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Five o'clock tea

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(18 Settembre 2010) Enzo Apicella
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Quando il papa chiede scusa

(14 Giugno 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.cattolicesimo-reale.it

Lo aveva fatto Giovanni Paolo II nel 2000, per i tanti errori del passato, torna a farlo oggi Benedetto XVI soprattutto per la pedofilia nel clero. E tutti si stupiscono e congratulano talmente per un gesto così inusuale da parte del vicario di Dio in persona, da non domandarsi di che cosa il papa chiede scusa. E di che cosa non la chiede affatto.

Le “scuse” Giovanni Paolo II…
Giovanni Paolo II, ad esempio, chiese scusa per la violenze e i delitti dei “figli della Chiesa” in contrasto, a suo dire, con la santità della Chiesa stessa e dei suoi insegnamenti, di cui quindi non chiese affatto scusa, ribadendo tutte le dottrine, a partire da quella dell’infallibilità.
Così, riunita una commissione di studiosi, riabilitò Galilei. Ma contemporaneamente affermò che la condanna pronunciata da Urbano VIII non coinvolgeva la sua infallibilità. Condannò il massacro di Costantinopoli nella IV crociata, ma non il bando delle crociate da parte di papi e Concili ecumenici. Deplorò l’antisemitismo di “molti cristiani”, ma negò bugiardamente che fosse stata dottrina della “Chiesa in quanto tale”. Ripudiò le violenze contro i non cristiani, ma non la dottrina che vi stava alla base, ossia il carattere “confessionale” dello stato e quindi il suo dovere di seguire la “vera” religione. Confessionalità che è un’aspirazione della Chiesa anche oggi, come attesta la domanda di inserire le “radici cristiane” nella Costituzione europea.

Benedetto XVI e la pedofilia
Lo stesso discorso vale per Ratzinger il quale, dopo aver dato “coperto” per anni la pedofilia del clero impedendo la sua denuncia presso i tribunali civili, si precipita adesso – con sprezzo del ridicolo – a minacciare ai pedofili il bastone in terra e un “inferno” più duro nella vita futura. E domanda scusa a ripetizione. Ma per i “peccati” dei singoli preti e ribadendo la santità della morale cattolica.
In questo caso si dirà che ha ragione perché la pedofilia è condannata dalla morale cattolica. Ma le cose non stanno così. La pedofilia è condannata, ancora nel Catechismo del 2005, in quanto peccato “contro la castità” ed espressione “del vizio della lussuria” come masturbazione, atti omosessuali, fornicazione ecc. Però non vi è dubbio che trattare la pedofilia alla stregua di una qualsiasi offesa alla “castità” è indicativa di una distorsione morale che mentre conferma e incoraggia la sessuofobia impedisce d’altra parte di riconoscere la pedofilia come violenza non paragonabile agli “atti impuri”. Ora, di tale distorsione, propria della morale cattolica e che influisce sulla diffusione della pedofilia nel clero, Benedetto XVI non chiede affatto scusa. Dovrebbe, per farlo, cambiare la dottrina, riconoscerla sbagliata. E ciò la Chiesa non lo farà mai perché sarebbe come ammettere che essa è una istituzione umanamente fallibile come tante altre e non – come millanta – il megafono di Dio…

Benedetto e la croce
Analoghe considerazioni valgono per il recente discorso di Benedetto XVI a Cipro sul significato della “croce”, in cui ha detto che essa “non ha nulla a che fare con l’imposizione forzata di un credo,…parla di un Dio che vince l’odio con l’amore”.
Uno studioso solitamente aperto e critico come Giancarlo Zizola vede in tali affermazioni L’addio della Chiesa allo spirito di crociata (“La repubblica”, 7 giugno 2010) e una condanna “dell’impresa più stolta e sanguinaria della cristianità latina”, anche se ammette che tale riferimento alla crociate, e quindi la loro condanna, resta nel discorso di Cipro “implicito”.
Ora, la croce non avrà neanche niente a che fare con l’imposizione di un credo, ma il discorso del papa ha molto a che fare con la consueta ipocrisia cattolica. Lasciando implicita la condanna delle crociate, Benedetto XVI non ripudia espressamente quanto i suoi predecessori hanno proclamato in altra epoca santo e giusto, rimettendo i peccati a chi uccideva in nome di Dio, ossia non mette in questione il loro insegnamento “infallibile”.
E anche per quanto riguarda il crocifisso il suo discorso resta double face. A Cipro, dove i cattolici sono minoranza, Ratzinger usa la croce, simbolo di “amore” e di “non imposizione” per rivendicare il diritto dei cattolici a uno stato “laico”, che rispetti la loro libertà religiosa. In Italia e in Europa, dove i cattolici sono maggioranza, o tali sono ritenuti dal servile governo italiano, col pretesto che quel simbolo predica “amore” e non vuole imporsi a nessuno, Ratzinger stesso, in un discorso del dicembre 2006 (e non solo i vari Bagnasco, Bertone e compagnia di giro) ne ha chiesto l’affissione in aule scolastiche, tribunali, ospedali.
E’ il solito gioco delle tre tavolette con cui la Chiesa turlupina chi le crede passando, secondo l’antico motto, “dal peccato alla confessione, dalla confessione al peccato”.

www.cattolicesimo-reale.it

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