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Grazie Londra

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(27 Marzo 2011) Enzo Apicella
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    (Lotte operaie nella crisi)

    L'accordo al ribasso della Maflow

    (18 Ottobre 2010)

    Rispondo a Massimo Lettieri, delegato FLMU sull'accusa rivolta ad Operai Contro riguardo ad articoli di critica sull'operato della CUB ed in particolare a Montagnoli che secondo il delegato avrei diffamato.
    Inizio riconfermando le posizioni sugli articoli apparsi su Operai Contro telematico N° 762, 765, e 778, relativo alla Maflow, oltre a quelli scritti sul numero 131 di Operai Contro, con le relative critiche espresse a Montagnoli, quale principale responsabile dell'accordo ESAB che ha portato alla chiusura, e dell'accordo Maflow che lascia a casa 200 operai.
    Rileggendoli si può notare come l'accordo sia stato addirittura più negativo di come l'avevamo prospettato. Infatti il padrone venuto dalla Polonia ha ottenuto tutto quello che voleva rispetto alla iniziale sua proposta.
    Gli impegni di Montagnoli si sono rivelati solo fumo, sono stati completamente disattesi, ma sul contratto vero e proprio abbiamo già risposto.
    Lo scritto del delegato è semplicemente un riassunto della storia della Maflow per giustificare l'accordo che prevede l'abbandono di 200 operai. Oltre che una difesa da “subalterno” del suo funzionario Montagnoli, Lettieri sostiene che l’abbiamo infamato, mentre ho solo criticato la sua attività sindacale collaborazionista.
    Ma andiamo alle valutazione del delegato FLMU sull'accordo del 13 agosto.
    Partiamo dalle note positive: il delegato sostiene che la crisi che stiamo vivendo è dovuta ad una crisi di sovrapproduzione.
    Ci troviamo pienamente d'accordo, finalmente non siamo i soli a sostenere questa tesi; daToni Negri alla sinistra parlamentare, si parla invece di crisi finanziaria, non di capitale e con ciò di sovrapproduzione.
    Quest'ultima porta a criticare nella sostanza il capitale, e non a cercarne gli errori che qualche nazione avrebbe commesso, o qualche speculatore senza scrupoli avrebbe compiuto con operazioni non corrette.
    Oltre a questa affermazione, però, non troviamo altro da sottoscrivere.
    Intanto esprimiamo solidarietà agli operai della Maflow, ed accusiamo invece la CUB ed i suoi delegati di aver firmato un accordo che lascia a casa 200 lavoratori, un risultato che sottoscritto da Fim, Uil e Fiom, rappresenterebbe la conclusione naturale di un sindacalismo subalterno, ma sottoscritto dalla CUB, dal sindacalismo che si dice alternativo ci sembra una porcata, se non un vero e proprio cedimento alle necessità del padrone.
    Li accusiamo di aver firmato un accordo e richiesto una votazione di approvazione il 13 agosto. Li accusiamo di aver presentato agli operai solo due alternative, cioè la chiusura o l'accordo. Praticamente un ricatto, ma non è tutto.
    L'aggravante è che i presenti a quella votazione erano un terzo dei dipendenti, quindi ci chiediamo con quale principio abbiano ritenuto valida la votazione.
    Qual è il principio democratico di cui tanto si parla, che ha dato l'avallo a ritenere valida una assemblea con solo un terzo dei partecipanti?
    Riconfermiamo riga per riga le critiche espresse nei quattro articoli, che non stiamo qui a ripetere, e ribadiamo che Montagnoli quale coordinatore nazionale CUB è responsabile degli accordi di chiusura della ESAB e parte della Maflow e ci fa più impressione per il fatto che questi si presentano come i veri difensori dei “lavoratori”, quando poi insieme alla Fiom firmano questi accordi di svendita.
    L'accordo difende l'officina, sostiene Lettieri, e certamente ha ragione, per ora. Peccato che occuperà un terzo dei dipendenti, e gli altri due terzi finiranno in mezzo alla strada.
    Perché preoccuparsi se il prodotto non è più appetibile per il padrone?
    Ancor più grave è criticare il protezionismo tedesco ma in sostanza puntare a togliere alla Germania la produzione, e cercare di riportare in Italia il lavoro in una concorrenza che mette operai contro operai, adducendo meriti qualitativi o di basso costo, che lo stabilimento italiano avrebbe a suo favore. Sono problemi di profitto e non problemi degli operai.
    Per me questo significa nazionalismo e protezionismo.
    La lotta della INNSE ha rappresentato qualcosa di certamente unico nel panorama della vertenze, perché si è distinta nell'evitare qualsiasi discussione sul trasferimento del sito produttivo o sul ridimensionamento dell'organico.
    Nessuna difesa del lavoro italiano rispetto ad altri operai nel mondo, solo lotta contro chiusure e licenziamenti.
    Vogliamo ricordare che le macchine ed il capannone sono stati considerati obsoleti dal vecchio padrone Genta, dal Comune, dalla Provincia, Regione, sindacato, Digos e giornalisti leccapiedi. Da tutte le parti ci veniva gridato che le macchine non le voleva più nessuno, che erano ferri vecchi. Solo la testarda volontà dei 49 operai ha costretto le istituzioni a due alternative. O schiacciarli con la forza, o concedere tutte le loro richieste.
    Nell'ultima settimana sono comparsi dal "nulla" cinque imprenditori, e guarda caso la INNSE è diventata terreno fertile per il capitale.
    Non è vero quindi che la INNSE a differenza delle altre fabbriche in crisi, poteva vantare di una determinata capacità produttiva.
    Una settimana prima di quel 11 agosto, da tutte le parti veniva gridato che il capannone e le macchine erano ferri vecchi.
    La realtà, anche se non piace alla CUB, sta nella determinazione delle richieste di quei 49 operai.
    Come ho già detto, per i 49 operai è stata una grande vittoria anche se amara, e ne sono coscienti. Dalle notti a fare la guardia al freddo e sotto la neve, dal caldo afoso di quell'agosto famoso, sono tornati a sgobbare, a piegare la schiena e col plusvalore ad arricchire altri padroni.
    Altro che accordi al ribasso che in quest’ultimo periodo altri hanno sottoscritto!
    Le forze che alla INNSE sostenevano il padrone, hanno capito che solo con la forza avrebbero potuto fermarli, ma hanno preferito non farlo. altrimenti che messaggio avrebbero mandato agli altri operai?
    Ultima cosa, la INNSE, ex Manzoni, ex Innocenti, ha ridotto il personale da qualche migliaio ai 49 di oggi, ma mai con accordi firmati dai delegati che hanno diretto questa lotta e si sono sempre opposti ai licenziamenti mascherati, pagando con discriminazioni, isolamento e repressione, ma questa è storia passata.
    Alla Maflow invece, la mano della RSU ha firmato il licenziamento di 200 operai.
    Perciò diciamo ancora agli operai della Maflow che non tutto è perduto, se vogliono possono ancora prendere in mano la situazione, basta semplicemente portare il sindacato sul terreno delle rivendicazioni che interessano agli operai, cioè il ripristino del sito produttivo con l’assunzione di tutti.
    Del resto rispetto ai 79 favorevoli all'accordo di svendita, ci sono oltre duecento operai che hanno preferito non votare, oltre i 20 voti contrari.
    Tutti gli operai devono essere assunti dal nuovo padrone. Non potrà rimetterli al lavoro tutti subito? C’è la cassa integrazione a rotazione!
    Dicono che la crisi sta per essere superata? E allora ci sarà posto per tutti, perché lasciare 200 persone in una scatola a perdere con fumose promesse di ricollocazione?
    Il sindacalismo operaio ragiona così, non crede alle balle dei commissari straordinari.

    Stefano D'Amico

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