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Bell'Italia amate sponde

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(16 Maggio 2009) Enzo Apicella
L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha reiterato al ministro dell’Interno, Roberto Maroni, la richiesta di porre fine alla prassi del respingimento di migranti dalla Libia.

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(La tolleranza zero)

CIE di Gradisca. Nuova rivolta

(14 Settembre 2010)

Lunedì 13 settembre. Intorno alle 18 partono le telefonate da dentro il CIE: è scoppiata un'ennesima rivolta.

Tutto comincia con uno sciopero della fame. Nulla che i gestori del lager non sapessero: erano giorni che i reclusi protestavano perché, dopo le sommosse e le fughe dell’estate, era scattata la punizione collettiva.
Chiusi in cella senza poter uscire all’aria, se non per un’ora al giorno.

La risposta è immediata e durissima. Una ventina di poliziotti in assetto antisommossa entra nella sezione intimando di smettere lo sciopero. Il tutto condito con un po’ di manganellate distribuite nella camerata ribelle.
È la scintilla per la rivolta: materassi e lenzuola vanno a fuoco. Gli immigrati telefonano agli antirazzisti della regione per avere sostegno e far sapere quello che accade.

In sottofondo alle chiamate le urla dei detenuti, ancora rinchiusi nella camerata. Il fumo riempie la stanza: gli immigrati non riescono a respirare, ma nemmeno questo basta. Le porte restano serrate. Nessuna pietà per chi non china il capo.

Parte rapido il tam tam antirazzista: le radio di movimento mandano in diretta la voce dei ribelli intrappolati, vengono contattati i giornalisti e i compagni più vicini.
Un consigliere regionale di Rifondazione chiama il questore per informarlo che ormai quello che sta succedendo al CIE è trapelato all’esterno.

La Prefettura di Gorizia – secondo quanto riferisce l’Ansa – diffonde prontamente una diversa versione dei fatti. L’incendio all’interno del CIE sarebbe stato appiccato per coprire il tentativo di fuga di una ventina di altri reclusi, sventato dall’intervento delle forze dell’ordine.

Un paio di attivisti vanno davanti al CIE. Purtroppo, come sempre, da fuori non si vede e sente nulla. Nemmeno il fumo, perché gli incendi nel frattempo erano stati spenti. All'interno delle celle l'aria resta irrespirabile e la situazione è molto tesa.
Forse – ma la notizia non è confermata - in tarda serata un numero imprecisato di reclusi viene portato in ospedale per un principio di soffocamento.

A breve nuovi aggiornamenti.

(da una corrispondenza di un compagno triestino)

Federazione Anarchica Torinese - FAI

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