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Articolo 18

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(13 Marzo 2012) Enzo Apicella

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Il sindacato serbo

(3 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.operaicontro.it

«Non ci lasceremo usare contro gli operai italiani» - di Lo. C.
(il Manifesto) pubblicata da Gisella Bis Rossi il giorno giovedì 2 settembre 2010 alle ore 15.08 Sono un migliaio, assemblano 15 mila vecchie Punto l'anno con i pezzi provenienti da Torino e guadagnano, in teoria, 320 euro al mese. In pratica in busta paga se ne ritrovano 270 perché da mesi il mercato è saturo, la crisi picchia duro e una settimana al mese sono in cassa integrazione. Eccoli gli operai della Fiat Auto Serbia, figli della già gloriosa Zastava con cui pure la Fiat, fino agli anni Novanta, aveva avuto molto a che fare. Altri operai sono ancora parcheggiati in una sorta di bad company che continua a chiamarsi Zastava con lavoratori inattivi, in attesa di entrare in Fiat quando (e se) si materializzerà il nuovo progetto del Lingotto: 300 mila vetture - una low cost di fascia B e una city car per complessive 200 mila unità annue e un modello di fascia C per altre 100 mila - alla fine del 2012, un organico di 2.540 dipendenti. Se i progetti di Marchionne incontreranno la domanda, naturalmente. E allora molte cose cambieranno, dai ritmi agli orari (oggi 40 ore settimanali su 5 giorni), ai salari.Mihajlovic Zoran è il segretario generale del sindacato Samostalni alla Fiat Auto Serbia, a cui aderisce il 75% dei dipendenti, e ricopre numerose altre cariche sindacali. Lo intervistiamo con l'aiuto di Rajka Veljovic, più che traduttrice cuore della Zastava che collabora con il manifesto dal '99 per le traduzioni e le adozioni a distanza dei figli degli operai «licenziati» dalle bombe «umanitarie». «Siamo rimasti molto sorpresi dalle decisione Fiat di spostare da noi la produzione destinata a Mirafiori e ci teniamo a sottrarci dal gioco sporco che vorrebbe schierare operai contro operai. Naturalmente abbiamo bisogno di lavoro come il pane, ma non togliendolo a degli altri lavoratori. Siamo fiduciosi, ma non comprendiamo fino in fondo la logica della Fiat né si possono dare per scontati i numeri di vetture e di operai previsti nal mercato. L'allestimento delle nuove linee è già in ritardo. Preciso che i motori delle future vetture arriveranno dall'Italia, così come le piattaforme comuni ad altri modelli».Mihajlovic è in Italia dove ha incontrato, tra gli altri interlocutori, il gruppo dirigente Fiom, proprio per stabilire un legame e condividere alcune scelte. «In Serbia abbiamo poche informazioni, è importante per capire con chi abbiamo a che fare sapere come la Fiat si muove, a Melfi o a Pomigliano. Abbiamo molte cose in comune con voi: in Serbia stanno passando tre leggi pesanti che colpiscono le pensioni, il lavoro e il diritto di sciopero». Quel che si è scritto sull'interesse della Fiat per la Serbia - l'assenza di tasse doganali con la Russia faciliterebbe l'esportazione in quel mercato - non risponde al vero: «Tasse doganali non esistono (c'è un 1% simbolico) per prodotti le cui componenti siano costruite in Serbia al 70%. Per le auto Fiat non è così, noi assembliamo pezzi italiani». Mille operai per 15 mila auto l'anno, 2.540 per farne 300 mila: non pensi che dietro questa sproporzione si celi una radicale modifica delle condizioni, turni e straordinari? «Certo, ma il problema d'oggi è la cassa integrazione, non gli straordinari».

www.operaicontro.it

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