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Ichino, limitare il diritto di sciopero

(13 Agosto 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.operaicontro.it

DA REPUBBLICA Ichino: "Il diritto di sciopero va limitato da accordi sindacali" Il giuslavorista e senatore Pd: "La nostra cultura del diritto del lavoro è arretrata, ancor più della legge". "Giusto un contratto per il settore auto: le norme per i metalmeccanici sono le stesse dal 1972" di PAOLO GRISERI Pietro Ichino Pietro Ichino, senatore del Pd, è uno dei principali esperti italiani di diritto del lavoro.
Professor Ichino, si aspettava che la Fiat di Marchionne potesse essere condannata per comportamento antisindacale?
"Sono cose che accadono anche nelle migliori famiglie. Del resto, la Fiat avrebbe potuto anche vincere la causa: il giudice ha ritenuto, in via provvisoria, il licenziamento ingiustificato solo perché ha considerato che l'istruttoria sommaria non avesse dimostrato il dolo dei lavoratori, cioè la loro volontà di ostruire il flusso dei carrelli automatici. Con questo, lo stesso giudice implicitamente avverte che, se invece nel giudizio di merito quella volontà risultasse dimostrata, il licenziamento potrebbe essere convalidato".

Il Lingotto chiede ai sindacati la certezza che il ciclo produttivo si possa svolgere senza interruzioni. È possibile in una democrazia occidentale avere questa certezza?
"Certo che sì: proprio a questo serve la clausola di tregua sindacale, che in quasi tutti gli altri Paesi occidentali vincola non soltanto il sindacato stipulante, ma anche i singoli lavoratori cui il contratto si applica. Se Italia questa regola non vale, non è perché lo stabilisca la legge, ma perché nella nostra cultura giuslavoristica prevale ancora un'idea vecchia. Molti giuslavoristi, comunque, non la condividono più".

Quale idea?
"Quella secondo cui il contratto collettivo non può disporre del diritto del singolo lavoratore di aderire in qualsiasi momento a qualsiasi sciopero, anche se proclamato da un mini-sindacato. È l'idea della "conflittualità permanente", i cui fasti si sono celebrati negli anni '70, e che oggi in Italia è praticata ancora soltanto nel settore dei trasporti e in quello metalmeccanico. Dobbiamo chiederci se ci conviene continuare a difendere questa peculiarità del sistema italiano di relazioni industriali. La sfida di Marchionne ha il merito di farci toccare con mano quanto questa idea possa essere costosa per gli stessi lavoratori".

In questi giorni i tecnici di Federmeccanica stanno preparando un'ipotesi di contratto nazionale del solo settore auto. La considera una strada praticabile?
"Mi sembra una scelta non solo praticabile, ma anche auspicabile, oggi il contratto nazionale dei metalmeccanici si applica ad aziende diversissime, dal settore aerospaziale, alle fonderie e alle case di software. E, nella sua parte normativa, quel contratto è rimasto fermo al 1972".

Quali sono gli attuali diritti dei lavoratori che una nuova normativa contrattuale nelle fabbriche potrebbe modificare e quali invece quelli che, a suo parere, sono intoccabili?
"Di regola, il contratto collettivo può disporre di tutto ma non di diritti o standard di trattamento garantiti ai lavoratori da una legge".

Nel caso dell'accordo di Pomigliano questi diritti sono stati toccati?
"No. Si può rifiutare quell'accordo perché non lo si ritiene abbastanza vantaggioso per i lavoratori, ma non perché esso violi la legge, né nella parte sulle punte di assenza per malattia, né nella parte sulla tregua sindacale".

Ma deroga al contratto nazionale del settore.
"Questo è il problema: nel nostro sistema attuale non sono chiari i requisiti e le condizioni per la validità della contrattazione al livello aziendale di deroghe rispetto al contratto nazionale. Questo è un grave difetto del sistema, che dobbiamo correggere al più presto, se non vogliamo che le divisioni tra i sindacati paralizzino la sperimentazione di piani industriali innovativi".
(12 agosto 2010)

www.operaicontro.it

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