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Il mio viaggio a scuola

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(17 Luglio 2011) Enzo Apicella
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    (Palestina occupata)

    Mohammed, a 13 anni davanti a una corte militare israeliana

    (12 Settembre 2010)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.forumpalestina.org

    SERVIZIO DI FLAVIA LEPRE
    Il mondo vive una parentesi di sollievo dopo aver appreso che l'8 settembre la pena capitale per lapidazione a cui era stata condannata in Iran Sakineh e' stata sospesa ed il processo da cui era scaturita sara' oggetto di riesame. Questo e' il risultato di una mobilitazione varia insistente e stereofonica che ha visto protagonisti i piu' disparati soggetti internazionali, in un rilancio e richiamo di molteplici iniziative.

    Non uguale impatto sull'opinione pubblica, da anni atona ed afasica, hanno avuto altre gravissime vicende internazionali di violazioni dei diritti umani anche sistematiche ed il piu' delle volte in totale assenza di un processo o con con processi che non garantiscono gli imputati. Non uguale zelo dei mezzi di comunicazione ne' uguale insistenza. Anche al recente riprendere dei negoziati tra Israeliani e Palestinesi, il silenzio continua a coprire l'ampia e dolorosissima piaga dei trattamenti disumani ed umilianti, delle torture riservati ai prigionieri (politici) palestinesi nelle carceri israeliane.

    L'ultimo caso proposto all'attenzione pubblica dall'associazione palestinese Addameer ,che dal 1992 si occupa della difesa dei loro diritti, si batte contro la detenzione amministrativa e svolge un'attivita' di monitoraggio della tortura perche' questa cessi, e' quello di un sedicenne.

    Mohammad Halabiyeh, di Abu Dis (Gerusalemme), e' stato preso il 6 febbraio scorso nella sua citta'.

    Ha coraggiosamente denunciato, nonostante le intimidazioni perche' non lo facesse, di aver subito torture, tra cui la privazione del sonno, maltrattamenti ed abusi, anche sessuali, dai soldati israeliani che lo avevano "arrestato", descrivendo con precisione gli atti compiuti contro di lui: calci sulla gamba fratturata, bastonate nella pancia, pugni in faccia ...mentre un cerotto gli chiudeva la bocca.

    La maggior parte di questi pestaggi, asserisce il ragazzo, si e' verificata nell'ospedale di Hadassah, nei cinque giorni successivi al suo "arresto", ma sono stati ripetuti, con abusi sessuali, anche dopo.

    Il ragazzo, inoltre, e' detenuto da allora nel terribile carcere israeliano di Ofer, dove e' tenuto in una sezione di adulti.

    Addameer, l'associazione che cerca di tutelare per quanto puo' i suoi diritti, e che chiedeva attenzione pubblica sul caso e sulla seduta del tribunale militare israeliano dello scorso 6 settembre, affiche' si possano impedire altre violenze e violazioni di diritti e si ponga rimedio a quelle tuttora in atto, ha fatto sapere che per un rinvio il ragazzo sara' ascoltato il 13 settembre.

    Questo non e' un caso unico. Un altro minorenne, Emad Al-Ashhab, diciassettenne, accuso' i soldati israeliani che lo avevano preso, il 21 febbraio di quest'anno, di averlo incappucciato con un sacchetto e poi avergli percosso il capo con un bastone, di avergli bruciato le mani con sigarette, mentre gli stringevano i polsi con le manette; tenuto in detenzione amministrativa, cioe' senza capo d'accusa ne' processo, vi restera' fino al 3 novembre (secondo l'ultimo rinnovo della detenzione amministrativa).

    Neanche le donne sono risparmiate. Ad esmpio, Nelli Zahi A'sad Sa'id As-Safadi, presa al posto di blocco tra Nablus ed Hebron l'11 novembre scorso, sottoposta ad interrogatori e trasferita senza comunicarle alcunche' e tanto meno chiedergliene il consenso, a Petah Tiqva, un centro di detenzione all'interno di Israele; anche a lei, oltre che ripetute ispezioni fisiche, sono state imposte privazione del sonno, costrizione prolungata in posizioni scomode, e' stata immobilizzata e legata con le mani dietro la schiena alla sedia ed oltre ad abusi fisici e verbali, le e' stato impedito di chiamare il proprio avvocato; per fare pressioni su di lei, furono "arrestati" cinque membri della sua famiglia, tra cui la suocera ultrasessantenne. Nelli e' ancora detenuta nella prigione di HaSharon in Israele.

    La detenzione amministrativa continua ad essere una mostruosita' applicata in larga misura contro i Palestinesi dalle autorita' israeliane e non e' una "necessita'" dettata dall'urgenza di fronte all'immediatezza del delitto. Hana Yahya Shalabi fu presa a casa sua, in un villaggio presso Jenin il 14 settembre 2009 e portata nel centro israeliano di detenzione di Kishon, dopo estenuanti interrogatori, condannata il 29 settembre dello stesso anno dal Comandante militare israeliano Ilan Malka a sei mesi di detenzione amministrativa, appellatasi contro tale decisione, ha perso l'appello e restera' nel carcere israeliano fino al 13 marzo 2010 senza accusa. Solo pochi casi esemplificativi della gravita' del problema che s'impone all'attenzione dei difensori dei diritti umani e del diritto internazionale, ma anche di coloro che semplicemente davvero vogliono lavorare per la pace tra Palestinesi ed Israeliani: il perpetrarsi di simili pratiche non solo e' inammissibile in una paese che si autodefinisce "democratico", ma hanno anche l'ovvia conseguenza di rinfocolare l'odio per i responsabili politici dei trattamenti inumani degradanti e torture subiti.

    Addameer, nata nel 1992 ad opera di un gruppo di attivisti per i diritti umani, offre sostegno ai prigionieri palestinesi, di cui difende i diritti, si batte contro la detenzione amministrativa ed attraverso un'attivita' di monitoraggio della tortura lavora per la sua cessazione.

    Una sentenza dell'Alta Corte di Giustizia Israeliana il 6 settembre 1999 interdisse ufficialmente la tortura dagli interrogatori. Tuttavia, furono consentite "moderate pressioni psicologiche" in casi di "necessità di difesa" e quando il detenuto è considerato una "bomba innescata", inoltre confessioni estorte con queste pratiche sono ammesse dalla corte e dal tribunale militare. Il caso di Mohammad non appare un'isolata anomalia.Dal rapporto di febbraio 2009 di Addameer si viene a sapere che i Palestinesi detenuti vengono sottoposti a tre differenti tipi di torture. Quelle di routine, tra cui deprivazione del sonno, pestaggi, trattamenti umilianti, diversi modi per interrompere la circolazione del sangue in alcune parti del corpo, come le mani. Metodi speciali, utilizzati con le persone ritenute "bombe innescate", tra cui oltre a posizioni di abuso, anche strangolamenti e soffocamenti. Celle interne: deprivazione del sonno, esposizione a temperature estreme o a luce artificiale continua a prolungata.Nonostante i rapporti e le denunce, non si sono dati casi in cui indagini su torture, maltrattamenti ed abusi su Palestinesi da parte di soldati israeliani siano pervenute a risultati significativi.

    Per questo motivo, per l'ultimo caso presentato, Addameer sollecita l'intervento degli organismi ONU per i diritti umani e delle forze internazionali presso le autorita' israeliane, affinche' siano fatti cadere i capi d'accusa contro il giovanissimo palestinese e siano condotte indagini indipendenti ed imparziali sui responsabili delle torture e dei maltrattamenti da lui subiti. L'associazione per i diritti dei detenuti solleva inoltre riserve sulla legittimita' di sottoporre Mohammad Halabiyeh al giudizio della corte militare, dal momento che questo tipo di corte, a quanto le consta, opera in aperto disprezzo per gli standard internazionali del giusto processo e non attiva alcuna apprezzabile protezione per i minori.
    (Fonte NenaNews)

    www.forumpalestina.org

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