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A Raffaele Bonanni colpito da un petardo

(16 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

“I balsami beati/ per te Grazie apprestino,
per te i lini odorati/ che a Citerea porgeano”...

“A Luigia Pallavicini caduta da cavallo” di Ugo Foscolo


Grandissima la levata di scudi dopo la petardata. Alla TV, si è parlato persino di “solidarietà unanime”, il che vorrebbe dire, se le parole hanno un senso, che anche i contestatori, pentiti e contriti, gli avrebbero chiesto perdono, del che sinceramente dubitiamo. Si sono mossi il ministro Sacconi, Walter Veltroni :(“un atto di una violenza inaudita”), Nichi Vendola: (“Un conto è il dissenso che fa parte della democrazia, un altro conto è se le contestazioni prendono una piega più violenta. Dobbiamo recuperare la civiltà del dialogo”), Bersani in persona e Fassino in pelle e ossa.

Bonanni è un uomo d’oro, e dell’oro ha tutte le proprietà. E’ duttile, malleabile secondo il volere di Confindustria, inossidabile, ottimo conduttore delle posizioni padronali. E’ dotato di resilienza, cioè la capacità dei metalli di resistere agli urti, compresi quelli dei fumogeni. Per i lavoratori che lo devono sopportare è pesante come quel metallo, ma per i padroni è un prezioso ornamento, leggero come una piuma.

Non ha bisogno di prendere ordini da Marchionne, perché la pensa esattamente come lui. Potremmo parlare di “affinità elettive”, attrazioni ardenti che il vecchio Goethe paragonava alle combinazioni chimiche. E’ dotato di empatia, ha la capacità di capire, sentire e condividere pensieri ed emozioni del padrone in ogni situazione. Come un diapason risuona senza essere toccato, se un altro diapason vibra, così Bonanni è perfettamente concertato con le esigenze del capitale. Non è il solo, c’è un folto gruppo di coristi, sempre pronti a intonare la solita solfa, anche in assenza del direttore d’orchestra.

Ma Bonanni è di più, è un artista. Come un maestro liutaio sa quale forma deve avere il legno per ottenere quell’effetto sonoro, così lui, senza veline o istruzioni speciali, sa d’istinto cosa deve fare. Il suo non è un mestiere, ma una vocazione, un imprinting (forse al battesimo aveva per padrino un industriale). E’ un sacerdote del capitale e il suo intuito è infallibile.

Gli altri non sono alla sua altezza: Prodi, se non riceve istruzioni, si allarma e ricorre a vie traverse, potrebbe servirsi di sedute spiritiche, come al tempo di Moro, ed equivocare sul significato del messaggio. Berlusconi cambia idea ogni quarto d’ora, si confonde, e, per sapere cosa effettivamente pensa, aspetta a leggerlo il giorno dopo su “Il giornale” o su “Libero”. Se Bonanni fosse presidente del consiglio non ci sarebbe bisogno di tirate d’orecchie da parte della Marcegaglia, tutto filerebbe come profitto vuole.

C’è chi lo chiama “Malanni” o venduto, o traditore della causa dei lavoratori. Per tradire, però, bisogna aver lottato per quella causa, mentre lui è stato “programmato” per portare i lavoratori a identificarsi con l’azienda, a vivere in funzione di essa, accettando umilmente i sacrifici, in attesa della pedata che li restituirà alla strada, quando ormai saranno spremuti come limoni. Conosce il suo mestiere, sa che i fischi e le urla di disapprovazione saranno sempre più frequenti, mette in conto questo e altro. Perciò, ha imparato a incassare bene e pare che, vedendo il giubbotto bucato dal petardo, abbia detto: “L’accordo di Pomigliano val bene un fumogeno”.

Michele Basso

11 settembre 2010

www.webalice.it/mario.gangarossa

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