il governo ha scelto di colpire i lavoratori, i precari, i pensionati: cioè coloro che non sono responsabili di quanto avvenuto, ne tantomeno della crisi économica" (volantino Cgil, manifestazione 12 giugno). Ma "Non tutto sulle nostre spalle", parola d’ordine centrale della manifestazione, è l’accettazione dei sacrifici come si conferma esplicitamente nello stesso volantino: "Chiamare tutti i cittadini a partecipare al risanamento…". In questo modo il volantino non si conclude con l’esigenza del ritiro della manovra, ma con l’appello a "cambiamenti profondi nel corso della discussione parlamentare ". Quali cambiamenti favorevoli ai lavoratori si potevano attendere da un parlamento totalmente votato alla difesa degli interessi della borghesia ?

    Risultato, dopo una falsa "manifestazione nazionale" a Roma e un falso "sciopero generale" il parlamento ha votato la manovra a fine luglio senza essere disturbato, persino quando il governo è precipitato in una crisi politica acuta.

    Ma i sacrifici (quelli dei salariati, i soli all’ordine del giorno) non fanno decisamente paura ai dirigenti della CGIL.

    Epifani, intervistato da "La Repubblica" sull'accordo Pomigliano :

    "… Un piano di queste dimensioni impone una sfida che sicuramente deve essere raccolta : quella della saturazione degli impianti e della turnazione. Su questo non dobbiamo avere timidezze. I 18 turni non sono una novità. In molto fabbriche si lavora 24 ore su 24 per sette giorni. Sappiamo che sarà un sacrificio alto per i lavoratori, perché non è facile lavorare il sabato e la domenica di notte, perché non è la stessa cosa lavorare alla catena di montaggio o stare seduti davanti a una scrivania" (15 giugno).

    Per riassumere Epifani: sappiamo che i lavoratori non hanno nessuna colpa per la crisi, sappiamo che ci sono i turni massacranti, e che questo costerà caro ai lavoratori, ma siamo determinati a farli accettare. Di conseguenza, Epifani ha scommesso sulla vittoria dei sì al referendum di Pomigliano.

    Disgraziatamente, è giocoforza constatare che la direzione della FIOM non si è realmente opposta e non si oppone tuttora a questo orientamento. Pur dichiarando il referendum illegittimo non ha mosso un dito per impedirne la realizzazione (boicottaggio) e ha chiamato i lavoratori a parteciparvi, senza indicazione di voto!

    Il 23 giugno, in una conferenza stampa – il resoconto era disponibile sul sito della federazione - nell’introduzione, il segretario nazionale M. Landini dichiara:

    "Quando dico riaprire il negoziato, intendo dire con chiarezza che applicando il contratto nazionale di lavoro è possibile arrivare ai 18 turni ; è possibile se serve avere le 40 ore di straordinario previste dal contratto; è possibile se serve anche utilizzare l'orario plurisettimanale previsto dal contratto e quindi ci sono tutte le condizioni perché, …, Pomigliano faccia le macchine che deve fare e sia in grado di avere la produttività e l'efficienza che merita".

    inoltre:

    "Un confronto e una negoziazione contrattuale con i lavoratori e le organizzazioni serve anche alla Fiat per introdurre nuove modalità di organizzazione del lavoro, ma anche per fare funzionare meglio le aziende."

    E per quelli che non avessero compreso ripeterà più volte la disponibilità della direzione della FIOM ad accettare i 18 turni, le ore supplementari, in nome della lotta per "produttività" e "l'efficienza" facendo propri gli obiettivi della direzione dell’impresa.

    Nonostante la volontà evidente di Marchionne d'imporre ai salariati un arretramento senza precedenti, e alla FIOM un vero hara kiri (riconoscimento da parte del sindacato dell’interdizione al ricorso allo sciopero) ripete all’infinito che occorre il consenso "Se (la direzione) vuole questo consenso e noi lo vogliamo dare, …" e che è pronto a ciò.

    Si può dire che non sono certo considerazioni tattiche a fargli dire: “In questa fase non vedo particolari differenze tra noi e la Cgil. Le dichiarazioni che la Cgil ha fatto, anche questa mattina, mi pare vadano nel senso di cui stiamo parlando".

    Landini dimostra anche che rinunciando a combattere i turni massacranti ci s’impegna in un processo di sottomissione senza limiti alle esigenze del capitale. Condividere gli obiettivi di Marchionne in materia di produttività ed efficienza significa non solo farsi complice del supersfruttamento degli operai italiani, ma anche entrare nel gioco mortifero di "tutti contro tutti" cioè degli operai italiani contro gli operai serbi, degli operai serbi contro gli operai cinesi...

    Terminiamo, su questo punto, con due citazioni, la prima d'un articolo de "La Repubblica" che riferisce la visita di Marchionne -accompagnato da Obama - alle fabbriche Chrysler :

    " …Chrysler per la verità sta pensando di aggiungere anche la terza fascia oraria nel giorno in cui annuncia che il boom della domanda permetterà di tenere aperta d´estate lo stabilimento di Sterling Heights. «Ma questo annuncio è il frutto di questa ristrutturazione» sottolinea Marchionne, che di fronte alla polemiche sulla newco con cui vuole far ripartire Pomigliano, col sindacato spaccato, rilancia: «In Italia Fiat ha responsabilità che vanno al di là di una casa automobilistica. E il ruolo che il governo americano ha giocato qui è molto diverso da quello giocato in Italia"…"

    " Il ruolo che il governo americano ha giocato", Obama l'ha ricordato quel giorno, consiste nell’anticipo di 60 miliardi per l’ammodernamento dell’industria automobilistica. 60 miliardi che hanno appesantito il debito pubblico il cui carico incombe ...sul contribuente americano, in primo luogo sui salariati!

    Eppure, questa "rivendicazione" Landini la fa sua in una dichiarazione in nome della FIOM il 20 luglio :

    “Per quanto riguarda il Governo, voglio ribadire che non sta facendo quello che fanno i Governi degli altri Paesi. Tali Governi, di fronte alla crisi economica globale, fanno politica industriale e la fanno non a parole, ma utilizzando denaro pubblico.”

    Il segretario della FIOM chiede il ricorso al finanziamento pubblico, in un paese dove l’ampiezza della frode fiscale fa ricadere questo peso quasi esclusivamente sui salariati!! Del resto rilascia un attestato di benemerenza a Obama che appoggia Marchionne...

    Si noterà di sfuggita che Landini si guarda bene dall’utilizzare la parola capitalista per indicare la crisi economica.

    Ma allora ci si può domandare perché, a dispetto della "disponibilità" al consenso della sua direzione, la Fiom è regolarmente il bersaglio delle dichiarazioni velenose da parte della direzione della Fiat, del governo, del PD, di tutte le forze legate alla difesa della liquidazione del diritto del lavoro.

    Il fatto è che, indipendentemente dall’orientamento delle loro direzioni e malgrado l’indebolimento di queste organizzazioni a causa di questo orientamento, la Cgil (in generale) e la Fiom (in particolare) restano le sole organizzazioni operaie di massa dalle quali i lavoratori possono esigere che organizzino la loro difesa . L'obiettivo di Marchionne, seguito dal padronato e dal governo è di precipitarsi nel varco dell’ "accordo Pomigliano" per fare un salto qualitativo verso il corporativismo, cioè trasformare il sindacato in appendice dell’impresa. E’ la Fiom, e aldilà di quella la Cgil che bisogna distruggere. E’ un tentativo senza precedenti in una situazione che non è quella d’una classe operaia schiacciata dal fascismo. Questo non procede senza preoccupare certi settori della borghesia che temono che andando troppo in là Marchionne crei le condizioni per un nuovo grande scontro delle classi :"Nel nostro paese la strategia Fiat potrebbe in realtà non diminuire, grazie agli investimenti promessi, bensì aumentare il rischio di un marcato inasprimento e diffusione del conflitto sociale" (Luciano Gallino, "La Repubblica.it" 29 luglio).

    Ma per riprendere il controllo delle loro organizzazioni, perché esse siano poste al loro servizio,e siano così salvaguardate, gli iscritti della CGIL non possono contare su alcun apparato di direzione, neppure più su quello della FIOM. Di fronte all’urgenza della situazione, l’appello della direzione della FIOM a una manifestazione in... ottobre, senza alcuna rivendicazione precisa, è un’indicazione che cerca di evitare lo scontro che potrebbe sconfiggere la direzione della FIAT e il governo. La preparazione delle condizioni di questo scontro inizia col definire chiaramente le rivendicazioni operaie urgenti di difesa della classe operaia e col riunirsi per imporle alle direzioni della FIOM e della CGIL:

    - No ai turni massacranti e a ogni degrado delle nostre condizioni di lavoro.

    - Abbasso l'accordo Pomigliano.

    - Mantenimento di tutti gli stabilimenti italiani della FIAT e di tutti i posti di lavoro.

    - Ritiro dei licenziamenti e delle minacce di licenziamento degli operai sindacalizzati.

    - No allo "statuto dei lavori".

    Queste rivendicazioni non sono negoziabili.

    Una prima tappa verso la preparazione dello scontro necessario con la direzione della FIAT e col governo potrebbe essere la convocazione di una assemblea operaia nazionale di difesa, che riunisse i delegati eletti (tesserati o meno ai sindacati) da parte delle assemblee generali in tutti i settori degli stabilimenti FIAT. Un raggruppamento di operai che si rivolgesse a tutti i loro compagni di lavoro per costituire una rete che, a partire dalle rivendicazioni operaie, esigesse dalla direzione della FIOM la convocazione di una tale conferenza, sarebbe un primo passo verso questo obiettivo.

    Non c’è bisogno di dire che l’esito dell’offensiva antioperaia cominciata da Marchionne è di un’importanza capitale per i lavoratori italiani, ma avrà anche ripercussioni in tutta Europa.

    Jean-Louis Roussely sindacalista militante della corrente “Front Unique” della FSU

    5 agosto 2010

    www.webalice.it/mario.gangarossa

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