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(15 Maggio 2011) Enzo Apicella
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Bruciano le moschee in Palestina!

(8 Ottobre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Dispaccio Ansa da Tel Aviv (4 ottobre 2010): “Torna a divampare il fuoco dell’odio in Cisgiordania, dove un incendio appiccato nella notte in una moschea di Beit Fajjar, un villaggio palestinese a sud di Betlemme, ha riacceso oggi la protesta dei Palestinesi contro le violenze dei coloni israeliani ultrà. Il rogo, che rischia di contribuire a mandare in fumo anche ciò che resta delle speranze negoziali, è stato denunciato stamattina dall’agenzia palestinese Maan, che ne ha subito attribuito la responsabilità a un gruppo di coloni della zona. Un portavoce militare israeliano ha riconosciuto la gravità dell’accaduto e annunciato un’inchiesta approfondita.

Secondo la gente del posto, il raid sarebbe stato compiuto da almeno sei persone, che hanno tracciato scritte offensive sui muri dell’edificio, che poi hanno dato alle fiamme, prima di dileguarsi a forte velocità a bordo di una Peugeot. Un abitante del villaggio, Muhammad Taqatqa, ha riferito che gli aggressori hanno bruciato per sfregio almeno 15 copie del Corano. E che il fuoco ha distrutto l’impianto elettrico e danneggiato alcune colonne portanti del luogo di culto, rendendolo inagibile.

Un leader dell’insediamento ebraico più vicino, Shaul Goldstein, ha cercato di minimizzare la portata dei fatti. Ma la polizia e l’esercito israeliano hanno promesso indagini accurate, mentre un portavoce militare ha ammesso che si è trattato di “un episodio molto grave”.

Questo “episodio molto grave” avrebbe dovuto avere grande risonanza nella stampa nazionale, nei radio- e telegiornali. A mio parere, questo incendio non ha avuto la dovuta rilevanza. Pensiamo al putiferio che sarebbe occorso se, in qualche parte del mondo, fosse stata data alle fiamme una sinagoga. Eppure il gesto aggressivo ha una matrice intensamente razzista e nazi-fascista. L’incendio dei luoghi di culto degli Ebrei era prerogativa dei nazisti e dei fascisti. Un solo esempio: nella mia città, a Padova, la vecchia sinagoga nel ghetto è stata devastata a colpi di bombe a mano dalle Camice nere.

I mezzi di informazione sono poco propensi a denunciare questi avvenimenti, perché così verrebbe smascherata la vera natura dello ”Stato degli Ebrei”, che indebitamente si è appiccicato l’etichetta di “Stato democratico”, unico nel Medio Oriente, quando nella realtà è un’entità statuale che ha reso un martirio la vita dei Palestinesi con vessazioni, soprusi, illegalità, confische di terre, che la comunità internazionale dell’Occidente finge di non vedere, anzi è tutta schierata dalla parte degli oppressori.

Eppure la vicenda di un incendio di una moschea non è la prima del genere. Solo da dicembre sono almeno quattro le moschee profanate in Cisgiordania, senza contare gli incendi delle coltivazioni o altri attacchi e rappresaglie trasversali nei confronti di bersagli palestinesi.

È inoltre di pochi giorni fa la minaccia sollevata da una frangia di coloni dell’insediamento di Yitzhar, uno dei covi di questi oltranzisti, contro altre due moschee nei pressi di Nablus, indicate come abusive e delle quali è stato intimato l’abbattimento.
Secondo il ministro palestinese per le Questioni religiose, Muhammed Ayish, l’incursione di Beit Fajjar “rientra in uno scenario consolidato e rappresenta una sorta di messaggio dei coloni al governo israeliano, governo che tiene bordone alla lobby degli insediamenti. L’attacco di queste ore fa parte d’una campagna contro tutto quanto è palestinese. Israele risponde nei fatti ai tentativi di pace con gli incendi, con la pulizia etnica ebraica dei territori occupati, la colonizzazione più spinta e la confisca di terre”.

Queste durissime espressioni illuminano il quadro degli asfittici tentativi della comunità internazionale – in primis dell’emissario Usa, George Mitchell – di ridare ossigeno ai colloqui diretti fra il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, e l’ex presidente dell’Autorità nazionale palestinese (ANP), Abu Mazen, strozzati dopo meno di un mese dalla mancata proroga del rallentamento edilizio nelle colonie in Cisgiordania.

Per assumere autorità e dignità, la comunità internazionale dovrebbe imporre l’abbattimento degli insediamenti abusivi e non rincorrere proroghe, mai osservate, e ridicolmente auspicate di 60 giorni, secondo l’ultima sollecitazione della Casa Bianca!

Infatti l’ultranazionalista Avigdor Lieberman, ebreo moldavo, ministro degli esteri di Israele, ribadisce la ferma opposizione a qualunque prolungamento della moratoria nelle colonie, ed è risoluto nell’assicurare il veto della maggioranza dell’attuale coalizione a un ipotetico “accordo definitivo” con l’ANP fondato sui confini del ’67, con scambi di territori limitati al… 3-4% del totale.

Questo Liberman si erge a paladino del suo “Stato Ebraico”, tanto democratico, da considerare i suoi cittadini Arabi come cittadini con scarsi diritti, come intrusi, possibilmente da espellere o da gestire in regime di apartheid. E costui, da vero nazista, tiene sotto controllo un campo di concentramento a cielo aperto, la Striscia di Gaza, contenitore di un milione e mezzo di esseri umani, con modalità esecutive da effettivo “pogrom”.

I Palestinesi di Gaza non possono ricevere aiuti, i soccorritori rischiano la morte e muoiono per mano dei democratici sionisti, e i sionisti italiani, domani giovedì 7 ottobre, si ritroveranno alla maratona oratoria “Per la verità. Per Israele!” organizzata a Roma dalla colona Fiamma Nirenstein. Di quale verità va cercando questa onorevole (del PDL) signora?

Analizziamola per bene questa verità, utilizzando il documento di stigmatizzazione della maratona messo in diffusione il 5 ottobre dalla Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese:

“La verità va affermata. È giusto. Ed allora diciamola: non è vero che Israele ‘può essere sicuro di venire condannato dalle istituzioni, in particolare dalle Nazioni Unite, e dalla stampa internazionale qualunque cosa faccia”, come ha affermato l’on. Fiamma Nirenstein durante la conferenza stampa di presentazione della manifestazione. (…)

Israele è condannato dall’opinione pubblica e dall’ONU perché:

- si è impadronito, con le guerre e la colonizzazione, del 92% della Palestina storica contro il 54% che le era stato assegnato dall’ONU nel 1948;

- nell’operazione “Piombo Fuso” ha impiegato armi non consentite e le ha impiegate soprattutto contro la popolazione civile provocando, secondo l’organizzazione non governativa israeliana “B'Tselem”, 1387 morti (773, di cui 320 minorenni e 111 donne, non avevano preso parte al conflitto) e circa 5000 feriti;

- mantiene sotto assedio la Striscia di Gaza e l’assedio è illegittimo, come hanno dichiarato l’Alta Commissione dell’ONU per i Diritti Umani, il Comitato della Croce Rossa Internazionale, il Comitato Internazionale dell’Ordine degli Avvocati;

- si è annessa Gerusalemme Est subito dopo la guerra dei 6 giorni del 1967 e si sta impadronendo delle case dei Palestinesi per far posto ai coloni ebrei in nome della pretesa che Gerusalemme sia solo degli Ebrei, per diritto divino, indivisibile ed eterna;

- tiene sotto un regime di costanti vessazioni le popolazioni dei territori occupati, dove ha costruito il Muro dell’Infamia, che la Corte dell’Aia ha dichiarato illegittimo;

- trattiene in carcere senza processo, con semplici provvedimenti amministrativi migliaia di cittadini palestinesi.

Israele dunque viene condannato non per “qualsiasi cosa faccia”, ma perché viola continuamente il diritto internazionale e non rispetta la Carta dei Diritti dell’Uomo.
Si tratta però di condanne senza conseguenze, purtroppo, perché “qualunque cosa faccia”, gode di assoluta impunità: anche quando uccide nove pacifisti turchi indifesi sulla nave Marmara, e in acque internazionali dirotta la nave Irene, sulla quale si erano imbarcati Ebrei pacifisti e non imbarcati e pericolosi terroristi.
L’on. Nirenstein e “gli amici di Israele” lanciano accuse di antisemitismo a destra e a manca, fingendo di ignorare che anche i Palestinesi sono semiti, per cercare di nascondere sotto questa insulsa accusa la natura coloniale e razzista della politica dei governi israeliani.
Noi, che apertamente e convintamene appoggiamo la lotta dei Palestinesi, sappiamo che essa non mira a distruggere lo Stato di Israele, ma a liberare il popolo palestinese dall’occupazione, a difenderne l’identità e la cultura, a conquistargli la libertà.

Siamo solidali con i Palestinesi, come lo siamo con i Curdi, gli Armeni, i Rom, i Sinti e con tutti coloro che sono oggetto di discriminazioni e persecuzioni o lottano per la propria libertà, per il proprio diritto ad esistere e resistere, nella convinzione che la sicurezza di Israele, come di ogni altro Stato, non deriverà dall’impiego della forza, a maggior ragione se illegale, illegittima e di fatto impunita, ma dalla costruzione di una pace giusta per tutti.
Invitiamo tutti a riflettere su questi dati di fatto, su queste “verità”, in primo luogo “gli amici di Israele”, ai quali chiediamo di interrogarsi su un punto cruciale: per sostenere Israele, aiutare gli Israeliani e i Palestinesi a costruire le condizioni di una pace possibile e giusta, è produttivo difendere il governo israeliano a tutti i costi, sempre e comunque, o non è necessario condannare la sua politica quando è aggressiva e razzista?

E non si stravolgano i fatti: la Campagna Internazionale Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni, (BDS), che anche associazioni ebraiche appoggiano, non è una forma arbitraria di discriminazione, ma una forma di lotta non violenta contro la politica di apartheid del governo israeliano.
L’on. Fiamma Nirenstein non sopporta sentir parlare di apartheid, vorrebbe anzi che Nelson Mandela dichiarasse senza esitazioni che lo stato israeliano non la pratica; ma forse non sa che il Cosatu, (Congresso dei sindacati sudafricani), determinante nell’abbattimento del regime dell’apartheid in Sud Africa, è stato tra i primi ad equiparare all’apartheid la “politica” israeliana verso i Palestinesi, e partecipa attivamente alla Campagna BDS.
Noi appoggiamo questa campagna, come seguiamo con simpatia ed apprensione il viaggio dei tre convogli che via terra si stanno dirigendo a Gaza per rompere pacificamente l’assedio e soccorrerne la popolazione stremata; appoggiamo la “Conferenza delle Olive” a sostegno della resistenza popolare in Palestina, che si terrà il 19 Ottobre a Ramallah, presso il Centro della Mezzaluna Rossa Palestinese, ed auspichiamo (se ci fosse possibile lo pretenderemmo) che i contadini palestinesi che raccoglieranno le olive non siano oggetto dell’attenzione dei cecchini israeliani, che ancora quattro giorni fa hanno ucciso un inerme agricoltore novantenne mentre lavorava nel suo orto.
Le nostre, al fianco del Popolo Palestinese, sono forme di lotta non violenta e volte ad edificare le condizioni per la pace. Vorremmo che anche “gli amici di Israele” le considerassero e le apprezzassero come tali, cosa che solo l’adesione acritica ad un progetto razzista e coloniale può rendere poco evidente.”

Questo documento si basa non su impressioni, ma su dati e avvenimenti oggettivi. La Nirenstein non può negare queste verità e quindi, nel suo fanatismo, sproloquia di terrorismo palestinese, di Hamas come centrale del terrore, di Palestinesi e Arabi sempre pronti a gettare a mare i poveri Israeliani, senza mai entrare nel merito che il sionismo israeliano ha già costruito uno Stato confessionale, lo “Stato per tutti gli Ebrei del pianeta”, perché la Palestina è la Terra Promessa ai soli Ebrei, al Popolo Eletto a cui Dio ha concesso di scacciare tutti gli altri con la violenza, con il sangue e con il martirio.

I coloni israeliani hanno ripetutamente aggredito Palestinesi in Cisgiordania, occupata da Israele durante la guerra mediorientale del 1967. Mentre la polizia israeliana chiude un occhio di fronte ai ripetuti attacchi da parte di questi coloni armati, ai Palestinesi non resta altro che l’uso di telecamere come loro prima linea di difesa per registrare le aggressioni dei coloni e denunciarle al mondo.

I documenti visivi condannano Israele!

Vi sono oggi più di 450.000 coloni israeliani che vivono su terra presa ai Palestinesi nella Cisgiordania occupata, che comprende Gerusalemme est, infrangendo la legge internazionale.

I coloni a Hebron e nelle zone circostanti sono, secondo il giornalista israeliano Ran HaCohen, “degli estremisti fanatici persino per gli standard israeliani. Devastano regolarmente i negozi palestinesi, tagliano le linee elettriche e le tubature d’acqua, distruggono le macchine e attaccano gli scolari”. La violenza dei coloni verso i bambini in questi luoghi è un problema persistente. Nel 2004, la dirigenza palestinese locale ha chiesto l’assistenza delle organizzazioni internazionali per l’ accompagnamento a scuola dei bambini palestinesi, documentando i comportamenti aggressivi che devono subire da parte dei coloni e dei soldati di Israele. C’è qualcosa di profondamente sbagliato se i bambini palestinesi devono rischiare le loro vite solo per andare a scuola.

Ma anche su questo la Nirenstein controbatterà cinicamente, affermando che sono i bimbi di Israele ad essere sotto l’incubo del massacro da parte delle turbe arabe.

Allora, è arrivato il momento per i governi alleati di Israele di fare pressioni perché Israele domi il movimento dei coloni.
Sarebbe stato molto più efficace se Barack Obama avesse detto a Gerusalemme, o a Hebron, ciò che ha detto a Berlino: “I muri tra razze e tribù; nativi e immigrati; cristiani e musulmani ed ebrei non devono restare in piedi. Sono questi i muri che oggi dobbiamo abbattere”.

Paradossalmente, qui a Roma, si difendono a spada tratta gli atteggiamenti e i comportamenti di uno Stato aggressivo e razzista , mentre un piccolo ma importante gesto di riconciliazione in Cisgordania è avvenuto, che qualcuno ha voluto interpretare come una prova generale per la pace.

Ieri diversi coloni e rabbini ebrei si sono recati a Beit Fajjar, il villaggio vicino a Betlemme, dove lunedì sono state date alle fiamme la moschea e copie del Corano, e hanno regalato nuove copie del Corano ai Palestinesi.

Un’iniziativa nel nome del dialogo, segnata tuttavia da scontri e violenze tra l’esercito israeliano e manifestanti palestinesi, convinti che i coloni vogliano scatenare una guerra di religione.

Rabbini hanno visitato la moschea bruciata e attaccano: “Questo è un atto vile, che va contro anche alla Torah”.

Certo che doveva fare un certo effetto vedere una delegazione di rabbini provenienti dagli insediamenti condannare – dall’interno di un edificio religioso musulmano – la profanazione di una moschea. E, soprattutto, fare omaggio di decine di copie nuove di zecca del Corano, il libro sacro dell’Islam.

Dopo una serie di incomprensioni durate un giorno intero, la delegazione ebraica è riuscita a far visita al luogo sacro musulmano. Scortata comunque da soldati dell’esercito israeliano (che ha fermato il lancio di pietre contro le proprie pattuglie) e da poliziotti palestinesi, ma anche per nulla intimorita di dire quello che il momento chiedeva.

“Siamo qui per condividere insieme ai fratelli musulmani l’orrore che questo attacco provoca”, ha detto il rabbino Brin. “E per mettere in chiaro che questo non è il modo di comportarsi che indica la Torah, perché è un gesto moralmente sbagliato e offensivo. Noi non educhiamo così i nostri figli. E anche se con alcuni seguaci abbiamo avuto qualche frizione, l’Islam non è una religione ostile”. Confidiamo che riescano a comprendere che anche i Palestinesi laici sono persone che desiderano solo vivere in pace nella loro Palestina!

Di tutto questo, poco si è parlato nei nostri mezzi di informazione, e di questa disinformazione se ne fa scudo la colona, onorevole di destra nera, Fiamma Nirenstein per andare a concionare, domani 7 ottobre, sulla pubblica piazza romana, ispirata dai suoi miti e dalle sue leggende.

6 ottobre 2010

Curzio Bettio

Fonte

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