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L'Egitto entra nella corsa al nucleare

(10 Agosto 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.forumpalestina.org

Egitto

Il Cairo si unisce alla corsa verso l'energia nucleare cominciata da tempo nel Vicino Oriente e annuncia che bandirà entro l'anno una gara internazionale per costruire la sua prima centrale. Il ministro egiziano dell'energia, Hassan Younus, ha annunciato che inviterà a partecipare al progetto diverse imprese estere, tra cui la francese Areva, il gruppo Alstom e la Westinghouse Electric. Non è escluso il coinvolgimento di coreani, giapponesi e russi. Il più popoloso dei paesi arabi potrebbe investire sulla più pulita e innocua energia solare - disponibile in abbondanza in considerazione della posizione geografica e delle condizioni climatiche dell'Egitto - ma vuole entrare a tutti i costi nel club dei paesi che producono energia nucleare ad uso civile.

Il Cairo prevede la costruzione di quattro impianti nucleari per il 2025. Il primo sarà operativo nel 2019. Il piano è quello di produrre tra 15 anni 4mila megawatts.

La prima centrale dovrebbe sorgere a Dabaa, sulla costa mediterranea, dove l'Egitto pensava già di costruire una centrale negli anni '80.

Il ministro dell'energia non ha chiarito se il piano energetico prevede l'arricchimento dell'uranio e la produzione di combustile nucleare all'interno del territorio egiziano. Si tratta di un punto molto delicato.

Gli Stati Uniti non sono schierati solo contro l'arricchimento dell'uranio fatto dagli iraniani - sostengono che Tehran voglia segretamente dotarsi di armi atomiche, l'Iran nega con decisione - ma anche da parte dei paesi arabi alleati. Spinta anche dalle pressioni di Israele, Washington di recente ha vinto un braccio di ferro, andato avanti per molti mesi, con la Giordania che, alla fine, stando a quanto riferito dai giornali arabi, ha accettato di acquistare all'estero il combustile nucleare per le sue future centrali atomiche.

Lo Stato di Israele, che con le sue 100-200 testate atomiche è l'unica potenza (non dichiarata) nucleare nel Vicino Oriente, è fermamente contrario all'idea che un paese arabo - persino quelli alleati come la Giordania o l'Egitto - possa arricchire in casa l'uranio e, quindi, avere in via teorica la potenzialità per assemblare un ordigno atomico. La tesi di Tel Aviv è che i regimi arabi sono instabili e che queste tecnologie potrebbero cadere in futuro «nelle mani di movimenti e governi ostili». Su questo punto Israele trova ampio sostegno in Occidente ed incontra invece la fiera protesta dei paesi arabi che, peraltro, da anni, con l'Egitto in testa, chiedono che Israele firmi il Trattato di non proliferazione nucleare e apra i suoi siti nucleari alle ispezioni internazionali.
(Fonte:NENANEWS)

www.forumpalestina.org

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