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Al Porto di Ravenna la Cmc nasconde una bomba per non perdere i profitti dell'appalto

(15 Agosto 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.contropiano.org

Al Porto di Ravenna la Cmc nasconde una bomba per non perdere i profitti dell'appalto

A Ravenna, la città della strage della Mecnavi, di Luca Vertullo, la vita e la sicurezza dei lavoratori, di tutta la cittadinanza, è stata messa ancora una volta a rischio dalla logica del profitto.

La CMC è al centro dell'inchiesta.

La Rete per la sicurezza sul lavoro chiede il massimo della pena per i responsabili e fa appello alle forze politiche, sindacali, sociali della città per una mobilitazione davanti alla sede della cooperativa, per tenere alta l'attenzione sulla vicenda.

La Rete per la sicurezza sul lavoro ha tenuto un convegno nazionale proprio a Ravenna il giorno dell'anniversario della strage della Mecnavi, il 13 marzo, non per ripetere frasi di circostanza sulla sicurezza dei lavoratori, ma per denunciare le responsabilità di chi ancora oggi, al Porto in particolare, mette a rischio la vita degli operai per massimizzare i propri profitti.

La lotta per la giustizia e le responsabilità per la morte di Luca Vertullo ha messo in evidenza proprio questo e l'inchiesta in corso sull'occultamento dell'ordigno bellico aggiunge un'altra pagina vergognosa al sistema di appalti che fa arricchire imprese e terminalisti sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini.

L'inchiesta: nove persone sono indagate per non aver immediatamente avvisato le autorità del ritrovamento di un ordigno bellico di 700 chilogrammi durante i lavori di escavo dei fondali del porto.

Si tratta di quattro fra tecnici e manager di Cmc (società appaltatrice), un manager dell'Autorità portuale (società committente), un Pilota del Porto e tre fra tecnici e manager (un italiano e due belgi) della Deme Dredging International, la holding belga proprietaria della draga Artevelde, con cui la Cmc ha stretto una partnership finalizzata proprio ai lavori di dragaggio. I nove sono accusati di aver messo a repentaglio la sicurezza della navigazione, perché avrebbero dovuto lanciare subito l'allarme e non l'hanno fatto perché rallentare i lavori significava levitare i costi, soprattutto di noleggio dell'enorme draga. L'hanno invece trasportata e "affossata" nella piallassa Piomboni per allontanarla dai traffici marittimi, in attesa del ritrovamento "ufficiale", mettendo a rischio innanzi tutto la vita dei lavoratori impiegati nell'occultamento.

I reati ipotizzati dalla Procura sono gravissimi: attentato alla sicurezza dei trasporti (pena da uno a cinque anni), rimozione dolosa dei presidi antinfortunistici (pena da sei mesi a cinque anni), detenzione (pena da uno a otto anni) e porto di materiale esplodente (pena da due a dieci anni).

L'inchiesta è partita da una telefonata intercettata dalla Guardia di Finanza di Bari intercorsa fra la fine di giugno e i primi di luglio fra due tecnici o dirigenti della Cmc, la cooperativa ravennate che da tempo si è aggiudicata l'appalto indetto da parte dell'Autorità portuale, dei lavori di dragaggio dei fondali del porto canale e della piallassa dei Piomboni.

Rete per la sicurezza sul lavoro-Ravenna


e mail: cobasravenna@libero.it


e mail nazionale: bastamortesullavoro@domeus.it

www.contropiano.org

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