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Manifestiamo il 4 ottobre anche contro l'occupazione dell'Iraq

(1 Ottobre 2003)

Una guerra immorale e illegale ha sostituito in Iraq un embargo crudele che durava da oltre un decennio, e che ha mietuto oltre un milione di vittime, con una occupazione militare guidata dagli Stati Uniti.

Le condizioni di vita di milioni di iracheni, rei solo di essere nati nella terra del petrolio, non sono cambiate, anzi peggiorano di giorno in giorno. Alla già grave situazione umanitaria si è aggiunta una insostenibile carenza di sicurezza. A quasi cinque mesi dalla dichiarazione di fine del conflitto gran parte della popolazione è ancora senza lavoro, senza elettricità, senz'acqua e si profila una grave crisi alimentare.

La sicurezza internazionale non è migliorata, anzi il terrorismo ne esce rafforzato, potendo contare su un nuovo campo di battaglia, e la legalità internazionale indebolita. L'Onu viene trattato come truppa di complemento, mentre la teoria della guerra preventiva resta appesa come una spada di Damocle sulla testa di tutti i popoli. Il pericolo delle armi di distruzione di massa si è dimostrato null'altro che una montatura.

La promessa di democrazia si è rivelata per quello che era: uno specchietto per le allodole e la restituzione di sovranità alla popolazione irachena è sempre più rinviata, mentre si costruiscono basi militari destinate a restare per controllare il petrolio mediorientale e attraverso questo l'economia mondiale.

L'autodeterminazione del popolo iracheno è una variabile a cui nessuno bada.
In Iraq, sulla pelle di 20 milioni di persone, si gioca una partita da cui dipende lo stesso futuro del pianeta, se esso debba essere ridotto a riserva di un pugno di paesi industrializzati o essere luogo di convivenza di popoli e culture.

Alcuni governi europei hanno saputo dire di no alla arroganza militare statunitense, altri, come la Gran Bretagna e l'Italia, hanno inviato truppe per invadere e poi occupare la Mesopotamia in dispregio della volontà degli stessi popoli che dovrebbero rappresentare.
Non emerge però dai governi europei una volontà comune a contrastare il nuovo impero e a perseguire una politica di giustizia in medio oriente.

L'Europa ha un debito storico verso il medio oriente.
Lo ha perché la Mesopotamia è stata la culla anche della nostra civiltà. Lo ha perché l'islam ha salvato e tramandato la filosofia e la cultura classica. Lo ha per averlo attraversato per secoli con le orde crociate. Lo ha per averne tradito le aspirazioni nazionali, per averlo spezzettato, colonizzato, e trattato come serbatoio di manodopera a basso costo.

L'Europa che noi vogliamo è un'Europa che saldi questo debito e che sappia porsi, cominciando con il riconoscimento effettivo dei diritti di autodeterminazione del popolo iracheno come di quello palestinese, come soggetto per la costruzione di una nuova giustizia e legalità internazionale.

Manifestiamo a Roma il 4 ottobre anche per dire no alla nuova colonizzazione dell'Iraq e del medio oriente, perché le truppe statunitensi ed europee si ritirino, perché sia dato immediato potere ad un governo iracheno, perché la comunità internazionale sostenga una transizione pacifica risarcendo il paese dai danni causati da 12 anni di embargo.

Per adesioni inviare una e-mail a: posta@unponteper.it

Un ponte per....

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