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Rifugiato o clandestino?

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(19 Agosto 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

La calda estate dei Centri di Identificazione ed Espulsione

Questa non è un’estate particolarmente calda, ma ci vuol poco a scaldare gli animi di chi vive in condizioni coatte, come coloro che sono detenuti nei Centri di Identificazione ed Espulsione, i lager di una democrazia giunta alla canna del gas.

Ultima in ordine di tempo c’è la ribellione del CIE di Milano, quello di via Corelli, avvenuta a cavallo di Ferragosto. Grazie a questa ribellione, un detenuto ha riconquistato la libertà, mentre altri venti sono stati mazzolati dalla sbirraglia incazzata. È il prezzo da pagare. Ma non disperiamo.

Migliori esiti hanno avuto analoghi episodi avvenuti nel CIE di Brindisi, DIECI liberi, e in quello di Gradisca (Gorizia), UNDICI liberi.

Scandalizzati da queste «fughe», politicanti e giornalisti venduti (quasi tutti) parlano di «regia». Ovvero di azioni fomentate dai soliti «anarco insurrezionalisti» che, nella migliore delle ipotesi, soffiano sul fuoco. Politicanti e giornalisti venduti sono cosi immersi nella merda di un sistema allo sbando, fatto di intrighi e corruzione, che non riescono neppure a immaginare che tra sfruttati e oppressi ci possa essere solidarietà. E allora vanno almanaccando che qualcuno, non si sa per quali misteriosi interessi, fomenti rivolte.

Sono loro, i padroni e i loro servi, che fanno di tutto per seminare zizzania tra i proletari. A partire dai sindacati di regime (CGIL, CISL, UIL e appendici basiste), che da decenni hanno creato categorie fittizie (grazie, Di Vittorio!), dividendo uomini e donne, giovani e vecchi, settentrionali e meridionali … Per giungere al fungo avvelenato del razzismo, di cui la Lega non è altro che l’ultima fetente cassa di risonanza. Fin’ora gli è andata bene, ma le cose stanno cambiando.

No Future

La crisi del modo di produzione capitalistico non lascia speranze. Da oltre due anni, la condizione dei proletari va peggiorando di giorno in giorno. In Italia, in Europa, negli Usa. Ma soprattutto nei Paesi dove, anche prima, i proletari difficilmente riuscivano a mettere insieme il pasto con la cena. In Africa, in Asia, e in America Latina, ci sono milioni di uomini e di donne che la disperazione spinge verso le oasi di benessere, il ricco Occidente (Moisés Naim, 700 milioni la migrazione del secolo, «Il Sole 24 Ore», 23 febbraio 2010).

Ma i Signori del «ricco Occidente» non stanno a guardare: per difendere i loro privilegi preparano soluzioni finali che fanno impallidire Hitler e «i suoi volenterosi carnefici».

I Centri di Identificazione ed Espulsione sono un a misura contingente di «ordine pubblico», che presto sarà rivolta contro una crescente massa di proletari, comunitari ed extra, costretti ad affrontare situazioni di vita sempre più precarie, tra lavoro e non lavoro, con fonti di sussistenza effimere.

I Marchionne & Co. vogliono eliminare tutti coloro che sono inutili ai fini di un’esasperata competitività. Ma oggi, non sono più necessarie le camere a gas di hitleriana memoria. Bastano misure economiche, come quelle imposte alla Grecia e presto ad altri Paesi. Ci sono tragici precedenti. Per esempio, dal 1989 al 2002, le privatizzazioni di massa imposte ai Paesi dell’ex Unione Sovietica e ai Paesi dell’Europa dell’Est hanno aumentato la mortalità del 12,8%, ovvero morte prematura di un milione di persone, lo dice il «Corriere»: Mara Gergolet, “L’addio al comunismo? Un milione di morti”. La rivista Lancet: nell’Est la mortalità aumentata del 13% per le privatizzazioni, «Corriere del la Sera», 22 gennaio 2009.

Medesime conseguenze sociali provocano catastrofi, apparentemente naturali, che recentemente hanno colpito Paesi come Haiti e il Pakistan. Catastrofi che in realtà sono frutto di un esasperato sfruttamento dell’ambiente, e soprattutto dei proletari che ci vivono.

E allora, di fronte a questo nero presente, dobbiamo solo ripetere quello che diceva il vecchio Marx:

Proletari di tutto il mondo uniamoci.

Abbiamo da perdere solo le nostre catene!

La solidarietà è un’arma. Usiamola!

One solution, revolution

Dino Erba

17 agosto 2010

www.webalice.it/mario.gangarossa

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