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Squilli di tromba senza senso

(19 Agosto 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.campoantimperialista.it

Giovedì 19 Agosto 2010 16:33
A proposito dell’ottimismo mediatico sulla situazione dell’economia italiana

Il flusso ininterrotto di dati economici è da sempre una manna per i manipolatori professionali della “pubblica opinione”. Spesso questi dati, riferendosi a numerosi indicatori, forniscono un quadro almeno apparentemente contraddittorio. Entrano allora in campo i cosiddetti “esperti”, che più che altro utilizzano la loro esperienza per rassicurare il popolo sulla bontà della religione del Mercato.
Naturalmente, sul piano politico i dati economici vengono interpretati in maniera ottimistica dai governi e pessimistica dalle opposizioni. Fin qui siamo nella norma, ma la ventata di ottimismo sparsa a piene mani dai media in occasione dei dati diffusi nei giorni scorsi (in primis quello sulla produzione industriale) ha superato ogni record. Segno dell’ansia illusoria di un'uscita da una crisi di cui non si vogliono vedere i veri caratteri, oltre che di una propaganda governativa priva di alcun pudore.


A commento degli ultimi dati, che se correttamente analizzati chiariscono quanto sia fuori luogo ogni ottimismo, pubblichiamo un articolo di Francesco Daveri, articolista del Sole 24 Ore e membro della redazione de lavoce.info, da cui è tratto il pezzo che segue.
Il fatto che perfino un economista come Daveri, già collaboratore della Banca Mondiale, dell’Unione Europea e del Ministero dell’Economia, debba prendere le distanze dai recenti squilli di tromba dei mezzi di informazione, la dice lunga su quanto questi ultimi le abbiano sparate davvero grosse.


Come va l’economia: notizie sparse di inizio agosto
di Francesco Daveri

Capire cosa succede all’economia di un paese è complicato. Ma di certo non si può affermare, come hanno fatto di nuovo i media nei giorni scorsi, che la produzione industriale e il Prodotto interno lordo sono ai massimi quando i dati dicono che siamo ancora lontani dai livelli pre-crisi. E non si può guardare al superindice Ocse solo quando dà buone notizie.
Perfino da sotto l’ombrellone o dalla cima di una montagna un utente dei media italiani potrebbe porsi la domanda: l’economia va bene? O almeno, se non va ancora bene, va meglio? Ecco una sequenza di titoli presi da vari giornali e Tg che potrebbero orientare la risposta.

Notizie sparse di inizio agosto

Il Sole 24 Ore, 4 agosto 2010: “Sono aumentate del 9,8 per cento a luglio le richieste di cassa integrazione rispetto a giugno. L'incremento è attribuibile all'aumento di ore autorizzate per cassa integrazione straordinaria. L’Inps sottolinea la forte ciclicità del dato”.
Tg 1 e Tg2, La Stampa e il Messaggero del 6 agosto: “Produzione industriale +8,2, al top dal 2000”
Tutti i giornali e i Tg del 6 agosto: “Istat: pil in crescita dell'1,1 per cento in un anno. L'incremento annuo del Pil è il più alto dall'inizio della crisi”.

I titoli riportati sopra ci aiutano a rispondere alle domande su come va l’economia? A mio parere, no. Un po’ il mondo è complicato: il mercato del lavoro risponde con ritardo all’evolversi dei fatturati e delle vendite delle aziende. Il che rende a volte inevitabile l’alternarsi di notizie apparentemente contraddittorie. Un po’ è che i dati sono pubblicati in modo sfalsato: i dati sul Pil (relativi al secondo trimestre 2010) escono in ritardo rispetto a quelli sulla Cig (di luglio 2010) e sulla produzione industriale (di giugno 2010). Anche questo porta all’alternarsi di notizie contrastanti a pochi giorni di distanza l’una dall’altra. Ma c’è anche che i media non fanno abbastanza per aiutarci a capire. Provo a spiegare.

Produzione industriale, Pil e mercato del lavoro

Come già scritto tre mesi fa in un precedente articolo, la produzione industriale di oggi è lontana dall’essere ai massimi (allora si diceva dal 2006, oggi ci si spinge fino al 2000). Era ai massimi nell’aprile 2008 (valore dell’indice: 109.2). Oggi (giugno 2010) è a 88.5. Ha toccato il minimo di 80.4 nel marzo 2009. Il +8 virgola qualcosa che registra l’Istat per il giugno 2010 è rispetto al dato di giugno 2009, che era ancora un dato molto vicino al minimo del marzo 2009. Per un’altra volta, un titolo più equilibrato per la notizia sarebbe stato: “Industria, prosegue il recupero” oppure, se il dato congiunturale (mese corrente sul mese precedente) è particolarmente buono: “Industria, accelera il recupero”. Un modo equilibrato di dare la notizia (né da corvi né da pigri) suggerirebbe di raccontare che nell’economia italiana (a) le cose vanno meglio ma (b) siamo lontani dall’aver recuperato i livelli pre-crisi. Avevamo perso 29 punti di produzione industriale, ora ne abbiamo recuperati 8, circa il 28 per cento. Manca ancora il 72 per cento.

Cose simili potrebbero dirsi per il Pil. Sotto riporto i dati relativi al livello del Pil trimestrale a valori concatenati (vuol dire che si toglie l’inflazione) dal trimestre precedente all’inizio della crisi e il suo grafico dal 2000, nel quale per comodità di lettura il livello del Pil è stato posto uguale a 100 nel 2000. Il tutto copiato e incollato dal comunicato dell’Istat.

Che cosa si legge dalla tabella e dal grafico? Qualitativamente le stesse cose della produzione industriale, e cioè: (a) le cose vanno meglio perché il Pil sta aumentando (meno che nel Regno Unito e negli Stati Uniti, ma lasciamo perdere: per fare confronti più precisi è meglio aspettare anche i dati ufficiali di Germania, Francia e Spagna e dell’area euro; arrivano il 13 agosto) (b) il Pil del secondo trimestre 2010 (304 miliardi di euro e spiccioli) non è ancora tornato al livello del quarto trimestre 2008. Al ritmo di + 0.4 per cento al trimestre (la crescita congiunturale del secondo trimestre 2010) per ritornare ai livelli pre-crisi di 323 miliardi di euro ci metterà quindici trimestri, quasi quattro anni.

Ricordare questi dati serve semplicemente a dare gli elementi per capire i dati sulla cassa integrazione e a capire perché la percentuale di forza lavoro disoccupata non è più quella del 2006 (era il sei per cento virgola qualcosa) ma più di otto e mezzo punti percentuali. Se la produzione industriale e il Pil (cioè redditi, cioè vendite e fatturati aziendali) sono di tanti punti percentuali sotto i livelli pre-crisi non possiamo meravigliarci troppo che le ore di cassa integrazione non diminuiscano e che la disoccupazione continui ad aumentare o diminuisca molto lentamente.

E nei prossimi mesi?

Un’altra domanda (la gente sotto l’ombrellone e in cima alle montagne non ha molto da fare) potrebbe essere: e nei prossimi mesi le cose andranno ancora meglio? Qui, volendo fare un po’ di informazione estiva si potrebbe guardare a come va un indicatore che circa un anno fa era improvvisamente diventato molto popolare quando si trattava di annunciare il più presto possibile che la crisi era finita. Si tratta del super-indice Ocse, un indicatore riassuntivo di tante variabili (come ordini industriali, aspettative di consumatori e imprese, prezzo del petrolio, condizioni del credito) che di solito prevedono con un anticipo di circa sei mesi come andrà il ciclo economico. Proprio il 6 agosto, tra l’altro, l’Ocse ha pubblicato l’aggiornamento sull’evoluzione di questo indice.

Ecco le prime righe del comunicato Ocse: “OECD composite leading indicators (CLIs) for June 2010 point to a possible peak in expansion. The CLI for the OECD area decreased by 0.1 point in June 2010. The CLIs for France, Italy, China and India all point to below trend growth in coming months, whilst the CLI for the United Kingdom points to a peak in the pace of expansion. Stronger signs of a peak in expansion have also emerged in Brazil and Canada, and in the United States the CLI has turned negative for the first time since February 2009. The CLIs for Japan and Russia point to future slowdowns in the pace of expansion but for Germany the CLI remains relatively robust.”
Il grafico dell’indice per l’Italia è qui sotto. La svolta c’è stata tra febbraio e marzo 2010. L’indice segnala quindi cattive notizie per il terzo trimestre 2010.

Più in generale, il superindice Ocse indica nubi in addensamento per i mesi a venire. Per ora i segnali sono piccoli. Francia e Italia, che l’indice aveva più o meno correttamente indicato più di un anno fa come i primi paesi che sarebbero usciti dalla recessione, sono indicati come i paesi in cui potrà verificarsi presto un “downturn” (flessione). Flessione è meno di recessione, perché potrebbe essere solo un episodio di crescita negativa e non una sequenza. Peraltro ci sono brutte notizie anche per gli Usa e per Cina e India. Buone notizie solo per la Germania. Il problema dei prossimi mesi sarà quindi se la Germania potrà fare la locomotiva dell’Europa (e del mondo) se il resto del mondo rallenta e se, per quanto ci riguarda, gli esportatori italiani - che per ora hanno portato sulle loro spalle il Pil – riusciranno a fare nuovi miracoli nei prossimi mesi.

I media italiani – concentrati sui commenti alle magnifiche e progressive sorti del Pil e della produzione industriale – si sono dimenticati di riportare questi dati e quindi non ci aiutano a riflettere su questi temi. L’anno scorso invece ad esempio il Sole 24 ore del 7 agosto 2009 e anche i Tg titolavano: “Segni di miglioramento nel superindice Ocse”. Nella migliore delle ipotesi sembra che sotto l’ombrellone o in cima alle montagne non ci siano solo i lettori ma anche quelli che fanno i media. Un’altra possibilità è che prevalga un’atmosfera tipo “non disturbare il manovratore”. E’ troppo chiedere più passione per i dati e meno “tifo” a chi diffonde l’informazione economica?

www.campoantimperialista.it

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