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Iraq: terzo nel mondo per riserve petrolio

Su questa enorme risorsa però hanno le mani le grandi compagnie petrolifere internazionali. Baghdad riuscirà a realizzare il piano di sviluppo da 186 miliardi di dollari approvato a luglio?

(10 Ottobre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Roma, 10 ottobre 2010, Nena News - L’Iraq è il terzo paese al mondo per riserve di greggio. Secondo quanto riferisce il settimanale economico online «MenaInfra», nuove esplorazioni geologiche e calcoli effettuati dagli esperti hanno permesso di accertare che l’Iraq possiede riserve maggiori di quelle, già enormi, dell’Iran. E’ una risorsa eccezionale per un paese gravemente colpito (tra il 1980 e il 2003) da tre guerre distruttive, con gravissimi problemi infrastrutturali, ancora sotto occupazione americana e che proprio dall’estrazione ed esportazione del petrolio riceve il 95% delle sue entrate.

Stando a quanto ha riferito il ministro del petrolio Hussein al-Shahristani, l’Iraq nei prossimi anni sarà in grado di estrarre 143,1 miliardi di barili di greggio contro i 115 stimati in precedenza (altri 33 miliardi invece non sono estraibili). I nuovi calcoli, ha aggiunto il ministro, pongono l’Iraq al terzo posto nel mondo, dopo Arabia saudita e Venezuela e avanti all’Iran, per riserve di petrolio. Sono 66 i giacimenti iracheni, sette dei quali di dimensioni gigantesche (solo quello di Qurna Gharbieh include 43 miliardi di barili di petrolio, è il secondo nel mondo), situati per il 71% del sud del paese, 20% nel nord e 9% nel centro.

Ruba al Hussari, direttrice di Iraqoilforum.com, sottolinea che l’annuncio fatto dalle autorità irachene avrà un impatto sulle quote di produzione stabilite dall’assemblea dell’Opec (che riunisce gran parte dei paesi produttori e che proprio quest’anno ha celebrato il suo 50esimo anniversario) che, aggiunge al Hussari, non mancherà di valutare con attenzione i criteri e le tecnologie utilizzate per accertare l’entità delle riserve irachene. L’annuncio giunto da Baghdad tuttavia non ha sorpreso gli esperti che hanno sempre ritenuto sottostimate le potenzialità irachene a causa delle rare esplorazioni effettuate durante l’era del presidente Saddam Hussein.

A questo punto è lecito attendersi una richiesta irachena in sede Opec di una maggiore quota di produzione, così come è certo che Baghdad proverà ad incrementare subito le sue possibilità di esportazione del greggio. Il mese scorso Iraq e Turchia hanno firmato un accordo per allungare di altri 15 anni il suo diritto all’uso dell’oleodotto di Ceyhan. Baghdad ha anche sottoscritto un’intesa con Damasco per la costruzione di due oleodotti che dovranno raggiungere il Mediterraneo. Mosse che dovrebbero assicurare nei prossimi anni all’Iraq l’esportazione quotidiana di 10 milioni di barili di petrolio.

L’enorme ricchezza - ma poco ecologica – custodita dalle viscere del territorio iracheno tuttavia non è solo nelle mani dello Stato ma anche in quelle di alcune grandi compagnie petrolifere giunte nel paese dopo l’attacco angloamericano del 2003 - tra le quali BP, Exxon Mobil, China National Petroleum - che stanno realizzando profitti altissimi da riserve destinate ad esaurirsi solo tra molti anni. Per L’Iraq, paese a sovranità limitata, corrotto, controllato dagli Usa (ma anche dall’Iran) e con enormi problemi di stabilità e sicurezza interna, sarà perciò una impresa ardua attuare il piano di sviluppo da 186 miliardi approvato lo scorso luglio, garantirsi la crescita annuale del 9% programmata dal governo uscente (in modo da generare 3,5 milioni di posti di lavoro) e cominciare a costruire una economia non più dipendente dal petrolio.

I problemi da affrontare sono enormi. La produzione di energia elettrica non supera quella del 2003 – i blackouts quotidiani durano fino a 16 ore - e una fetta significativa di popolazione non ha accesso all’acqua. Nel 2004 solo il 73% degli iracheni nelle aree urbane e il 43% di quelli delle zone rurali erano collegati alla rete idrica. Negli ultimi anni sono stati fatti passi in avanti. Un progetto finanziato internazionalmente ha permesso ad altri due milioni di iracheni di poter finalmente contare su 700mila metri cubi di acqua al giorno. Ma sono ancora tanti i cittadini senza acqua potabile e accesso alle rete fognaria. Per un iracheno è più facile riempire un barile petrolio che un bicchiere d’acqua. (red) Nena News

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