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Addio compagne

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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Il logo della campagna di tesseramento del prc 2010 è una scarpa col tacco a spillo

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(Memoria e progetto)

Sulla "riduzione del danno" (di chi?).

Sulla politica delle alleanze nel PRC. Di Meri Rampazzo, segretaria del Circolo PRC Karl Marx di Padova.

(15 Novembre 2000)

cari compagni e compagne di reds

la vostra analisi sulle strategie elettorali del prc esprime un pensiero comune che sta diffondendosi a fatica tra la base del partito. I militanti spesso accettano remissivamente le decisioni prese ai vertici per amore di quell'unità che dovrebbe sempre caratterizzare un partito comunista, ma poi si ritrovano in evidenti contraddizioni di cui non possono che vergognarsi (è accaduto nelle elezioni del giugno 99 e anche nelle ultime regionali).
Nelle federazioni pochi hanno il coraggio di sollevare questo problema e chi lo fa viene al più presto isolato o costretto a una scomoda posizione di dissenso. In genere i compagni che comprendono la reale natura del "metodo sindacale" utilizzato dai dirigenti sono coloro che più frequentano le federazioni e più lavorano di gomito per il partito. Nella federazione padovana, ad esempio abbiamo assistito all'allontanamento volontario (o meno) di tanti militanti fra i più presenti e produttivi. Gli altri, a cui manca un confronto diretto con certe pratiche manipolatorie e/o celanti (così ben descritte da Germano Monti a proposito della federazione romana) faticano a prendere posizione e, tra una brontolata e l'altra, tirano avanti.

La situazione del partito, a mio parere è gravissima. Il turn-over degli iscritti, più volte citato con ambascia dal dipartimento organizzazione, è l'indice più evidente di come la politica ambigua e ondivagante del partito non possa assolutamente ricreare le condizioni per un partito di massa. Occorre divulgare al massimo tra i militanti il nostro appello per un cambiamento di rotta, prima che sia troppo tardi. Solo la base degli iscritti e dei simpatizzanti può fare qualcosa in questo senso, a patto che riconquisti la sua dignità di pensiero e il suo diritto di parola.

Ben dite quando affermate: "Non si comprende per quale ragione dobbiamo essere trascinati nella voragine di una sconfitta senza gloria con questo centrosinistra". Voglio invece sollevare qualche dubbio sulle metodologie utilizzabili per rompere il centro sinistra e praticare alleanze con ds e verdi. Mi spiego.

Il progetto per Venezia, sviluppato da Cacciari-Bettin-Casarini, inizialmente fu accolto con molta simpatia dai compagni veneti, poi però, riflettendo e approfondendo i termini di quella iniziativa, molti compresero che si stava larvatamente procedendo a una sorta di test nazionale. Rileggendo attentamente i documenti comparsi sulla Rivista del manifesto e sul libro edito da Carta si individua esattamente e senza possibilità di fraintendimenti quale era (e quale sarà) la base su cui poggia la dinamica della "riduzione del danno", ovvero "l'appoggio incondizionato al centro sinistra". Detta operazione dunque, che anche voi registrate frustrante nelle sue conclusioni, è stata realizzata a partire da un postulato intoccabile: la libertà di movimento per rifondazione trova i suoi limiti all'interno della coalizione che si oppone alla destra, punto e basta.
Un po' come dire che rifondazione altri non è che una controfigura dei ds, indispensabile per riequilibrare la loro vergogna mentre si prodigano per diffondere il pensiero unico e per tributare obbedienza all'impero usa.

(Non sto a raccontarvi il putiferio esploso durante un cpf padovano, presente Paolo Cacciari, quando si è tentato di esprimere le motivazioni della nostra critica - se siete interessati vi invio documenti)

Rompere il centro-sinistra è un obiettivo intelligente che può essere praticato solo formulando un programma veramente alternativo e comunista, presentando in autonomia un premier qualitativamente convincente.
Prendiamo però anche in considerazione il fatto che la classica geografia destra/sinistra non sembra più corrispondere alla realtà degli elettori. Qui non si tratta più di guardare solo a "quelli (presunti) di sinistra" (sedersi al tavolo degli accordi e gestire la politica solo ai vertici è una pratica che esclude la partecipazione di massa), ma si tratta di rivolgersi alle classi che oggi sono sfruttate, dimenticate, oppresse.
Io credo che un partito comunista debba rivolgersi innanzitutto alle persone in carne ed ossa che lavorano, che soffrono, che non capiscono il politichese e che se ne infischiano delle differenze tra le varie copertine, che guardano i contenuti capaci di cogliere le loro sostanziali esigenze, di spiegare loro quali sono i diritti civili e sociali, di aprire le porte delle federazioni e dei circoli al loro contributo, di sostenere le loro battaglie.

Meri Rampazzo

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