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(17 Novembre 2010) Enzo Apicella
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La solitudine dei numeri primi

Spontaneità e organizzazione nella "macchina culturale" a propellente umano

(8 Ottobre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.culturainlotta.altervista.org

“Le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per il tempo restante.”
Paolo Giordano, dal libro “”

All'inizio fu il caos. Le cellule non riuscivano a comportarsi neanche come colonie di batteri che si muovono in modo univoco, non ancora coordinato, in seguito si misero spontaneamente in moto processi di autorganizzazione che cominciarono a dare forma alla materia...

No, non stiamo parlando dell'evoluzione della vita ma della storia di una vertenza sindacale sul Pianeta Terra, Europa, Italia, Venezia, sestiere di Castello, Biennale, anno del Signore 2010.

Tutto cominciò con la firma di un accordo siglato all'insaputa dei lavoratori da CGIL, CISL, UIL e Fondazione la Biennale di Venezia in data 24 maggio 2010 per lo svolgimento della 12a Mostra Internazionale di Architettura e della 54a esposizione d'Arte. L'accordo in questione sanciva una drastica riduzione del personale stagionale e del monte ore complessivo.

In seguito, grazie alla mobilitazione dei precari l'accordo viene disdetto. La CGIL annuncia sui giornali il ritiro della firma e protesta virtualmente contro il taglio del personale stagionale.

La decisione è presa dopo un'infuocata assemblea dei lavoratori che mette in evidenza come l'accordo tradisca intese precedenti. Ma l'intreccio di interessi che sta dietro alla “macchina culturale” si prende la rivincita. Dopo due mesi di assemblee e iniziative coordinate, i lavoratori si trovano di fronte a un secondo accordo: la Mostra sta per cominciare, la Biennale sa benissimo con che sindacati ha a che fare e non transige, la CGIL spinge infine i lavoratori ad accettare un'intesa che è praticamente la fotocopia di quella disdetta. L'intervallo era soltanto servito a tenerli buoni e farli stancare. Dopo il pellegrinaggio delle sette chiese e le inconcludenti mozioni di solidarietà da parte del Consiglio Comunale (leggi qui) si arriva al 30 luglio e alla seconda sciagurata firma.

Nell'ultimo triste tavolo mediale in Comune le posizioni dei soggetti in campo sono queste:

Biennale: non si muove da quota 60 assunzioni e minaccia – in perfetto stile Marchionne – di disdettare l'accordo del novembre 2009 che contiene la “pianta organica” del personale prestante servizio durante la precedente stagione.
Sindaco: non prende posizione a favore dei precari e difende l'autonomia aziendale della Biennale, niente di cui stupirsi visto che lo stesso ricopre il ruolo di Vicepresidente della Fondazione.
CGIL: dopo aver spinto i lavoratori ad accettare due micidiali referendum sul numero dei lavoratori da tagliar fuori, accetta di firmare un accordo che dimezza la “pianta organica” dei prestanti servizio e taglia giorni e ore di lavoro.
Lavoratori: la maggioranza dei presenti, stanca e spiazzata dal comportamento della CGIL e del Comune, accetta l'aut aut aziendale; qualcuno si oppone, altri tentennano, alcuni promettono la continuazione della mobilitazione una volta rientrati in servizio. Un esponente della cosiddetta sinistra della CGIL di Venezia interpellato dal Coordinamento in merito ai referendum così si esprime:

“Quello che posso affermare con assoluta certezza è che nessun licenziamento può essere sottoposto a referendum. Qualsiasi burocrazia sindacale che sottopone a referendum licenziamenti e diritti inalienabili dei lavoratori evidenzia la sua natura al servizio del padronato (quello che hanno fatto Cisl, Uil, Ugl e Fismic a Pomigliano). Tra l'altro una azione di questo tipo sarebbe in contrasto con lo stesso Statuto della CGIL.”

Peccato però che alle parole non seguano i fatti e la “sinistra sindacale” continui a non prendere posizione pubblica sulla incresciosa faccenda.

Da segnalare che il Comune, probabilmente imbarazzato per il ruolo pilatesco tenuto durante tutta la vertenza, prospetta ai lavoratori l'apertura di un “tavolo permanente” per risolvere il problema dei lavoratori della cultura attraverso un “programma di formazione e riqualificazione professionale degli addetti ai servizi di guardiania”. Sulla stampa locale si parla della creazione di un “bacino di risorse professionali per le esigenze degli enti culturali della città”.

Ad oggi, questo “tavolo” resta un miraggio e le poche notizie che si hanno sono alquanto confuse, nel frattempo la 12a Mostra Internazionale di Architettura è cominciata nel segno del peggioramento della già precarie condizioni di lavoro (vedi questione “sicurezza”). Come se non bastasse, scopriamo che dal 5 ottobre la Fondazione decide di tenere aperti i martedì presso la sede espositiva dell'Arsenale e avvia, tramite l'agenzia interinale Adecco, l'assunzione di una ventina scarsa di precari che lavoreranno un solo giorno a settimana per un totale di sette giorni di qui a fine Mostra. Di fronte al consolidamento del sistema di precarietà suonano alquanto stonate le dichiarazione della CGIL:

“La risoluzione delle vicende dei lavoratori delle Portinerie di Ca’ Foscari e dei lavoratori precari della Biennale – afferma Roberto Montagner, segretario generale della Camera del Lavoro di Venezia - si configurano come un importante precedente che segna una linea di indirizzo da consolidare. Questo modo di operare contrasta il tentativo di destrutturare la qualità del lavoro e del servizio che è garantito dai lavoratori di Venezia, una realtà culturale universalmente riconosciuta.”

In quanto Coordinamento dei Lavoratori della cultura in Lotta, tra mille difficoltà, abbiamo cercato di contrastare questi processi denunciando pubblicamente l'operato dei vari soggetti istituzionali e appellandoci alla solidarietà di classe.

Lo sappiamo, è difficile porre un argine forte di fronte ad un mondo del lavoro che conta – solo in Italia – parecchi milioni di precari e quasi tre milioni di disoccupati, ma solo con l'unità dei lavoratori possiamo evitare la rapina del nostro futuro. Per questo non ci stanchiamo di chiamare gli operatori della cultura alla mobilitazione per la garanzia di una salario continuativo, per un accordo che sancisca la stabilizzazione di tutti i precari, per contrastare lo sfruttamento di figure sottopagate come i mediatori culturali e gli stagisti.

Infine, per combattere la “guerra tra poveri” che viene abilmente innescata da coloro i quali vogliono tarparci le ali.

L'alternativa è scappare, o spegnersi, un poco ogni giorno, sottomettersi allo stato di cose presente. Noi non vogliamo essere costretti ad andare altrove né spegnerci lentamente. Non vogliamo essere messi l'uno contro l'altro, non vogliamo rimanere soli, divisi da un contratto. Non vogliamo essere trattati come merce “usa e getta”. Al silenzio dell'indifferenza preferiamo fare rumore, pretendere quello che ci spetta.

Alla solitudine dei numeri primi preferiamo metterci insieme, parlare e soprattutto fare. Fare movimento, per farci ascoltare. Fare politica, per andare oltre la rabbia e costringerli – tutti – a cambiare direzione.

E' questo quello che dobbiamo ricominciare a fare questo autunno: ritrovarci, studenti senza futuro, lavoratori senza presente, sfruttati di ogni tipo e di ogni colore, autorganizzarci e irrompere sulla scena politica.

Per quanto riguarda i precari della Biennale, non c'è nulla di particolare da inventare, basta riflettere e continuare nella direzione tracciata dallo sciopero dell'anno scorso:

“Quella in Biennale rappresenta una tipica situazione "postmoderna" di lotta a carattere sindacale: lavoratori precari del settore della cultura a Venezia per lo più giovani e senza esperienza sindacale, una selva di contratti a termine, posti di lavoro non concentrati, difficoltà a collegarsi con altri lavoratori con gli stessi problemi e con lavoro analogo, interessi trasversali tra agenzie ed enti committenti. Ma dimostra che anche in sistemi assurdi e caotici i lavoratori possono lottare con successo. Questa è la grande lezione della nostra Lotta!
E non siamo soli: la nostra situazione di precarietà coinvolge ormai circa sei milioni di lavoratori in Italia ed è destinata a generalizzarsi all'intero mondo del lavoro. La vertenza in Biennale mostra quindi come sia possibile impostare, nonostante l'estrema difficoltà di unione e comunicazione tra lavoratori "atipici", un'azione rivendicativa apparentemente senza sbocco: quando germi di polarizzazione sociale cominciano a generarsi e a dar luogo ad un'embrionale rete di comunicazione spontanea, diventa fattibile sia organizzare un primo sciopero sia arrivare, grazie al collegamento con altre realtà lavorative, all'idea di un Coordinamento fra lavoratori nelle stesse condizioni.”

Coordinamento dei Lavoratori della Cultura in Lotta

Fonte

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