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Decreto "salva - Italia"

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    Seminario nazionale di "Lavoro società - Cambiare rotta"; Roma, 12-13 settembre 2003

    La relazione introduttiva a cura di Paola Agnello Modica

    (22 Settembre 2003)

    Care compagne e cari compagni,

    questa “due giorni” seminariale dell’Area Programmatica Lavoro Società-cambiare rotta è stata decisa dal Coordinamento naz.le di Area a luglio che, affrontando i temi in discussione, ha deciso un ulteriore approfondimento in vista della nostra Assemblea nazionale che tradizionalmente collochiamo nel mese di settembre. Non la sostituisce ed ha la funzione di meglio definire una piattaforma condivisa per l’Assemblea.

    Abbiamo deciso di dedicare questo seminario in particolare alla legge 30 –su cui vanno svolte le 2 ore di sciopero con assemblee - e sua relazione con i rinnovi contrattuali. Ma, come abbiamo detto e deciso anche in segreteria nazionale, è necessario affrontare i singoli temi con competenza e determinazione ma senza mai espungerli dal quadro generale e dalle interconnessioni che ogni tema ha con gli altri.

    Del resto la fase complessa, difficile, inedita che stiamo vivendo ci impone attenzione sia ai temi previdenziali che alla questione retributiva e redistributiva sia alla potenzialità e capacità di affrontare i prossimi mesi – ci sarà la Finanziaria, i rinnovi contrattuali, le deleghe varie che avanzano in Parlamento e oltre – con le necessarie iniziative di contro-informazione, coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori e dei pensionati, mobilitazione e lotta sia a livello generale che in tutte le articolazioni di categoria, di territorio, di posto di lavoro. Non è pensabile affrontare l’autunno e gli anni futuri passando solo da uno sciopero generale ad un altro (la sola CGIL ne ha dichiarate 28 ore), la mobilitazione va fatta crescere a partire dai luoghi di lavoro e dai territori.

    Situazione generale

    La situazione generale è da tutti conosciuta e ne richiamo solo alcuni titoli: la pace nel mondo richiede ancora molti sforzi per essere raggiunta; il conflitto israelo-palestinese è sotto gli occhi quotidianamente; la guerra in Iraq è formalmente finita ma non così le morti e le sofferenze; l’economia USA dà segnali di ripresa ma molto connessi all’industria bellica (oltre che all’aumento del debito pubblico e dei privati); l’appuntamento di Cancun ripropone a tutti il tema del chi governa effettivamente la globalizzazione e con quali finalità e il nodo della democrazia a livello internazionale; in Europa è in fase di avanzata elaborazione la Costituzione Europea, che all’oggi non recepisce appieno il Trattato di Nizza –non c’è l’esigibilità dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori- e non pone la pace tra i suoi obiettivi prioritari; la crisi economica si fa sentire ovunque e ciò mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

    In Italia abbiamo un Governo pienamente collocato nell’ambito delle politiche neo-liberiste, nato sulla base di un forte raccordo con la Confindustria (Assemblea di Parma). Sbaglia, a mio parere, chi taccia di Berlusconi o suoi collaboratori o ministri di irresponsabilità, follia, sprovvedutezza. Ogni atto, intervista fa parte di una lucida scelta iperliberista, autoritaria e populista. Un mix micidiale teso a riconfermare ed aumentare le differenze di classe e a ridisegnare la Costituzione materiale e formale nel nostro Paese, con uno spostamento di asse nelle alleanze internazionali.

    Per poter portare a compimento questo disegno è necessario che

    - il mercato (si noti, mercato e non produzione) diventi appieno il regolatore assoluto di tutto; ne deriva che i padroni –della finanza prima ancora che delle fabbriche o dei terreni agricoli- siano liberati dai “lacci e laccioli” delle leggi, delle tasse e contributi, del modello sociale solidale, della sostenibilità ambientale

    - siano demoliti i soggetti collettivi in grado di costruire e praticare opposizione di massa: ne deriva l’attacco in particolare alla CGIL, ma anche ai movimenti

    - ridefinire le regole di convivenza civile secondo le proprie finalità: ne derivano gli attacchi alla magistratura, alla libertà di stampa fino alla Bossi-Fini, alla rilettura della storia del nostro Paese, a ulteriori derive maggioritarie e alla riscrittura della Costituzione.

    - siano recisi tutti i legami sociali solidali, collettivi e da qui deriva tutta l’impronta individualista: “ognuno è padrone in casa sua” (per chi la possiede) è una frase paradigmatica che viene declinata in ogni aspetto della vita sociale: dalla sanità alla previdenza, dall’istruzione al mercato del lavoro.

    Restano sullo sfondo, ma non estranei alla nostra discussione, temi quali il declino industriale, ma anche economico, sociale e democratico nel nostro Paese e la necessità di contrastarlo indicando gli assi generali di un’impostazione diversa: del resto fa parte sia della nostra elaborazione di Area che dell’intervento, elaborazione e mobilitazione della CGIL negli ultimi due anni (dallo sciopero contro il declino all’Intesa con la Confindustria sullo sviluppo).

    Analogamente tutto il tema dei redditi e dell’aumento del costo della vita ben al di sopra dell’inflazione registrata, almeno per lavoratori dipendenti e pensionati e della iniqua redistribuzione dei redditi tra le diverse categorie sociali. Così come tutta la discussione sulla prossima legge Finanziaria (tra i condoni mancava solo quello edilizio: eccolo!).

    La crisi economica, ormai si parla di recessione, è un dato chiaro: aumento del PIL dello 0,3% (il Governo aveva previsto il 2,3%) e dell’inflazione ufficiale al 2,8% (quella programmata era del 1,4%). E’ la crescita più bassa e l’inflazione più alta nei Paesi UE (bei primati). E la crisi porta problemi occupazionali, tagli allo stato sociale, maggiori e non minori problemi per il Mezzogiorno, ecc.

    Rinvio una discussione che occorrerà però iniziare: lo sviluppo si misura solo con l’aumento del PIL? Lo sviluppo è per forza uguale a crescita? Ma non è all’ordine del giorno oggi.

    Diritti del lavoro: art. 18- orari –tempo determinato - Legge 30 e dlgs conseguente - 626

    Venerdì scorso avrebbe dovuto tenersi una riunione nazionale della CGIL sul rapporto tra legge 30 e contrattazione. E’ stata rinviata al 26 e sapete perché.

    Propongo a tutti voi un omaggio al compagno Claudio Sabattini. Grazie

    L’intervento del Governo sui diritti del lavoro, teorizzato in parte nel Libro Bianco, è a tutto campo e caratterizzato dalle norme prima sul tempo determinato, poi sul part-time e i regimi di orario, per continuare con la delega sulla salute e sicurezza e da ultimo la legge 30 e decreto legislativo conseguente fino all’ipotesi della commissione di garanzia di intervenire sulle regole dello sciopero generale. Manca il tassello dell’848-bis con la “sperimentazione” sull’art. 18 la cui approvazione è stata dilazionata per non farla sottostare a referendum.

    Si tratta di interventi strutturali e devastanti e che vanno conosciuti nello specifico per poterne cogliere tutte le implicazioni ed essere così in grado di contrastarli.

    Elementi caratterizzanti sono:

    - mano libera al padrone (non ci sono pressoché più né causali né percentuali che limitino la scelta al supermercato dei rapporti di lavoro precari).

    - passaggio da rapporto di lavoro a rapporto commerciale – mercificazione - con il superamento delle tutele del diritto del lavoro che presuppone un diverso potere tra i due soggetti

    - individualizzazione dei rapporti di lavoro, dell’orario di lavoro, ecc.

    - norme direttamente applicabili, riducendo lo spazio di contrattazione collettiva o addirittura negandolo

    - esplosione della bilateralità, sostitutiva sia dei servizi pubblici che della contrattazione

    Illustrare il solo dlgs derivante dalla L. 30, composto da 86 articoli, richiederebbe un tempo lunghissimo e del resto sono stati e verranno prodotti materiali a cura della CGIL. Il testo, già trasmesso a tutti per e-mail, sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale in questi giorni e entro 5 (cinque) giorni dalla sua entrata in vigore le parti sociali saranno convocate dal Ministero del Lavoro per “verificare la possibilità di affidare a uno o più accordi interconfederali la gestione della messa a regime del presente decreto, anche con riferimento al regime transitorio e alla attuazione dei rinvii contenuti alla contrattazione collettiva” (testuale art. 86 c. 13).

    Mi limiterò ad alcune considerazioni, neppure in ordine di importanza perché sarà arduo dover decidere, se lo faremo, su quali punti proporre il referendum abrogativo.

    Inizio dalle abrogazioni: oltre alla parte della Legge Treu riferita al lavoro interinale (è sostituita dalla somministrazione di lavoro a tempo determinato o indeterminato), spicca l’abrogazione delle norme che vietavano il caporalato e relative sanzioni, così come altri obblighi e sanzioni per i datori di lavoro di tutela contro il lavoro nero.

    Il decreto non si applica al settore pubblico, però: la disciplina dei CFL resta in vigore solo qui, la somministrazione di lavoro (nuovo interinale) qui vale solo a tempo determinato, il contratto di inserimento può essere stipulato nella ricerca. Inoltre, ad es. per il part-time, valgono le vecchie o nuove norme? Il Ministro (FP) convocherà entro 6 mesi i sindacati per “armonizzare” e predisporre eventuali nuove norme.

    Il nuovo supermercato, ma ormai siamo al discount, del mercato del lavoro farà aumentare il tasso di occupazione, in particolare quello femminile, ma non darà diritti e reddito decenti. Esso comprende, oltre al tempo determinato già liberalizzato con la 368: somministrazione di lavoro (cioè staff-leasing o in italiano lavoro in affitto) a tempo indeterminato (!), determinato, part-time; l’appalto di sola manodopera; nuovo apprendistato, con 3 diverse tipologie; nuova previsione dell’inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati nelle cooperative sociali; nuova definizione di appalto e distacco; il lavoro intermittente (a chiamata), a tempo indeterminato o determinato; il lavoro ripartito; le modifiche al tempo parziale, anche a tempo determinato (che tra l’altro impediranno la sbandierata conciliazione dei tempi di lavoro con quelli di vita per le donne); il contratto di inserimento; i tirocini estivi di orientamento (senza rapporto di lavoro); il lavoro a progetto (sostituirà le collaborazioni coordinate e continuative) e quello occasionale; il lavoro accessorio (quello per cui si acquistano i buoni da 7,5 euro); inoltre l’esclusione di rapporto di lavoro in alcune attività agricole per i parenti stretti. Per varie tipologie è già previsto un salario ridotto e minori tutele (es. malattia). Tipologie queste che nulla hanno a che fare con la formazione e lo sviluppo professionale.

    A ciò va aggiunta la riscrittura del 2112 c.c. sul trasferimento d’azienda o suo ramo, la cui “autonomia funzionale” è semplicemente definita come tale dal cedente e dal cessionario al momento del trasferimento: ciò spalanca la porta alla frantumazione produttiva. E’ tema già da tutti conosciuto (vedi Patto Italia e posizione CGIL). Questa norma, insieme allo staff leasing produce la completa destrutturazione del ciclo produttivo (di cose o servizi), frammentando non solo l’impresa e quindi l’unità contrattuale ma producendo una scissione tra prestazione e rapporto di lavoro. Si aggiunga che così molte aziende scendono sotto i 15 dipendenti (e del resto molte tipologie di lavoro non rientrano nel computo del numero dei dipendenti). Aggiungo che fa già parte della “tradizione”, non sufficientemente contrastata, di esternalizzare per prime le attività a maggior rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

    Su quest’ultimo tema va ricordato che il governo ha la delega per riscrivere tutte le norme –non solo la 626 – prevedendo tra l’altro misure di tutela della salute e sicurezza compatibili con le esigenze delle aziende (inversione concettuale storica) e andando verso la depenalizzazione e la riduzione delle sanzioni.

    Collocamento: il decreto svuota quello pubblico e abilita un’infinità di soggetti a fare pressoché tutto (mediazione, collocamento, ricerca di personale, somministrazione di lavoro, etc.). Fra questi soggetti spiccano gli Enti Bilaterali. Si ha anche un ampliamento del controllo sociale che passa dalla fabbrica all’intera società.

    Certificazione: testuale art. 75 “Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale e a progetto di cui al presente decreto, nonché dei contratti di associazione in partecipazione di cui agli artt. 2549-2554 del c.c., le parti possono ottenere la certificazione del contratto secondo la procedura volontaria stabilita nel presente titolo.”. Non solo si commenta da sé, ma la certificazione avrà valore legale verso terzi (es. INPS) e saranno anche gli Enti Bilaterali a poter svolgere la certificazione. Da notare che solo loro anche quella di rinunzia e abdicazione di diritti dei lavoratori derivanti da disposizioni inderogabili di legge e contratti collettivi! Per quanto attiene le cooperative, saranno le direzioni provinciali del lavoro e le Provincie a certificare i regolamenti interni riguardanti la tipologia dei rapporti di lavoro.

    Enti Bilaterali: sono definiti “sedi privilegiate” per la regolazione del mercato del lavoro, oltre quanto già detto, potranno certificare anche la regolarità e congruità contributiva, sviluppare azioni inerenti la salute e sicurezza (assorbiranno gli Organismi Paritetici previsti dalla 626? Tanto la riscrivono) e svolgeranno ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento.

    Chiarissimo l’obiettivo di snaturare la funzione del sindacato e come CGIL abbiamo già detto no a questi nuovi Enti Bilaterali.

    Rapporto legislazione- contrattazione: a parte il fatto che nel testo i vari livelli contrattuali (nazionale, territoriale, aziendale) sono parificati, cioè senza più gerarchia –anche questa è una strada per superare il livello nazionale -, ricordo l’applicabilità piena della legge, con pochissimi rinvii alla contrattazione collettiva mentre è previsto il rinvio a una ventina di decreti ministeriali, a volte sostitutivi della mancata regolazione contrattuale (es. lavoro intermittente, per cui è addirittura previsto che il DM tenga conto “delle prevalenti posizioni espressa da ciascuna delle parti interessate”).

    Già il 368 sul tempo determinato limitava enormemente la contrattazione collettiva, fino a vietarla. Analogamente il 66 sugli orari – che do per conosciuto come il 368 - è caratterizzato dalla gestione dell’orario individuale in un rapporto diretto azienda-lavoratore, dalla deregolamentazione degli orari (cito solo le 13 ore come limite giornaliero) e dall’eliminazione di ogni possibilità di controllo.

    La frammentazione esponenziale dei rapporti di lavoro e degli appalti, la cessione di ramo, il non controllo collettivo degli orari, ecc. sono chiaramente finalizzati a impedire il controllo e l’intervento sulla prestazione lavorativa ma anche sul “cosa” viene prodotto e “come”. Contrastarli è essenziale per recuperare questo controllo, nel tempo già scemato e per poter intervenire sui processi produttivi e lavorativi. Cito solo qualche esempio: controllo degli orari, delle condizioni effettive di salute e sicurezza, del tipo di produzione se nociva all’interno e/o all’esterno dell’impresa, ecc. Va da sé che anche il controllo del lavoro nero diventa più arduo, così come della retribuzione collettivamente definita (aumenta la forbice tra aumenti ad personam e sottoinquadramenti ad personam).

    Per sapersi e potersi muovere correttamente nell’agire quotidiano è necessario da una parte conoscere bene i provvedimenti (non bastano le sintesi) e dall’altra definire collettivamente priorità, obbiettivi e comportamenti conseguenti.

    Più che voti reciproci o analisi di specifici aspetti, quello che oggi serve a tutti noi è riconfermare la giustezza della linea di contrarietà a queste norme, decidere su quali punti non si firma, con l’obiettivo di contrastare l’applicazione del decreto, arginare la precarizzazione, controllare la flessibilità e i diritti, consolidare e qualificare il lavoro, puntando a recuperare anche le tante deroghe già previste nei vecchi CCNL.

    Non si entra nei nuovi Enti Bilaterali che fanno collocamento né si firma di certo sulle nuove tipologie di lavoro. Ne consegue che ciò va accompagnato da scioperi e lotte e quindi occorre “preparare il terreno” tra i lavoratori e i delegati in un rapporto costante. Anzi, la vertenzialità e la lotta vanno articolate, usando tutti gli strumenti sindacali possibili, creando un rapporto costante e bidirezionale tra lotte generali e lotte specifiche, siano esse di categoria, di luogo di lavoro, di territorio. Penso ad es. che sia necessario lottare non solo nelle aziende private per ottenere l’impegno al non utilizzo di queste nuove forme, ma che vadano aperte vertenze –anche confederali- nei confronti degli Enti Pubblici perché si impegnino a inserire nei capitolati d’appalto tale esclusione.

    E penso anche che vadano rilanciati i nostri progetti di legge, a partire da quello sugli ammortizzatori sociali.

    Quella che propongo è una stagione di vertenzialità diffusa, difficile, lo so, ma ineludibile e dai tempi non brevi.

    Contrattazione:

    Recuperare redditi e salario, Contrastare la precarizzazione e recuperare il controllo della prestazione, Democrazia sindacale. Questi erano gli obiettivi, gli assi decisi nell’Assemblea nazionale dello scorso anno, e che riconfermiamo appieno.

    Occorre certo aggiornarle, ad es. con quanto detto prima sulla legge 30 o prevedendo la scrittura esplicita di quanto previsto dalla 626 visto che il Governo la cambierà.

    Restano invece confermati l’impianto sulla parte retributiva –nessuno dei rinnovi finora sottoscritti dalle nostre categorie è stato fatto in base all’inflazione programmata - così come permane l’impegno a definire causali e percentuali per i contratti a termine -cosa che gli accordi finora sottoscritti dalle nostre categorie hanno fatto-, ecc.

    Analogamente riconfermiamo quanto già deciso circa il processo democratico di pieno coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori sia nelle costruzione delle piattaforme che per l’effettiva e vincolante consultazione sulle ipotesi di accordo.

    Anche qui, come sulla legge 30, ciò non significa una riduzione dell’autonomia delle categorie, che dovranno trovare il modo di rendere efficace una linea generale confederale, ma della assoluta necessità, in questa situazione di non andare in ordine sparso.

    Nei prossimi mesi molte categorie, pubbliche e private, saranno impegnate nei rinnovi contrattuali. Senza voler entrare nel merito dei singoli contratti finora stipulati e delle piattaforme preparate o in preparazione, credo che siano opportune alcune considerazioni.

    La condizione in cui ci troviamo potrà permettere di definire piattaforme unitariamente e congrue rispetto alle scelte della CGIL; attenzione particolare andrà posta alla fase contrattuale e alle ipotesi di accordo, evitando scivolamenti e scambi magari subdoli. Tutte le categorie saranno sottoposte alla prova del tentativo del padronato di applicazione della legge 30 e di tutti gli altri provvedimenti già approvati o in corso di approvazione. Uno stretto rapporto con lavoratori e delegati, così come una stretta relazione con i partner di CISL e UIL, ma anche con la CGIL sono essenziali. Gli “scivolamenti” possono anche essere rispetto a competenze non proprie: ad es. in Filcams il rinnovo contestuale del 2^ biennio non esplicitato come tale modifica le regole confederali vigenti.

    Diversa è la condizione della FIOM. Lì c’è un problema serio, che nasce da una controparte durissima e da partner sindacali quantomeno particolari che hanno portato a due accordi separati, facendo così il paio con la CGIL che ne ha subiti almeno altrettanti (penso al tempo determinato e al Patto per l’Italia). La solidarietà della CGIL, finora fortissima e non solo da parte nostra, si configura non solo appoggiando le scelte contrattuali della FIOM, ma anche isolando nella pratica chi vorrebbe isolare loro. Certo, ora la situazione è molto complessa e difficile, probabilmente aggravata dalla scomparsa di Claudio. Ma le compagne e i compagni devono impegnarsi perché davvero i pre-contratti siano fatti: senza centinaia, migliaia di questi si andrebbe verso il dramma in una categoria importante come quella e i lavoratori non se lo meritano. Va nel segno del sostegno la prevista riunione FIOM-CGIL territoriali del 22 prossimo.

    Altro punto trasversale è quello relativo al rapporto tra NIDIL e le varie categorie. Già oggi collaborazioni e interinali occupano una quota rilevante dell’occupazione, con il nuovo decreto ci sarà l’esplosione di questi lavori. Il nodo che pongo qui non è di tipo organizzativo interno (chi rappresenta chi) quanto la necessità di raccordo tra questa fragile struttura e le categorie, tra questa e le Camere del Lavoro, sapendo che nelle prossime settimane centinaia di migliaia di rapporti di collaborazione potrebbero essere prorogati o trasformati a progetto o rescissi perché il progetto non c’è e che il personale delle Agenzie di somministrazione avrà un suo specifico contratto come gli attuali interinali, per i quali ad es. pressoché nessuna categoria ha previsto se e come dare il premio di produttività. Insieme a LS NIDIL vi inviteremo a breve per un momento di riflessione su tutta la materia.

    Tutto ciò senza dimenticare i rinnovi aziendali che vanno seguiti con particolare attenzione.

    Previdenza

    Mentre scrivo continua la ridda di voci – e di ovvie beghe interne al Governo, ma i voti sono voti - su interventi dentro o fuori la Finanziaria sul sistema previdenziale pubblico. Di certo c’è che stanno alzando un polverone tale che non solo chi appena ne ha i requisiti cerca di andare in pensione (con aggravio della spesa!) ma ottenendo il risultato di offuscare i contenuti della Delega previdenziale che abbiamo contestato non solo come CGIL ma insieme a CISL e UIL.

    Non ci facciamo offuscare, basta la delega per chiamare allo sciopero generale e stiamo lavorando perché sia unitario.

    Richiamo qui i contenuti del seminario svolto lo scorso anno sul tema (i cui atti dovreste tutti avere e conoscere), ricordando che per noi non basta difendere e applicare correttamente la 335, ma va risolto il problema di come garantire una pensione equa e dignitosa a tutto il precariato che oggi sta emergendo.

    Aggiungo solo che anche il Dlgs derivante dalla L. 30 interviene, fuori delega, sulla previdenza prevedendo ad es. che i lavoratori intermittenti (cioè a chiamata), qualora percepiscano un salario inferiore alla misura della retribuzione convenzionale –che non si applica- possano versare volontariamente la differenza contributiva!. (Non si capisce con che soldi possano farlo).

    Il quadro politico – il rapporto con i movimenti – le alleanze

    Il 23 marzo, la non sottoscrizione del Patto del 5.7.2002, la contrarietà all’848 e 848bis con la raccolta di 5 milioni e mezzo di firme e l’elaborazione di proprie proposte di legge, lo sciopero dell’industria contro il declino, la partecipazione attiva al Social Forum di Firenze e poi a Porto Alegre, lo schierarsi contro la guerra e la presenza massiccia e determinante in tutte le manifestazioni per la pace, il sostegno alla FIOM, la decisione di dare indicazione di voto sì al referendum per l’estensione dell’art. 18 e, unica, aver dato valore e voce a quegli 11 milioni di sì, l’indizione di queste 2 ultime ore di sciopero generale sono solo alcuni dei punti salienti messi in campo dalla CGIL, in una ricerca costante e pervicace di rapporti unitari.

    Oggi si delinea uno sfaldamento della tenuta della base elettorale di questa maggioranza, sfaldamento causato sì dall’esplicitarsi concreto dei veri obiettivi del centrodestra ma in molta parte dovuto all’azione della CGIL, identificata come la maggiore opposizione sociale nel Paese, in questo riconosciuta come interlocutore privilegiato dei movimenti.

    Opposizione sociale perché non ha smarrito il senso delle priorità e degli obiettivi: la difesa e lo sviluppo delle condizioni economiche, sociali, dei diritti di chi lavora o vorrebbe farlo o lo ha fatto per una vita. In poche parole perché tiene alta la centralità del lavoro.

    E’ quantomeno sconfortante, per limitarsi a un solo esempio, che mentre la CGIL dichiara la propria indisponibilità a interventi sulla previdenza, autorevoli esponenti dell’opposizione si dichiarino disponibili a discuterne, purchè non sia per fare cassa. E per fare cosa allora, una nuova riforma strutturale? Così come è difficile cancellare dalla memoria che la strada alla precarizzazione è stata aperta da un Governo sostenuto da tutto il centrosinistra, con il “Pacchetto Treu”. Oppure che né quel governo né chi l’ha seguito ha fatto approvare la legge sulla rappresentanza e rappresentatività sindacale.

    Nella nostra autonomia, che va sempre salvaguardata, così come il nostro pluralismo interno, dobbiamo operare per richiamare la politica alle centralità e priorità nell’elaborazione di un qualsivoglia programma.

    Non c’è solo un problema, pur importante, di approccio culturale ma per i lavoratori e per gli 11 milioni di donne e uomini che il 15 giugno hanno votato sì, è essenziale poter sperare in una maggioranza diversa che rafforzi lo Statuto dei Lavoratori e non faccia quello dei Lavori, che faccia la legge sulla rappresentanza, che estenda la spesa sociale, che ridia valore al soggetto pubblico nei servizi, nella sanità, nella scuola, nella previdenza, ecc. Cioè che stia dalla parte della classe dei lavoratori, che scelga la via dello sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile.

    La drammaticità della situazione attuale (ridefinizione di tutte le regole della convivenza civile e del rapporto tra le classi sociali, attacco violentissimo al mondo del lavoro, insieme alla crisi economica e produttiva) ci impongono di cercare e rafforzare alleanze a tutti i livelli, nella chiarissima consapevolezza della non confusione dei ruoli.

    L’esperienza degli ultimi due anni di interlocuzioni, azioni comuni, sinergie con le varie anime del movimento e della società civile (dal Forum Sociale ai professori, dall’ARCI alle associazioni pacifiste e quelle ambientaliste) hanno posto la base per continuare e in molti casi rafforzare questi rapporti, continuando il confronto e l’elaborazione per un diverso mondo possibile.

    E’ bene chiarire che siamo ancora in una fase di resistenza, ma questi ultimi due anni hanno mostrato un protagonismo di grandi masse di lavoratori e di cittadini. E’ vero che il movimento sociale di resistenza non ha ottenuto risultati immediati. Si pone allora il problema di come connettere resistenza sociale e opposizione politica.

    Perché risulta evidente che di fronte a una destra populista il terreno del contrasto sociale è prioritario ed essenziale.

    Ne consegue che è necessario che i movimenti sociali e sindacali trovino una sponda politica che finora è mancata. Non è politicismo dire che tutti noi dobbiamo essere impegnati a sostenere la costruzione di un programma politico per un’alternativa alle politiche liberiste portate avanti da questo governo. E cito un passo del Documento della nostra Assemblea nazionale dello scorso anno: “La CGIL, nel condurre la propria battaglia, deve rafforzare la propria autonomia a partire dagli obiettivi e dal programma di lotte per la prossima fase; autonomia non è estraneità alla politica anzi la CGIL, sulla base delle proprie proposte, deve proseguire il confronto con la sinistra politica sulle tematiche economiche e sociali con l’intento di riaffermare il ruolo dei lavoratori come base della rappresentanza anche politica della sinistra.”

    E’ in questa direzione che propongo di decidere il sostegno al documento programmatico in 11 punti scaturito dall’incontro di Palazzo Rospigliosi il 4 scorso.

    Rapporto con CISL e UIL

    L’ipotesi di unità organica con CISL e UIL è a uno dei suoi punti più bassi, lo sappiamo. Ho già ricordato alcuni accordi separati e i tentativi governativi di farne altri, addirittura prevedendone la possibilità nel decreto sul mercato del lavoro. Tutti ricordiamo interventi pesanti del mondo politico, anche di centro-sinistra, sui rapporti unitari.

    Detto ciò, considero importante, e non solo a parole, la ricerca continua di momenti anche significativi di unità. E’ possibile. Ricordo l’Intesa con la Confindustria, così come il documento impegnativo sulla previdenza, ma anche quello sulla delega sulla salute e sicurezza e sulla delega ambientale così come rapporti importanti in quasi tutte le categorie (Gian Paolo domani potrà dirci del settore pubblico).

    Non concordo con chi pensa che poiché le differenze sono strategiche, ognuno vada per proprio conto. Non siamo autosufficienti. Non vogliamo rappresentare solo i nostri iscritti ma i lavoratori. Per noi, come sempre, in ogni situazione, fa premio il merito.

    Come sapete come segreteria nazionale abbiamo chiesto una settimana fa a CISL e UIL un incontro per costruire una valutazione comune sulla fase e decidere le iniziative conseguenti. Non abbiamo ancora ricevuto risposta, continueremo a ricercare il confronto ma se non ci sarà saremo costretti ad avviare da soli un percorso di iniziative di mobilitazione contro le scelte che questo governo sta portando avanti.

    La CGIL e Lavoro Società cambiare-rotta in CGIL

    Con il XIV° Congresso e con le iniziative di lotta che sono seguite la CGIL ha compiuto una svolta rispetto alle politiche degli anni ’90. Le conclusioni unitarie del congresso che come Area abbiamo fortemente voluto sono state la premessa di questo cambiamento di rotta.

    La stagione di grandi mobilitazioni non solo sindacali che né è seguita hanno confermato la capacità di quegli orientamenti congressuali a mobilitare non solo i lavoratori ma a parlare ad una gran massa di cittadini. Sul versante dell’analisi politica la valutazione sulla pericolosità del governo Berlusconi e sulla necessità di un contrasto forte alle sue politiche è stata, purtroppo, confermata al di là di ogni previsione.

    Le vicende successive al congresso hanno dunque confermato la linea assunta e si pone oggi la necessità di approfondirla, come peraltro è gia stato in parte fatto, in direzione della prospettiva.

    Le lotte e le mobilitazioni hanno cambiato e messo in movimento parti consistenti della società; il fatto che non si siano ottenuti risultati concreti è dovuto non soltanto alla forza dell’avversario ma anche al fatto che gran parte delle forze politiche dell’opposizione non hanno assunto i contenuti che il movimento e la CGIL portavano avanti.

    Si acuisce di conseguenza il problema della rappresentanza politica delle lotte sociali e sindacali; bisogna far comprendere che una destra populista si sconfigge prima di tutto sul terreno sociale. Questa dicotomia va ricomposta pena l’arretramento della stessa mobilitazione sociale.

    Per questo, come Lavoro Società, dobbiamo appoggiare tutti i tentativi che vanno in questa direzione a partire dall’ambito della definizione di un programma di opposizione che sappia ricomporre lotta sociale e lotta politica.

    Per quanto riguarda più specificamente l’organizzazione va realizzato pienamente, sul terreno degli assetti, il patto unitario congressuale.

    L’emergere di una opposizione interna che chiede un ribaltamento della linea di Rimini è un elemento di chiarezza nella dialettica interna; vale per loro ciò che vale per tutti in CGIL, le posizioni verificano la loro consistenza all’interno e non all’esterno dell’organizzazione.

    Per noi gli ultimi due anni e la situazione attuale riconfermano la giustezza delle conclusioni del XIV Congresso e dalle vicende post congressuali e si rafforza l’utilità, anzi la necessità, per la CGIL della permanenza dell’Area di Lavoro Società sulla quale gravano nuove e più importanti responsabilità.

    Con il XIV° Congresso si conclude l’azione svolta precedentemente per far valere una posizione di minoranza; l’assunzione sostanziale da parte di tutta la CGIL di gran parte delle nostre proposte modifica il nostro ruolo nella direzione di essere i garanti ed i custodi della svolta operata e di essere coloro i quali, nel governo della CGIL, rappresentano la parte più avanzata che si pone l’obiettivo di indicare obiettivi e traguardi per tutta l’organizzazione.

    I prossimi appuntamenti

    Ferma restando l’indizione dell’Assemblea nazionale, ricordo a tutti lo sciopero di 2 ore da svolgersi entro il mese e da molti territori già calendarizzate, lo sciopero della spesa del 16.9, la manifestazione della CES del 4 ottobre a Roma (ci sarà anche quella dei movimenti), il Direttivo del 6 e 7 ottobre (preceduto dalla riunione dei segretari generali del 23.9), la Perugia Assisi del 12 ottobre, l’iniziativa della CGIL sulla sanità e diritti sociali del 21-22 e 23 ottobre, il FSE a Parigi a novembre e…. le vertenze e mobilitazioni che riusciremo a costruire.

    Buon lavoro

    Paola Agnello Modica

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