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Zuccotti Park

Zuccotti Park

(16 Novembre 2011) Enzo Apicella
New York. Il sindaco Bloomberg ordina: via da Wall Street. Sgomberato Zuccotti Park. 200 arresti

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(Lotte operaie nella crisi)

Lo strappo

Strade obbligate, ma diverse, per l’Europa, per i padroni, per i lavoratori.

(9 Ottobre 2010)

Lo spettro della perdita di peso occidentale nella ripresa post-crisi illumina il dibattito in corso tra statalisti americani e rigoristi europei.
Gli uni interessati ad uno stimolo pubblico ampio e prolungato ( 900 miliardi di dollari spesi nella fase piu’ acuta della crisi ed altri 180 previsti per rallentare l’indebolimento americano ), gli altri impegnati nella exit strategy a rimorchio della locomotiva tedesca per rientrare dai debiti statuali ( piano di austerita’ tedesco da 80 miliardi di Euro per il quadriennio 2011-2014 ).
Su questa linea di faglia si inscrive il tentativo occidentale di limitare i danni dello spostamento ad est del baricentro economico mondiale, dove Cina ed India, anche nei settori a valore aggiunto piu’ alto, conquistano sempre piu’ mercati.
In Europa, la stretta sul debito pubblico e la riscrittura dei sistemi di welfare sono la forma specifica della lunga battaglia per la riduzione di debito e spesa pubblica in tutti i paesi; a questo scopo e’ in atto un rafforzamento dell’architettura giuridico legale per la centralizzazione delle decisioni continentali e per l’aumento dei vincoli di controllo e spesa ( stabilendo quote di deficit non superabili e sanzioni conseguenti etc. ).
L’Eurogruppo trova nel rafforzamento del proprio processo unitario di costituzione monetaria e politica la strada obbligata da percorrere per rispondere alle sfide dell’internazionalizzazione capitalista, alla moltiplicazione dei competitors, all’indebolimento relativo dell’intera area occidentale.

Un mondo cambiato obbliga i padroni a cambiare regole, normative e costituzioni.
Essendo un mondo diviso in classi internazionali, chi ha la peggio e’ la classe sfruttata, che paga il costo della crisi cosi’ come quello della ripresa.
Mentre in Asia il proletariato conquista ed impone con la lotta le basi di un suo prossimo diritto del lavoro, in occidente i lavoratori subiscono passivi i colpi della ristrutturazione, opponendovi al messimo iniziative scoordinate, individuali, disperate.
A sviluppo ineguale, a crisi e ripresa ineguale, corrisponde una forma ed una sostanza della lotta operaia ineguale e con diversi risultati.
In occidente, il disarmo di classe parla il linguaggio della partecipazione azionaria in America, quello della integrazione sindacale di stato in Europa, ed in Italia.
Conquiste e diritti frutto di lotte pluridecennali vengono cassate in onore a nuove regole piu’ adeguate alle necessita’ imposte da una competizione sempre piu’ crudele sul mercato mondiale.
E cosi’, dopo scala mobile, t.f.r., allungamento pensionistico, e’ arrivato il momento di incidere sul contratto nazionale, che da rigido ed unico diventa flessibile, trasformandosi in “ intesa modificabile”( art.4bis ).
Alla scuola dei bidoni contrattuali nei trasporti aeroportuali e ferroviari e sulla scia della fabbrica Italia di Marchionne, e dopo la disdetta confindustriale del contratto metalmeccanico, si formalizzano e generalizzano le intese in “deroga”.
In soldoni, sono in corso di applicazione accordi aziendali specifici su turni, orari, misure antiassenteismo e diritto di sciopero, a cura di federmeccanica e fim-cisl e uilm-uil.

I padroni ed i due porcellini escludono dal loro infame accordo gli scatti di anzianita’ ed il minimo salariale ( peraltro fermo da anni ed internazionalmente stabilito ).
L’accordo, ci racconta il moderno triumvirato padronal sindacale, e’ l’unico in grado di garantire da nuove delocalizzazioni, incentivando gli investimenti.
Tutte le “intese modificabili” sono impostate secondo il principio del silenzio-assenso: se dopo 20 giorni dalla stipula nessuno solleva obiezioni diventano operative.
Per chi non le rispetta, sanzioni, multe, reparti confino, licenziamento.
A questo misfatto si “oppone” la fiom, comunque firmataria nel decennio passato di circa 12.000 accordi in deroga insieme alla sua grande mamma c.g.i.l., che parla di “strappo democratico gravissimo “, unendo al solito lessico estremista e parolaio l’attuale tentativo di regolazione di conti e di riequibrio dopo il recente, deludente, risultato congressuale interno c.g.i.l..
Si conferma, per la c.g.i.l., lo sperimentato ruolo bifronte che da un lato continua a chiedere una presenza “ di livello” ai tavoli negoziali, dall’altra svolge il ruolo sostitutivo di una opposizione che non c’e’, delegando alla f.i.o.m. l’uso e l’abuso della mitologia della piazza, tanto retorico quanto inefficace.
In questo pantano, l’assenza di una organizzazione autonoma di classe disarma i lavoratori gia’ oggettivamente in difesa, li espone alla sfiducia, allo scoramento, alla disperazione, a forme di ribellione tanto eclatanti quanto momentanee e singolari, facilitando ogni interessato utilizzo e strumentalizzazione.

Se e’ vero come e’ vero che la ripresa dopo la crisi costringe i lavoratori ad ingoiare piu’ rospi che nel passato, riducendoli ad accettare la nuova schiavitu’ salariata come il male minore, e’ vero anche che, dentro la crisi, molte mitologie del passato sono cadute definitivamente, lasciando spazio ad un processo di chiarificazione dei reali rapporti di forza in gioco.
L’”accomodamento” sociale figlio del welfare e del compromesso socialdemocratico del dopoguerra viene demolito ogni giorno di piu’, sotto i colpi della compressione globalizzatrice, lasciando nude le contraddizioni di classe.
La societa’ della politica blatera sull’oltrepassamento costituzionale, sullo snellimento statuale, sull’adeguamento e sull’allegerimento di sistema in ossequio ai vincoli Europei, mentre prepara l’ennesima, inutile, kermesse elettorale, dove ognuno recita la propria parte, tra trasformismi, riciclaggi, ripescaggi, resurrezioni, ed, in ultimo, toghe e grilli parlanti recuperatori del dissenso di massa astensionista.
Gli operai sono soli nella “societa’ civile”.
Di loro si parla, poco e male, solo quando muoiono, o, pacificamente, fanno spettacolo.
E’ il frutto della loro disorganizzazione.
Devono capirlo, e lo stanno capendo.
A fronte della resurrezione di novelle teorie sul “patto dei produttori” fautore di una nuova coesione sociale, i lavoratori devono lottare per la rottura sociale, contro tutti i patti, per uno strappo di classe che abbia come base la possibile costituzione di una propria organizzazione politica, separata ed indipendente.
Dentro la crisi, questa possibilita’ sta andando oltre l’ipotesi ed il dibattito, muovendo i suoi primi passi operativi e concreti.

C O M B A T
commissione lavoro

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