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Quando anche i ricchi piangono: ribellarsi è giusto ... ma per chi ?

(17 Ottobre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Uno spettro s’aggira per l’Europa, ma anche gli Stati Uniti non se la passano meglio. Più che la miseria, sembra la paura a irrompere sullo scenario. In America, dove milioni di persone hanno perso la casa, dove i giovani non riescono a trovare un lavoro e i cinquantenni licenziati non lavoreranno più,(1) sono paradossalmente proprio i finanzieri, le cui aziende erano state risistemate con il danaro dei contribuenti, ad infuriarsi per la proposta che il prezzo da pagare per l’operazione di salvataggio debba includere una limitazione temporanea dei bonus, e a paventare che le riduzioni d’imposta stabilite da Bush vengano ora riportate ai livelli di tassazione dell’era Clinton. Il miliardario Stephen Schwarzman paragona la proposta di Obama (soppressione della nicchia fiscale di gestori di fondi come il nostro miliardario) all’invasione della Polonia da parte di Hitler.(2) È quello che il New York Times ha definito «il lamento dell’1%», che è quanto pesano i ricchi sulla popolazione. Dopo avere a lungo giustificato i loro privilegi fiscali con l’idea che, riducendo la pressione in cima alla piramide sociale, ciò avrebbe aiutato il cittadino medio, e che la prosperità si sarebbe riversata a cascata sulla popolazione, oggi si lamentano e ringhiano se aumenta l’imposta fondiaria sulle loro case di lusso o il prezzo delle scuole d’élite per i loro rampolli. Prima di considerare l’andamento del debito dei paesi OCSE negli anni scorsi, in milioni di $, riassunto fino al 2008 nel grafico, occorre premettere che nel frattempo esso è aumentato

(3)

Paesi OCSE in rapporto al mondo

Come avevamo anticipato in precedenti newsletter,(4) il futuro della crisi si avviterà sempre di più intorno al problema della svalorizzazione dell’enorme bolla di capitale fittizio e a quello di un nuovo livello del saggio di profitto accettabile per estrarre nuovo plusvalore, sostanza fresca che dovrà colmare l’enorme vuoto d’aria fritta su cui si reggeva fino al 2008 tutta l’economia mondiale articolata intorno al colossale indebitamento della superpotenza americana,(5) che a sua volta induceva un indebitamento privato che ha raggiunto livelli record sfociati nella crisi immobiliare USA e poi dei subprime e infine nei crolli bancari a catena in tutto il mondo capitalista. Contrariamente alle periodiche iniezioni psicologiche di ottimismo sulla fine della recessione e sulla ripresa, seguite a ondate dopo i salvataggi delle banche, e messe in atto dai responsabili politici dei governi occidentali, questo processo di riadeguamento del saggio di profitto non è ancora iniziato, e le misure che si succedono nella direzione del salvataggio delle banche prima e della riduzione dei deficit statali, non sono da considerare che come misure tampone che lasciano intatto il connotato e le premesse oggettive di questa crisi come una crisi di non riproduzione del capitale sociale complessivo.

Ma guardiamo cosa accade da noi. Per avere un’idea di quale sia il livello di questi finanzieri arrabbiati, basti considerare Profumo che se ne va da Unicredit con la bellezza di 40 milioni di Euro di buonuscita, e ne offre due in beneficenza, bontà sua, addolcendosi in tal modo la pressione fiscale. Un lavoratore che percepisce una pensione minima lorda di 600 euro non ce la fa neppure a pagare il ticket sui medicinali e sulle visite mediche ed è evidente che per lui la riduzione della spesa pensionistica, dei sussidi di disoccupazione e in genere del welfare, sarà una mannaia insopportabile, e verrebbe da credere che ribellarsi sia l’unica legittima reazione allo scempio che si prepara. Ma sarà così?

Intanto gli «obbiettivi» di riduzione della spesa di vari Paesi dell’Unione Europea, corredati da un indurimento di sanzioni da parte della Commissione UE per i Paesi che non rispettano i limiti di bilancio, sono dati dalla seguente tabella:(6)

Obbiettivi % di riduzione del deficit
2009 2010 2011 2012 2013 2014
Portogallo 9,4 7 4,6 2,8
Spagna 9,3 6 3
Francia 7,7 6
Italia 5,3 3
Grecia 13,6 2,6
Irlanda 33 c.a 3 c.a

Aggiungiamo la Germania, le cui misure d’austerità raggiungeranno gli 80 miliardi di € entro il 2014 (nel solo 2011 saranno 13,2), 1/3 del cui ammontare riguarda il welfare e il mercato del lavoro (con soppressione di sussidi familiari e per disoccupati): previsti 15 mila tagli occupazionali nei dipendenti dello Stato federale. Le società dovranno rinunciare alle esenzioni d’imposta ecologica e ci saranno nuove imposte sul trasporto aereo.

In Francia è appena cominciata, annunciata da scioperi, la madre delle battaglie, sulle pensioni: entro il 2018, l’età pensionabile salirà dai 60 ai 62 anni. Salirà al 41% l’aliquota fiscale massima. Il 2011 sembra l’anno cruciale, con tagli di bilancio di 40 miliardi di € (di cui 15 da sospensione di aiuti alle imprese, 10 da facilitazioni fiscali, 7 da tagli nel pubblico impiego). Gli aumenti salariali congelati si aggiungono ai tagli all’occupazione e tagli nella spesa.

In Italia verranno congelati gli stipendi nel pubblico impiego (e ridotti quelli dei dirigenti) e sarà innalzata l’età pensionabile. Gli anni cruciali saranno il 2011 e 2012: 13 miliardi di € di risparmi dai comuni e regioni, mentre i ministeri dovranno tagliare la spesa del 10%.

In Spagna, la spesa statale dovrà scendere di circa l’8%. Il pubblico impiego vedrà ridursi i salari, la spesa sociale sarà tagliata.

In Grecia, continueranno i tagli agli stipendi nel pubblico impiego, con l’aggiunta dell’indennità di ferie e tredicesima, aumenteranno i tributi e l’IVA, le pensioni saranno congelate e l’età pensionabile aumentata. In aumento anche imposte immobiliari, e nuove licenze per giochi d’azzardo.

L’Irlanda, con il deficit più alto dell’area euro (1/3 del PIL nel 2010), per via dei debiti delle banche, ha il programma più rigido (v. tabella) e non saprà a che santo votarsi. Era uno dei paesi più «ricchi»!

Quanto al paese più «povero», il Portogallo, non si contano più le misure di austerità, tra cui i tagli occupazionali e salariali, le privatizzazioni, ma soprattutto gli aumenti di imposta anche sul reddito, a dispetto delle promesse elettorali. Gli scioperi e manifestazioni già si estendono alle principali città del Paese.

In Inghilterra, dopo che i laburisti avevano già intrapreso ad attaccare il welfare, riducendo drasticamente il sussidio di disoccupazione e quello per i genitori monoreddito, continuano i tagli dei liberal-democratici conservatori giungendo finora ad un 6% del welfare, ma con la prospettiva di tagliare dal 25 al 40% dei bilanci di tutti i ministeri. Nel mirino i sussidi per la casa, le spese per cure dei disabili, con la solita e ipocrita ideologia dei «falsi invalidi» (2/3 degli aventi diritto verrebbero a perderlo in tutto o in parte). Il 23% dei richiedenti diventerebbe «abile al lavoro». Naturalmente, sussidi come quello per il combustibile da riscaldamento per i pensionati, e il biglietto di viaggio gratuito per anziani e disabili sono in discussione. Il leader liberal Nick Clegg, membro di un governo che ha erogato miliardi di denaro pubblico per salvare le élite finanziarie, senza nascondere l’ipocrisia, sostiene che i sussidi sociali non devono essere un assegno gigante dello Stato per compensare i poveri per il loro disagio.(7)

Come reagiranno in prospettiva coloro su cui continuerà a pesare la crisi? Delle lotte per le pensioni in Francia si è accennato sopra. Finora abbiamo assistito alle generose mobilitazioni del proletariato greco, che continua la sua lotta nei trasporti, nelle ferrovie, contro i tagli occupazionali, i ridimensionamenti e le privatizzazioni, nonché tra i camionisti. In Spagna (con una disoccupazione ufficiale al 20%, il doppio della media UE) il 29 settembre si è avuto il 1° sciopero generale da otto anni (i sindacati parlano di un 70% di adesioni) contro i tagli alla spesa e le nuove normative che facilitano i licenziamenti, riducendone i costi. Lo sciopero ha paralizzato l’industria pesante e quella dei trasporti, ma ancor prima dello sciopero il sindacato ha garantito al governo i servizi minimi nei trasporti e in altri servizi. Scioperi anche in Portogallo, in Grecia, in Polonia e anche a Bruxelles (50 mila secondo la polizia, il doppio secondo i sindacati, provenienti da vari paesi, e con intervento della polizia che ha dovuto fermarne 218).(8)

Ma la faccenda non finisce qui, perché tutta l’economia-mondo è capitalista. In Cina per esempio comincia adesso la crisi immobiliare …. E i lavoratori cinesi, che già fermi non sono, come agiranno?

4 ottobre 2010

note:

1. PAUL KRUGMAN, http://contreinfo.info/article.php3?id_article=3062 .

2. Ivi

3. Fonte: http://www.faz.net/s/Rub09A305833E12405A808EF01024D15375/
Doc~EEAFCA89DD4E44E598AE576F3C13A78F6~ATpl~Ecommon~SMed.html

4. Cfr. Newsletter n. 3 del 4.01.09 (www.ponsinmor.info), n. 4 del 4.02. 2009, n. 8 del maggio 2009, n. 17 del giugno 2010.

5. Cfr. LOREN GOLDNER, Capitale fittizio e crisi del capitalismo, PonSinMor, Gassino Torinese, 2007; ID., L’immensa sorpresa di ottobre, http://www.ponsinmor.info/NewsLetter/GoldnerImmensaSorpresaOttobre.pdf

6 Fonte: per la tabella e per i dati successivi, Die Welt.

7 JORDAN SHILTON, UK coalition government attacks welfare benefits, in International Committee of the Fourth International (ICFI), 18 September 2010.

8 R. MINDER & S. CASTLE, Workers in Europe Protest Austerity Measures, New York Times, 29 settembre 2010.

Associazione Culturale 'PonSinMor'

Fonte

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