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Lettera aperta di Zone del Silenzio ai "Giovani Comunisti" pisani, sulla situazione carceraria

(23 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.contropiano.org

Lettera aperta di Zone del Silenzio ai "Giovani Comunisti" pisani, sulla situazione carceraria

Leggiamo con interesse che alla festa dei "giovani comunisti" pisani, si terrà il prossimo giovedì una iniziativa centrata sui temi carcerari. Apprendiamo, altresì con altrettanto stupore, che a questa iniziativa, oltre a un legale e ad al Garante dei detenuti di Pisa e di Livorno, sono stati invitati i direttori di due istituti di pena, quello pisano e quello, per noi tristemente noto, delle Sughere di Livorno dove (tra le altre cose) ha trovato una morte cruenta il detenuto Marcello Lonzi. In carcere sono centinaia le morti ogni anno, nelle galere italiane si sopravvive male, molto male, e si muore molto. Dall'inizio di questo anno sono 126 le morti, un numero destinato a salire.

1685 morti in dieci anni, e non è che la
vita in molti istituti penitenziari meriti di essere definita tale.
Le condizioni di vita nelle carceri italiane sono disumane non solo perché i detenuti sono per lo più immigrati e tossico dipendenti, ma perché il sistema carcerario nazionale è costruito sull'annientamento e annichilimento psico fisico dei detenuti, su codici e cavilli volti ad affermare un'ottica punitiva spesso perversa e pure in contrasto con i principi teorici di rieducazione e reinserimento che dovrebbero presiedere all'azione penale.

Un'azione penale che a ben vedere le leggi bossi-fini sull'immigrazione come le leggi sulle tossicodipendenze, sul possesso di sostanze, e per finire con i vari pacchetti sicurezza e con le recenti norme "antiterrorismo", svolge in modo sempre piu' palese il suo ruolo di classe proprio di una società
repressiva.
In Italia da almeno 30 anni si sono succedute legislazioni emergenziali che fanno del nostro paese uno dei piu' militarizzati del cosiddetto "mondo libero", un sistema legislativo, in larghissima parte originato dalla dittatura fascista, da cui non esiste possibilità di uscita: carceri sovraffollate, detenzione per reati legati alla criminalizzazione dell'immigrazione, una tortura psicofisica volta alla collaborazione e delazione del reo (come avviene nei reparti 41bis ed EIV) e pratiche detentive disumane oramai riconosciute e denunciate sia in Italia che all'estero. Non lo diciamo noi, ma lo dicono i dati e i rapporti stilati dalle associazioni che si occupano di carcere dove si citano la drastica riduzione di fondi, la soppressione dei principali esperimenti di socialità portati avanti dagli ultimi Ministri della In\giustizia, la drastica riduzione delle misure alternative alla detenzione, l'abuso e lo spaccio regolamentato quanto criminale di psicofarmaci ansiolitici, utilizzati come strumento di controllo della popolazione detenuta. In Italia sopravvive anche lo scempio dell'ergastolo, il fine pena mai che nella sua forma ostativa diviene una vera condanna a morire dietro le sbarre, una non vita per sempre, una morte lenta alla quale sono condannati centinaia di detenuti, alcuni dei quali per motivi politici.
Questa terribile realtà, quasi sempre fuori dai riflettori e da ogni informazione, richiede prese di posizione nette: voi da che parte state?
Se non ci si pone alcuna domanda sulla natura delle istituzioni repressive, sul ruolo che queste svolgono nella società e nel governo della conflittualità sociale, difficilmente si potrà affrontare la tematica carceraria in termini "comunisti" o anche solo alternativi all'attuale sistema, quanto all'essere "giovani" forse generazioni piu' fortunate si erano conquistate quel sogno di assaltare il cielo, e di cambiare il mondo, di cui oggi pare svanire anche il ricordo.
Occuparsi di carcere significa assumere le posizioni del ministero, essere più realisti del Re e non criticare le leggi che sono oggi alla base dell'emergenza carceraria, senza comprendere e denunciare il carcere dentro le cosiddette istituzioni totali? Sorvegliare e punire ci dicono, cosa ne pensate? Il pericolo è che le posizioni assunte ed i relativi interlocutori, rischiano di essere troppo simili, per niente altre, da quelle di chi oggi Governa (ai vari livelli, non necessariamente nel governo attuale ma pure in buona parte della opposizione cosiddetta=), di chi per candidarsi a ruoli di governo non esita ad accettare la costruzione dei Centri di detenzione Identificazione ed Espulsione, come il CIE che la Giunta Toscana accetta di costruire **nella nostra Regione** per "doverosa collaborazione istituzionale" col Governo centrale.

Ci è parsa una precisa scelta di campo voler fare un'iniziativa su un tema come il carcere invitando solo soggetti di tipo istituzionale, accompagnati da due direttori di istituti penitenziari (uno dei quali famoso per casi di omicidio e per le percosse inflitte sovente ai detenuti) quasi che il tessuto associativo, di volontariato, di iniziativa politica di base su questi temi, pure ben presente in città, non rientri nella vostra idea di politica; come se la politica fosse cosa di istituzioni e di palazzi, pure quella relativa alle strutture repressive.

Un po' come se a voler organizzare un dibattito sulle fabbriche e la condizione operaia si invitasse l'amministratore delegato della Fiat Marchionne, oppure a un'iniziativa sul G8 invitare tra gli altri due "gerarchi" della polizia di Stato, o un Generale dell'Esercito in una contro la guerra...non parrebbe ai piu' un metodo alquanto bizzarro e una chiara scelta di campo?

Per noi un altro mondo possibile è senza guerre e sfruttamento, e perciò anche senza galere!

per questo gli interlocutori di iniziative di questo genere non possono essere nei soggetti che detengono responsabilità all'interno della macchina repressiva, senza con questo voler dare alcun giudizio specifico sulle persone, semmai possono esser ricercati nel tessuto associativo, politico e
di base, e nei soggetti colpiti dalle pratiche repressive.

Quel popolo detenuto di cui ogni tanto si parla, ma che resta sempre senza voce: eppure esiste, sopravvive e muore dentro le prigioni e i lager di Stato. Lager e galere di Stato che vorremmo chiudere, che non vorremmo veder sorgere ancora
nelle nostre città e nei nostri territori né sotto veste di Carcere né sotto una veste edulcorata di CIE per stranieri: sempre di galere si tratta!
Le carceri come i CIE rispecchiano politiche di esclusione e repressione sociale che non ci appartengono e che contestiamo ogni giorno nelle nostre lotte, e che contesteremo finché esisteranno, come punti centrali per costruire un progetto alternativo di società.

Auspichiamo infine una reale riflessione cittadina su questi temi, che dia spazio alle voci associative citate, che apra un confronto vero sopra i temi della repressione sociale e politica e delle istituzioni totali e carcerarie.
Come Zone del Silenzio lavoreremo in tal senso, certi che sia questa la parte in cui stare, senza alcuna ambiguità.

Zone del Silenzio -PISA

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