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    Il Belgio vuole dividersi

    (8 Settembre 2010)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.contropiano.org

    Le dimissioni del socialista francofono Elio di Rupo dall'incarico di dar vita ad un esecutivo per guidare il Belgio, spalancano la strada all'ipotesi secessionista dei partiti fiamminghi. Oltre le allarmanti dichiarazioni del ministro alla Salute e agli Affari Sociali dell'attuale governo Laurette Onkelinx, "bisogna prepararsi alla fine del Belgio", l'ingovernabilità del Paese sembra essere ormai un dato certo.

    Fallimento. Neanche i migliori auspici post-elettorali dello scorso giugno sono riusciti a colmare il gap tra coloro che "vogliono separarsi" e coloro che invece "vogliono un Belgio unito". Allora il grande vincitore nelle Fiandre, il Nord-ricco, Bart De Wever aveva annunciato che l'ipotesi separatista sarebbe rimasta congelata fino al "risanamento delle finanze pubbliche" perché "nessuno vuole vivere in un Paese bloccato". Per riuscire nell'intento di riportare il piccolo Stato europeo all'interno dei parametri dell'Unione il leader della Nuova Alleanza Fiamminga (N-Va) aveva pure dichiarato di essere disposto ad avvallare una maggioranza storica guidata, trentasei anni dopo Edmond Leburton, da un premier francofono. Cosa che, in effetti, è avvenuta con la chiamata, da parte del re Alberto II, dell'italo-belga Di Rupo.
    Dopo tre mesi di negoziati, un primo fallimento ad agosto, e ipotesi di successo più o meno concrete, il leader dei socialisti ha gettato la spugna davanti all'impossibilità di trovare una sintesi valida tra il desiderio di scissione dei fiamminghi e la volontà dei francofoni di restare uniti per il bene della Vallonia, economicamente svantaggiata. "Sarebbe un peccato - ha dichiarato Di Rupo- passare da un assegno in bianco a una pagina bianca senza rivelarvi i dettagli della discussione, vi prego però di credermi: in molti, al tavolo delle trattative hanno detto che senza un accordo su tutto non ci sarebbe stato un accordo su nulla".

    L'accordo su tutto. Il "tutto" in realtà è solo un'intesa sull'indipendenza fiamminga rilanciata dall'ampia vittoria, 27 seggi, del N-Va alle elezioni di giugno. "Un accordo era possibile" ha dichiarato De Wever replicando alle esternazioni del numero uno dei socialisti valloni: "Questa è un'occasione mancata. Le proposte di Di Rupo sono state troppo vaghe" ha concluso il leader dei separatisti. La proposta messa sul piatto dall'incaricato del re prevedeva di stanziare 250 milioni di euro per Bruxelles, considerata terza regione del regno, in cambio di un accordo politico che lasciasse ai fiamminghi più potere nella zona periferica. Alla presentazione dell'offerta l'N-Va ha risposto con un secco "no" dettato tanto dal peso politico acquisito quattro mesi fa, quanto dalle mire sulla capitale che, secondo l'N-Va, deve tornare sotto l'egida delle Fiandre indipendenti.

    Una visione inconciliabile con quella dei francofoni che rappresentano il 95 percento della popolazione di Bruxelles. Intanto la Corona ha affidato l'incarico di ricomporre la frattura, che a questo punto pare insanabile, ai presidenti di Camera e Senato. Due mediatori scelti nell'alveo delle istituzioni che rappresentano le due anime del paese: il socialista francofono André Flahaut e il fiammingo dell'N-Va Danny Pieters.

    A loro toccherà l'arduo compito di ristabilire un equilibrio politico dalle comunità per dare avvio al processo di riforma costituzionale. Ma se la Corona spinge per la conciliazione, negli ambienti politici c'è già chi prospetta l'ipotesi dell'immanente spaccatura fra le due anime, le due comunità, le due regioni del Paese. Il socialista Rudy Demotte, ministro e presidente della Vallonia, si è rivolto alla propria comunità affinché consideri "tutte le ipotesi, compresa quella senza Fiandre. Dobbiamo prendere il controllo di noi stessi". Posizione condivisa dal suo compagno di partito Philippe Moureaux che, richiamandosi alla possibilità di andare di nuovo alle urne, non ha escluso l'opzione secessionista: "Al momento - ha sostenuto - siamo in un processo di sbriciolamento, di decomposizione dello Stato. E si va, forse, verso un'organizzazione progressiva di separazione".

    Il Belgio è in una situazione di ingovernabilità dal 22 aprile scorso, data in cui il premier Yves Leterme rassegnò le proprie dimissioni in seguito all'uscita dei liberali fiamminghi dell'Open-vld dalla coalizione di governo.

    *

    Antonio Marafioti www.peacereporter.net

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