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Afghanistan, democrazia in play-back

(24 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Si sono svolti regolarmente, come previsto, i brogli elettorali in Afghanistan. Massima soddisfazione è stata espressa nel bunker di Karzai e al Comando Nato. Come di norma, le schede già segnate erano presenti nelle urne prima dell’inizio delle votazioni, è stata la stessa polizia a collocarvele, il che dà un particolare tocco di correttezza all’operazione.

I media occidentali riportano i dati diffusi dal governo Karzai, cioè il 40% di partecipanti, ma alcuni giornalisti e commentatori, a cominciare da quel pedante di Piovesana, considerando che i voti espressi sarebbero 4 milioni, un milione in meno rispetto alle presidenziali del 2009, si ostinano a sostenere che bisognerebbe ridurre l’affluenza al 24%, e anche questo solo sulla carta.

Piovesana ha una visione arcaica della democrazia, per lui le elezioni sono valide se i seggi sono regolarmente aperti, gli elettori fisicamente presenti, il voto segreto, ecc. La democrazia è giunta tardi in Afghanistan, ma ha subito introdotto le forme più moderne di democrazia virtuale. Perché un elettore dovrebbe uscire di casa, correre il rischio di saltare su una mina, di essere coinvolto in una sparatoria, o di essere polverizzato dall’esplosione di un’auto al tritolo? Si può votare a distanza. Non hanno computer, telefono (e neppure la luce), o uffici postali? Che ne sappiamo noi occidentali delle pratiche esoteriche dell’oriente, della possibilità di trasmettere il pensiero, l’intenzione di voto? In fondo, quello che conta è il pensiero...

Se qualcuno rimane scettico, vale sempre l’argomento giuridico. Anche se un elettore asserisse di non essere mai uscito di casa, fa fede la presenza del suo nome nell’elenco dei votanti, a meno che non si voglia porre in dubbio l’onorabilità degli scrutatori, delle autorità afgane e della Nato, che garantiscono l’ordinato svolgimento dei brogli. Da noi, un cantante può limitarsi a muovere le labbra, perché la voce è registrata. In Afghanistan, abbiamo persino la democrazia in play-back.

I candidati possono acquistare le tessere elettorali false stampate a Peshawar. Ne sono state vendute almeno un milione e mezzo. Con questi metodi si evitano gli scandali, così consueti in Italia, del voto di scambio, del dossieraggio con relativi veleni e calunnie dell’avversario. Non è necessario metter in pubblico i vizi privati del candidato concorrente, o fare azione di imbonimento verso gli elettori nei comizi, mettendo nel programma elettorale menzogne a non finire e promesse che non saranno mantenute, tanto meno è indispensabile fare regali agli elettori (si pensi ai famosi pacchi di pasta o alle scarpe di Lauro). Si cancellano le lunghe e insopportabili campagne elettorali, il giro ossessionante dei galoppini, la spesa in volantini e in manifesti. Non è neppure più obbligatorio il finanziamento illegale dei partiti, il che rappresenta un passo avanti verso la moralizzazione della vita pubblica. Come in un condominio o in una società per azioni governa il socio di maggioranza. In fondo, nell’ancien régime le cariche pubbliche erano in vendita.

C’è stato il tentativo di giornalisti di Al Jazeera di disturbare l’onesto lavoro di questi galantuomini, ma soldati americani – narra Piovesana – hanno fatto irruzione nelle loro abitazioni in piena notte, li hanno portati via bendati, sequestrando materiali e documenti. Il fatto che li abbiano bendati è simbolico: il giornalista non deve vedere né sentire niente, ma limitarsi a infiorare e a dare forma letteraria ai comunicati del governo e del comando Nato. Pare che stiamo meditando di introdurre un bracciale elettronico, per controllare i loro spostamenti.

“Il comando delle truppe d'occupazione Isaf ha inviato ad Al Jazeera una comunicazione scritta nella quale viene spiegato che i suoi due cameramen sono stati arrestati poiché ''sospetti facilitatori della propaganda mediatica talebana'' per aver filmato attacchi della guerriglia nel giorno delle elezioni e per aver intrattenuto rapporti con i ribelli.” “Gli insorti - si legge nella lettera dell'Isaf - usano la propaganda, spesso diffusa attraverso i mass-media, come strumento per influenzare e intimidire la popolazione afgana. Le forze della Coalizione hanno la responsabilità di impedire queste attività di propaganda degli insorti”...

Chi glielo ha fatto fare? Potevano filmare una fila di gente davanti a un negozio di alimentari e giurare che erano elettori in attesa di votare davanti a un seggio, avrebbero così inteso a pieno lo spirito delle indicazioni americane, e, invece dell’arresto, avrebbero avuto un invito all’ambasciata.

“Dal 12 giugno 2006 vige in Afghanistan, per ordine di Washington, una direttiva che impone ai giornalisti afgani il divieto assoluto di riportare e diffondere notizie che mettano in cattiva luce l'autorità del governo Karzai e l'esercito nazionale afgano, che evidenzino le azioni della guerriglia o le proteste antigovernative, che siano critiche verso la presenza e la condotta delle forze militari straniere.” Povero Berlusconi, che fa il matto a quattro per impedire alla Guzzanti o alla Dandini di prenderlo in giro alla televisione! Rispetto a Karzai e al comando americano si rivela un dilettante.

La ciliegina sulla torta è data dall’Unione Europea. Al tempo delle elezioni presidenziali inviò 120 osservatori, niente per un territorio più grande della Francia; ma ora ne ha mandato sette! Questa volta i tagli, invece di colpire la scuola, le pensioni, ecc., hanno colpito nel segno, tagliando una spesa veramente inutile. Non ce n’è bisogno, tanto la democrazia, pianta d’importazione in Afghanistan, è in pieno rigoglio, come garantiscono i signori della guerra, i contractors, e, ultimo, ma non meno importante, il ministro La Russa.

Michele Basso

23 Settembre 2010

NOTE:

Le citazioni sono prese da articoli di Piovesana in Peacereporter: “Afghanistan, affluenza gonfiata”, 0/09/2010. “Afghanistan, un'altra commedia elettorale”, 17 Settembre 2010. “Usa a caccia dei reporter di Al Jazeera”, 22/09/2010.

www.webalice.it/mario.gangarossa

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