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(7 Aprile 2010) Enzo Apicella
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Contro la guerra torniamo nelle piazze e non muoviamoci più da lì.

(9 Ottobre 2010)

La notizia dell'ANSA è delle 8.59 di oggi, sabato 9 ottobre 2010, anno decimo della guerra d'occupazione dell'Afghanistan da parte delle potenze economiche e militari di tutto il pianeta: questa volta i morti sono italiani, sono quattro, mentre un quinto è in fin di vita.
Non sono perdite più o meno tragiche di quelle che da due lustri si stanno susseguendo in quel martoriatissimo paese; al contrario, chi là sta pagando il prezzo più caro in sangue e speranze di una vita degna -almeno un poco- di questo nome sono le genti che in quella terra sono nate e che da interi decenni non hanno più potuto condurre la loro esistenza in condizioni di pace accettabile.
Ma il fatto che le vite spezzate in queste ore -insieme a decine di altre a cui non pace, ma violenza della più feroce stavano portando- appartenessero al nostro paese, così mal governato da capi di governo di ogni origine e specie, ci impone di riprendere immediatamente il nostro posto contro quanto da troppi anni -e sempre di più- stiamo accettando come ineluttabile: la guerra d'aggressione, dovunque essa sia stata e sia condotta e sostenuta.
Ritorniamo, dunque, nelle piazze, nei palazzi del governo e delle amministrazioni, nei luoghi di lavoro a pretendere a voce alta e chiara il ritiro degli eserciti di occupazione -a partire da quello italiano- da qualsiasi paese essi stiano calpestando. Andiamo nelle strade e non muoviamoci più da lì in tanti, in pochi, da soli anche, al limite, e non spostiamoci più fino a che non tanto la Costituzione italiana sarà materialmente ripristinata -è dal 1991 che è stata stracciata, e nessun governo di qualsiasi colore ne ha più riaffermato il valore-, quanto si cominci a realizzare la dichiarazione dei diritti universali dell'uomo che al termine del più vergognoso ed inaccettabile dei conflitti umani fu accompagnata dal grido dei popoli del mondo: 'Mai più!' guerra, né genocidi. Ed aggiungiamo alle motivazioni delle manifestazioni dello sciopero generale della scuola del 15 ottobre e di quella nazionale dei metalmeccanici per la difesa dei dirtti dei lavoratori del 16 ottobre il rifiuto delle mortifere spese militari e di guerra per pretendere investimenti sociali vivificatori di esistenze e democrazia reale.

Brunello Fogagnoli

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