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Sciopero generale, legge 30, contrattazione

(28 Ottobre 2003)

Lo sciopero generale è caduto proprio nel medesimo giorno in cui è entrata in vigore una delle più nefaste leggi che nella storia della repubblica i lavoratori abbiano dovuto subire: la controriforma del mercato del lavoro, ora contenuta nel decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276. E' stata l'occasione di una prima forte protesta di massa contro il padronato che ha voluto questa legge, contro il governo e i sindacati collaborazionisti; segna l'inizio di una lotta che deve condurre non a una più o meno parziale revisione della legge, ma tout court alla sua cancellazione. Perchè nei suoi contenuti costituisce un salto di qualità, per ostilità nei confronti del sindacato e in violazione della dignità dei lavoratori. Per sintetizzare le direttive del provvedimento, da una parte sta lo svilimento del ruolo contrattuale del sindacato, dall'altra sta l'insieme delle disposizioni destinate alla disintegrazione del tessuto produttivo, e ancora da un'altra l'insieme delle disposizioni che introducono nuove forme di flessibilità, nelle quali non è neanche più possibile parlare di lavoro, anche se precario, ma piuttosto di attesa di lavoro, di totale dipendenza personale: in cambio di due soldi, la così detta indennità di disponibilità.

E poi, per questa legge, della contrattazione se ne può fare anche a meno: tant'è che se il sindacato decidesse di non voler contrattare questa stomachevole flessibilità, sarà il ministro del lavoro a provvedere in sua sostituzione, secondo una costante del provvedimento, che richiama il sistema corporativo.

Oppure, se non dovesse esservi contrattazione, in altri casi, fa lo stesso, perché in sua sostituzione saranno il datore di lavoro e il lavoratore a decidere tra loro. Come nel caso delle clausole elastiche o flessibili (riferibili alle variazioni dell'orario o del turno di lavoro) del part-time, per le quali, con tanta ipocrisia, con una mano sembra darsi gran spazio alla contrattazione, ma poi, con l'altra lo si riprende, per la semplice ragione che i datori di lavoro si guarderanno bene dal contrattare a livello sindacale quando sanno che, a livello individuale, dove le possibilità di ricatto sono infinite, hanno assai maggiori convenienze.

Su un terzo fronte, forse il più grave, si son voluti colpire sindacato e lavoratori: quello costituito dalla possibile combinazione della somministrazione di lavoro, dell'appalto di mano d'opera e della possibilità di trasferimento di unità produttive aziendali, secondo una nuova disciplina che rende tutto più facile per l'impresa. Con la somministrazione di lavoratori, per ogni esigenza produttiva, organizzativa e ovviamente sostitutiva, da parte di agenzie ad hoc costituite, le imprese possono prendersi da fuori, senza instaurare propri rapporti di lavoro subordinato, lavoratori già in qualche modo organizzati o da organizzare; altrettanto può farsi affidando in appalto ad un capo squadra di lavoratori, da lui dipendenti, lavori che fanno parte dell'attività aziendale; terzo tassello, il trasferimento ad altre imprese, delle quali magari si abbia il controllo, di parti o unità produttive aziendali. E' questo il sistema, ora congegnato dalla legge, per separare il lavoro dall'impresa, per dare alle imprese la possibilità di realizzare «il sogno» di una fabbrica senza lavoratori propri; per togliere diritti e garanzie ai lavoratori e sopratutto per rendere la vita difficile al sindacato.

Sulle nuove flessibilità, altro pilastro della legge, pare sufficiente citarne alcune per rendersi conto di cosa siano: lavoro intermittente (il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro per fare lavori discontinui o saltuari), lavoro ripartito ( un medesimo lavoro svolto da due lavoratori), lavoro a tempo parziale (si è già detto con turni mutevoli nella durata e nella collocazione temporale); poi la nuova destinazione dell'apprendistato, anche per l'acquisizione di un titolo di studio di livello secondario o universitario, con buona pace dell'istruzione scolastica e grande gioia della Moratti. L'idea di contrattare, anche se la legge prevede la possibilità di contrattazione separata, e quindi la possibilità per la Cgil di evitare una contrattazione di puro e semplice sostegno alla legge, questi livelli di precarietà del lavoro, è dura a digerirsi: semmai il nostro «sogno» è che i giovani lavoratori, ai quali sono destinati questi tipi di lavoro, anche se pressati dal bisogno, decidano di ribellarsi, di rivoltarsi contro questo sfruttamento: preparare questo momento è un impegno primario del sindacato nella lotta al lavoro precario.

Da subito dobbiamo impedire che la legge si consolidi, con la lotta perché essa fallisca, con prassi contrattuali che affermino, invece, il diritto alla stabilità del lavoro. Senza aspettare e senza troppo sperare che un altro governo intervenga con sostanziali modifiche o per abrogarla: questa storia della precarietà è iniziata prima, sua madre è il centrosinistra.

Centro di documentazione e lotta - Roma

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