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(28 Novembre 2011) Enzo Apicella

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Il modello tedesco

di Pietro Ancona

(6 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.contropiano.org

Il Presidente della Repubblica ed il Governatore della Banca d'Italia sono intervenuti in diverse occasioni per suggerire all'Italia il modello della Germania che è diventata una locomotiva non solo per l'Europa ma per il mondo. La Germania cresce con il passo sicuro del maratoneta che sa di dover fare tanto cammino, non ha sprints di accelerazione particolari ma procede possente e sicuro per la sua strada.

I pennivendoli dell'economicismo della destra italiana ed anche lo stesso giornale della Confindustria tendono a ridurre lo stacco tra Italia e Germania ad una questione di produttività e di competitività. La ricetta che ne consegue è facile facile: facciamo la Fabbrica Italia, cambiamo dalle fondamenta i rapporti di lavoro, decontrattualizziamo. Riduciamo la spesa pubblica magari licenziando duecentomila professori, privatizziamo la terra il cielo ed ora il mare (tirrenia), riduciamo quasi ad una elemosina da quarto mondo le pensioni, abbassiamo tutte le prestazioni di welfare e così facendo prendiamo la ricorsa per avvicinarci alla Germania.
Questa ricetta adoperata da quasi un ventennio è proprio la causa che ci ha ridotto in rovina.
Oggi l'Italia appare un paese con "eccellenze" retributive e rendite mostruose ed inaccettabili che sovrastano una palude di infelici a redditi bassi. Lo Stato è aggredito da nugoli di cavallette, imprenditori o pseudo tali, che hanno scoperto il business delle privatizzazioni ed è appesantito da oneri derivanti dal costo delle oligarchie politiche. Pensate quanto costa da sola la Nomenclatura della Lega costituita da migliaia e migliaia di amministratori tutti stipendiati dai contribuenti. Quanto costano i 350 Sindaci ed amministratori della Lega? Unite a questo segmento di spesa il costo di tutti gli altri partiti e avremo una cifra pari a quasi duecento miliardi di euro annui.
Vorrei elencare alcuni punti di differenza tra Italia e Germania:
1) Il Governo tedesco amministra tenendo conto degli interessi generali della nazione. Non è lardellato da Cricche che sequestrano per se e per i loro amici gli appalti. Un fenomeno Bertolaso che amministra negli anni qualcosa come dieci miliardi di euro sottratti al controllo della Corte dei Conti non sarebbe pensabile. Il Governo tedesco, pur essendo di destra, non ha inciso profondamente nel welfare delle classi lavoratrici. Lo ha garantito seppur ridimensionandolo rispetto a quello dei governi socialdemocratici.

2) l'opposizione. La socialdemocrazia tedesca, erede di una grande cultura socialista ed umanitaria che ha impregnato di sè lo Stato e l'Europa non rincorre e non adula l'elettorato di Angela Merkel. Non si sbraca rispetto gli interessi della destra economica. Per quanto abbia attenuato il suo programma che non è più neppure quello di Bad Godesberg conserva la sua identità ed il riferimento
alle classi popolari. La scissione che ha subito le è stata salutare dal momento che ogni suo spostamento a destra farebbe guadagnare consensi alla Linke. In Italia il PD insegue il peggio delle voglie della destra, aspira a rappresentarla, ha posato i lavoratori, condiziona negativamente la CGIL, attacca la Fiom., si schiera con Marchionne......

3) La Confindustria. Gli industriali tedeschi non sono nell'anticamera del governo a piagnucolare ed a chiedere soldi, soldi, soldi (quelli buoni diceva in una occasione la Marcegaglia). Hanno un rapporto con governo e sindacati "corretto".

Non hanno chiesto ed ottenuto favori come quello della Maddalena.

Hanno puntato molto sulla qualità e sulla solidità dei loro prodotti. Il prodotto tedesco è accurato, ben fatto, curatissimo nei particolari. Magari meno fantasioso del nostro ma più resistente e più conveniente.

4) I sindacati. I sindacati tedeschi da quasi cinquanta anni praticano la politica della codecisione. Gli scioperi sono rari ma non perchè il sindacato è inetto o venduto ma perchè gestisce contratti tra i migliori del mondo. I lavoratori tedeschi sono al quarto posto della tabelle Ocse con un salario medio di 27 mila euro. Gli italiani sono al diciottesimo posto con 19 mila euro. Ma in effetti stanno assai peggio perchè la tabella non calcola i seimila precari biagizzati che guadagnano in media la metà dei minimi contrattuali. Insomma siamo in fondo, in fondo alla classifica e con una media che non supera di 13 mila euro annuali.
Per rincorrere la Germania dovremmo aumentare i salari di almeno il trenta per cento subito per tonificare in modo radicale l'economia, rianimare il commercio, alleggerire il peso della famiglia in cui i figli sopravvivono attingendo alle pensioni dei genitori. Inoltre é necessario ridurre il peso delle Oligarchie, dei consulenti, dei servizi appaltati. La sottrazione alla Corte dei Conti dei servizi delle municipalizzate è costata un aumento delle tariffe, un appesantimento delle bollette e questo per mantenere un nuovo magnacciato pubblico fatto di amministratori pagati con emolumenti scandalosi.
Si possono aumentare i salari di almeno il trenta per cento.

Si può perchè l'incidenza del salario sui costi di produzione non è rilevante neppure nella industria manifatturiera e perchè si potrebbero innalzare con l'introduzione del SMG (salario minimo garantito) che aiuterebbe moltissimo i precari.
L'estensione del contratto a tempo indeterminato a tutti darebbe un elemento di sicurezza non solo ai lavoratori ma all'intero sistema economico.
In conclusione bisognerebbe cancellare la "anormalità" italiana dovuta a governi che fanno interessi di parte, a sindacati che da due decenni cedono uno dopo l'altro i diritti conquistati dalle generazioni precedenti dei lavoratori, ad una confindustria assistenzialistica, ad una opposizione che ha perso la sua identità e si sforza di clonare la maggioranza.

www.contropiano.org

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