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Ripresa: BCE e FMI propongono anche per l’Europa le politiche economiche da massacro sociale già applicate in America Latina

(9 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Thais Palermo Buti, Radio Città Aperta

09-09-2010/13:01 --- “La ripresa mondiale è fragile e i rischi al ribasso per l'economia restano elevati”. È quanto emerge dal World economic outlook, il documento che verrà presentato dal Fondo Monetario Internazionale a Washington all'inizio di ottobre, in occasione dell'assemblea annuale degli istituti nati a Bretton Woods.
Lo studio, confermato anche dal rapporto 'Interim economic assessment' dell'OCSE, imputa il rallentamento, soprattutto delle economie avanzate, al loro elevato livello di disoccupazione, spesso superiore al 10%. il Fondo stima infatti che la disoccupazione mondiale abbia raggiunto più di 200 milioni di persone, con un aumento di oltre 20 milioni solo negli ultimi 3 anni. Vale a dire che dal 2007 a oggi, circa 7 milioni di persone perdono il lavoro ogni anno.
Ancora secondo le previsioni del Fmi, l'economia mondiale crescerà del 4,6% quest'anno per poi avanzare del 4,3% nel 2011. Ma sono le economie emergenti e i paesi in via di sviluppo a trainare la crescita, con un aumento del Pil pari al 6,9 e al 6,4%, mentre la media dei paesi ad economia più avanzata si ferma al 2,6% nel 2010 e al 2,2% nel 2011.
In Italia la ripresa è ancora più lenta rispetto ai paesi della zona euro, a causa soprattutto di un forte deficit di competitività. La stima del Fmi sulla crescita italiana per il 2010 resta dello 0,9%, mentre quella per il 2011 passa all'1% - contro la previsione anteriore del 1,1%.
Le previsioni della Banca Centrale Europea non si discostano da quelle giunte da Washington: il bollettino mensile di settembre conferma il quadro di ripresa lenta e disomogenea per la zona euro e rimanda al 2011 ogni ragionamento sulla 'exit strategy' da una crisi che in molti continuano a descrivere come già conclusa.
La ricetta della Bce è dura: abbassare i salari dei Paesi europei poco competitivi. Secondo il ranking dei paesi più competitivi stilato dal World Economic Forum, l'Italia è il fanalino di coda dei Paesi G7 e il 48° nella classifica mondiale. Si prevede quindi che anche gli italiani subiranno le «profonde riforme necessarie a potenziare la crescita della produttività». A questo fine, prosegue la BCE, «le misure dovrebbero assicurare che il processo di contrattazione dei salari ne consenta il flessibile e appropriato adeguamento alle condizioni di disoccupazione e alle perdite di competitività».
Parole fumose. Che si traducono in aumento del lavoro precario e nella flessibilizzazione dei salari, per quei pochi lavoratori che il salario ancora ce l'hanno.
Le indicazioni degli economisti statunitensi si soffermano a loro volta sulla riforma del settore finanziario e sulla riduzione del deficit nei bilanci pubblici.
Riduzione del deficit pubblico, precarizzazione del lavoro, flessibilizzazione dei salari. Termini che ricordano le riforme strutturali realizzate in America Latina negli anni novanta, sulla base del cosiddetto Consenso di Washington. Il risultato in quei paesi è stato un costante aumento della disuguaglianza, della povertà e della disperazione sociale, ed un conseguente incremento della criminalità e della marginalizzazione degli esclusi.
È notevole che i paesi europei abbiano deciso di allargare il settore di intercambio con l'America Latina, spesso limitata a esportatore di banana e caffè. Peccato che il modello che ha scelto di importare abbia portato solo alla miseria e al massacro di milioni di cittadini.

www.radiocittaperta.it

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