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Per i tre operai della Fiat

Per i tre operai della Fiat

(25 Agosto 2010) Enzo Apicella
Melfi. La Fiat licenzia tre operai, il giudice del lavoro li reintegra, la Fiat li invita a rimanere a casa!

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Perché scioperiamo il 7 novembre e non con Cgil, Cisl e Uil

lettera aperta ai lavoratori, al sindacalismo di base, al movimento

(7 Ottobre 2003)

Il 24 ottobre CGIL CISL e UIL chiamano allo sciopero contro Berlusconi e i suoi progetti senza aver presentato alcuna piattaforma realmente rivendicativa e di lotta, riducendo lo sciopero del 24 ottobre ad una generica chiamata alla mobilitazione contro le nefandezze del governo.

Non potrebbe essere altrimenti, viste le divisioni profonde che la rottura sulla sottoscrizione del Patto per l’Italia ha prodotto nei mesi scorsi, ma che sembrano già essere dimenticate.

SCIOPERARE PER DIFENDERE L’ESISTENTE O PER INVERTIRE LA TENDENZA E PROGETTARE UN FUTURO IN CUI IL LAVORO TORNI AL CENTRO DELLO SVILUPPO? La CUB pone al centro dello sciopero generale del 7 novembre la piattaforma di lotta e le proposte su cui il movimento indipendente dei lavoratori ha costruito negli anni scorsi consensi e mobilitazioni unitarie.

L’OBIETTIVO DELLA CACCIATA DI BERLUSCONI NON PUÒ FARCI RINUNCIARE ALLA NOSTRA IDENTITÀ E ALLA NOSTRA PIATTAFORMA DI LOTTA.

Dietro l’angolo c’è il rischio consistente che, cacciato Berlusconi, – cosa che riteniamo indispensabile avvenga prima possibile – ci si trovi di nuovo nella palude che abbiamo vissuto negli anni precedenti, in cui i governi tecnici prima e di centro sinistra dopo, hanno, con la complice acquiescenza di Cgil Cisl e Uil, devastato le tutele e i diritti del mondo del lavoro, sposando in pieno le politiche liberiste attraverso la pratica della concertazione.

L’enorme manifestazione del ’94 contro il tentativo dell’allora 1º governo Berlusconi, di mettere mano alla previdenza ha rappresentato, di fatto, il viatico alla riforma Dini. Non ci siamo cascati allora, non intendiamo farlo oggi.

Il Governo Berlusconi sta mettendo in atto una strategia tesa a fare cassa con i soldi dei lavoratori per coprire un deficit pubblico che ha contribuito a rendere enorme, e a presentarsi in Europa, sulle orme di Chirac e Schroeder, con le carte in regola di chi ha sconfitto le rappresentanze sociali del mondo del lavoro, inaugurando una ulteriore stagione di spostamento di risorse dal lavoro al profitto.

Il nuovo attacco al sistema previdenziale pubblico infatti non punta tanto a ridurre la spesa sul fronte pensionistico, ma a spostare i risparmi dei lavoratori sui fondi pensione gestiti da banche e assicurazioni per avere denaro fresco da gettare nel mercato azionario.

La riduzione effettiva del valore delle pensioni è stata infatti già ottenuta dalla riforma Dini del ’95, sostenuta allora, ed oggi difesa, da Cgil, Cisl e Uil, che ha messo in campo la più micidiale delle spaccature dell’unità del mondo del lavoro attraverso l’individuazione del crinale dei 18 anni di contributi per introdurre il sistema contributivo per i più giovani. Già con quell’attacco le pensioni previste per chi ci andrà con il contributivo avranno una riduzione fortissima arrivando a circa il 50% dell’ultima retribuzione.

Centinaia di migliaia di giovani e meno giovani sono oggi assoggettati a processi di totale precarizzazione del loro lavoro grazie al Pacchetto Treu e lo saranno sempre di più grazie alla più recente Legge 30 sul mercato del lavoro. Per loro, anche a situazione immutata, non c’è alcuna prospettiva pensionistica.

I salari e le pensioni hanno perso capacità d’acquisto. Il caro vita torna ad essere argomento principe come lo era negli anni 60 e 70. La politica dei redditi e la concertazione, inaugurate nel luglio ’93, hanno regalato ai padroni la possibilità di incrementare i propri profitti attingendo direttamente dal reddito del lavoro dipendente senza che ci fosse né sviluppo né alcuno strumento di difesa delle condizioni di vita dei lavoratori dipendenti e delle loro famiglie dall’inflazione.

La scuola, la sanità, la pubblica amministrazione e tutti i servizi sociali sono da tempo oggetto di un devastante processo di privatizzazione e smantellamento che trova radici profonde e lontane già nel decennio scorso. Fu il centro sinistra ad introdurre il criterio di sussidiarietà tra pubblico e privato trovando il sostegno convinto di Cgil, Cisl e Uil.

Nei luoghi di lavoro la democrazia è bandita. Anche quelle categorie, come la Fiom, che stanno lottando contro gli accordi separati, ora si rendono conto della necessità di meccanismi di verifica della rappresentanza effettiva sui luoghi di lavoro, sempre osteggiati in particolare dalla CISL. Intanto i padroni continuano a scegliersi i propri interlocutori e a chi non è rappresentativo viene addirittura impedito di tenere assemblee per preparare le elezioni RSU.

Per questi motivi saremo in sciopero generale il 7 novembre e rinnoviamo a tutti l’invito già avanzato ai primi di settembre dalla CUB ad essere in piazza con noi senza problemi di primogeniture ne di egemonismo, ritrovando quello spirito unitario che ha dato valore aggiunto alle nostre mobilitazioni passate.

CONFEDERAZIONE UNITARIA DI BASE
RdB-CUB

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