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La fatalità dominante

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(26 Novembre 2011) Enzo Apicella

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(Flessibili, precari, esternalizzati)

La voce dei lavoratori a futuro indeterminato

(13 Maggio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.culturainlotta.altervista.org

LA VOCE DEI LAVORATORI A FUTURO INDETERMINATO

Cos’è il Coordinamento? A cosa serve? E, soprattutto, a chi si rivolge? Sono queste alcune delle domande alle quali abbiamo risposto il Primo Maggio davanti a un pubblico formato da lavoratori, studenti e associazioni varie in occasione della festa organizzata presso i giardini di Castello a Venezia. L’iniziativa è stata interessante perché diverse realtà lavorative hanno avuto modo di confrontarsi pubblicamente esponendo idee, riflessioni ed esperienze sul tema del lavoro e dello sfruttamento.

Sono stati toccati i punti nevralgici del problema occupazionale e dai vari interventi è emerso il disagio che sempre più colpisce le categorie di lavoratori precari o prestati, come merce di scambio, agli enti pubblici. Il danno è patito sia dai giovani in cerca di un primo impiego, per i quali è appositamente previsto un percorso eufemisticamente detto flessibile, ma che in sostanza non è altro che di puro transito in situazioni di moderno e intensivo sfruttamento; sia da chi, a seguito della esternalizzazione di servizi un tempo organici alla struttura pubblica, si colloca in un ambito di marginalizzazione che lo tiene ben lontano dall’ottenere una certa stabilità lavorativa. Va ricordato che tutta questa fetta di popolazione è talvolta monoreddito e deve provvedere ai fabbisogni della famiglia.

Proprio a partire da quest’ultimo dato, abbiamo posto particolare attenzione sul luogo comune che afferma: meglio avere un lavoro accettando le peggiori condizioni imposte dai padroni sia in termini retributivi che per quel che concerne l’espletamento delle mansioni, piuttosto che essere tagliati fuori dalla possibilità di essere impiegati.

La necessità che stiamo avvertendo un po’ tutti è quella di costruire una controtendenza. Un percorso sicuramente non facile in tempi di crisi economica e di forte arretramento della coscienza di classe, ma che tuttavia è possibile intraprendere, incominciando col ritrovarci in occasioni come quella del Primo Maggio per analizzare assieme ad altri lavoratori le metodiche dello sfruttamento e fenomeni quali il moderno caporalato e la connivenza tra enti pubblici e ditte appaltatrici di servizi.

Esternalizzare si è rivelato il sistema più comodo della “politica” per inserire le cosiddette cooperative amiche nel libero mercato, in primis le due cordate principali: Compagnia delle Opere e Lega delle Cooperative. Da queste discende una sequela di sottostrutture che spesso cambiano nome o agiscono come subappaltatrici di servizi spremendo la manodopera più ricattabile occupazionalmente.

Fa comodo ritenere che la spinta a privatizzare e/o ad affidare a terzi una ingente fetta del pacchetto lavoro produca occupazione e abbattimento sensibile dei costi per l’erario. I fatti però contraddicono questa promessa di maggiori opportunità per tutti. Anzitutto la spesa degli enti pubblici non diminuisce poiché i ricorsi delle società escluse dalle gare di assegnazione innestano un meccanismo di scontro giudiziario che spesso condanna l’ente committente a forti risarcimenti pecuniari (si veda il caso del servizio esternalizzato di front office a Ca’ Foscari); e laddove una qualche forma di risparmio si produce, questa è dovuta all’incremento dello sfruttamento dei dipendenti delle ditte in appalto.

A fianco a questo, che possiamo tranquillamente definire un attentato alla dignità del lavoratore vessato in più modi, non ultima è la tendenza a rispolverare leggi obsolete e sepolte dalla farraginosa giurisprudenza in materia lavorista, quale ad esempio la tipologia della discontinuità firmata addirittura dalle parti sociali, o ad inventarsi nuove figure lavorative, quali gli studenti prestati a Fondazioni come la Biennale, i Musei Civici Veneziani e il Museo Pinault: oltre ai contratti atipici, dunque, spuntano forme di lavoro considerate di pura collaborazione tra pubblico e privato, i mediatori culturali.

Studenti che in cambio di un presunto vantaggio sui crediti formativi (altro tasto dolente la riforma delle Università oramai gestite come aziende) svolgono prestazioni d’opera gratuite ammagliati dall’aver fatto esperienza nel loro campo di studio. Quanti, poi, di questi neo laureati troveranno effettivamente lavoro in un sistema che, per come è strutturato, non può che tagliarli fuori e relegarli alla precarietà a vita?

Il Coordinamento dei Lavoratori della Cultura in Lotta si propone quindi di convogliare le esperienze di tutti coloro che subiscono la precarizzazione del loro futuro, non solo in termini lavorativi ma anche di qualità della vita, e di promuovere percorsi di solidarietà attiva e di reale mobilitazione generale. Vogliamo dar vita a momenti di auto-organizzazione per l’espressione di chi oggi non ha voce. Per questo ci sentiamo vicini a tutte le realtà di Lotta per costruire assieme un’alternativa vera che incominci a ridare parola e coraggio alla classe di cui orgogliosamente facciamo parte.

www.culturainlotta.altervista.org

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