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Padova - inchiesta Giovagnoli: annullati i mandati di perquisizione e i sequestri

contro i compagni che fanno riferimento al foglio comunista “Rivoluzione”

(11 Maggio 2003)

Il tribunale del riesame di Bologna, presieduto dal giudice Mancuso, ha accolto l’istanza di nullità presentata dai difensori dei compagni perquisiti il 4 aprile a Milano e a Padova in un procedimento contro ignoti per il reato di associazione sovversiva con finalità di terrorismo (270bis).

Questo provvedimento stabilisce che le perquisizioni e i sequestri di materiali non avrebbero dovuto aver luogo e dispone che tutto il materiale sequestrato debba essere restituito e quanto acquisito non può essere utilizzato a livello formale in ambito giudiziario.

Siamo di fronte a magistrati che smentiscono l’operato di altri magistrati. Non è il primo “incidente” di questo tipo in cui incappa il PM Giovagnoli che ha richiesto le perquisizioni. Il precedente è quello degli arabi arrestati nella chiesa di S. Petronio a Bologna, accusati di terrorismo internazionale per aver espresso commenti negativi nei confronti di un affresco raffigurante Maometto all’inferno. Anche in quel caso tutto si risolse in una magra figura.

Come mai il dott. Giovagnoli si mette in queste incresciose situazioni? Questo non accade perché il dottore, per sfortuna sua, è particolarmente incapace. Succede semplicemente perché è un uomo che si presta favorevolmente ai giochi della destra reazionaria, giochi simili spesso in passato si sono rivelati diretti dai servizi segreti per le loro provocazioni. Nella provocazione contro gli arabi era stato arrestato anche un cittadino italiano, noto attivista cattolico, colpevole di aver fatto loro da cicerone nella gita a Bologna. Per la sua liberazione si sono mobilitate le parrocchie della provincia di Padova che poi sono state stranamente colpite da attentati compiuti con esplosivo ad alto potenziale.

La provocazione contro i compagni dell’area di “Rivoluzione” è arrivata fino all’esecuzione di decine di perquisizioni in diverse città, in due scaglioni a distanza di otto mesi l’uno dall’altro. Perquisizioni che sono state effettuate anche nelle abitazioni di genitori e amici dei compagni indicati e sono state fatte anche in assenza degli interessati con l’abbattimento della porta di entrata dell’abitazione.

Queste operazioni sono condotte al limite della stessa legalità giuridica della borghesia. Persone che non sono nemmeno indagate per qualche reato vengono ripetutamente perquisite e viene loro sequestrato ogni tipo di materiale. La decisione del Tribunale del Riesame di Bologna mostra da una parte la difficoltà di legittimare ad oltranza un operato di questo tipo, dall’altra le contraddizioni che attraversano le istituzioni nel nostro paese.

Non siamo di fronte infatti ad un rigurgito di democraticità ma, semplicemente ai riflessi della guerra per bande che oggi caratterizza le relazioni tra i diversi gruppi della classe dominante. Riflessi che coinvolgono direttamente anche la magistratura, sia nei confronti del rapporto con l’esecutivo, come mostra il caso dei processi contro la banda Berlusconi, sia nei confronti dei rapporti interni alla stessa magistratura come mostra il caso del contrasto tra i magistrati di Roma e quelli di Bologna sulla gestione dell’inchiesta Biagi.

In questa situazione di grande instabilità il processo di sviluppo dell’autoritarismo imperialista, che caratterizza gli stati imperialisti, con le sue forme di fascistizzazione dei rapporti sociali e la sua legittimazione sul piano giuridico, diventa terreno di scontro tra le consorterie borghesi. Queste contraddizioni vanno registrate e all’occorrenza utilizzate, nella misura in cui è possibile farlo, con la consapevolezza che la controrivoluzione preventiva è l’essenza dello stato borghese e che lo sviluppo del processo di fascistizzazione è la sua tendenza principale come dimostra il caso delle inchieste condotte senza il diritto di difesa, l’uso dispiegato dei reati associativi, in primo luogo il 270 bis, e il progetto di costituzione della Super Procura contro il “terrorismo” che altro non è che la versione moderna del tribunale speciale fascista contro i comunisti e gli anarchici.

Di fronte a questa tendenza, di cui i provvedimenti del dott. Giovagnoli sono una tipica espressione, dobbiamo denunciare tutte le provocazioni, sviluppare la massima solidarietà con tutti i compagni colpiti dalla repressione, fornire meno elementi possibile a che le forze della controrivoluzione possano sviluppare il loro lavoro contro singoli compagni e situazioni di movimento.

La solidarietà è un arma, organizzarla una necessità

8 Maggio 2003

Foglio comunista “Rivoluzione”
Gruppo di Lavoro Contro la Repressione

tel/fax:0498723630

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