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(17 Ottobre 2003)
Stavolta non si potrà accusare l'Istat di aver diffuso dati in contrasto con la sensazione diffusa dei lavoratori italiani: che i salari pesino assai meno di prima. Gli "Indicatori trimestrali su retribuzioni lorde, oneri sociali e costo del lavoro" hanno infatti disegnato un verdetto unanime: l'inflazione (anche questa registrata dall'Istat, con valori spesso contestati) galoppa a una velocità pressoché doppia di quella delle retribuzioni lorde, poi ulteriormente decurtate dalle trattenute e dall'annullamento del recupero del fiscal drag.
E' stato messo in evidenza l'aumento tendenziale delle retribuzioni (lorde, ripetiamo, e parametrate allo stesso periodo del 2002) nel secondo trimestre di quest'anno: +2,2%. Comunque sotto l'inflazione del periodo (2,8), ma assai più impressionante del misero +0,8% fatto registrare dalla stessa voce nel primo trimestre. Depurati dai fattori stagionali, infatti, gli "aumenti" sarebbero dello 0,3% nel primo e dello 0,6% nel secondo trimestre. Simile la dinamica per gli oneri sociali, ovvero i contributi a carico delle imprese, e per il costo del lavoro (la somma delle prime due voci). C'è però da notare che da due anni a questa parte gli oneri sociali crescono più velocemente dei salari lordi, a conferma di una disperante staticità dei redditi da lavoro dipendente a fronte di un'inflazione sempre superiore.
E' inconstestabile che sia in atto da tempo una redistribuzione della ricchezza globale prodotta nel nostro paese, ma tutta a scapito del lavoro dipendente e a favore non solo del profitto (industria e servizi), ma anche del commercio, della speculazione edilizia e dell'evasione fiscale (premiate anzi dai condoni).
Centro di documentazione e lotta - Roma
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