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Una delegazione italiana in Kurdistan per sostenere attivisti e sindaci processati per terrorismo dalla Turchia

(18 Ottobre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

18-10-2010/14:20 --- E' passato quasi un anno da quando ben 2.000 esponenti politici curdi sono stati messi in custodia cautelare con accuse di 'terrorismo'. L'operazione, che ebbe il suo culmine l' 11 dicembre 2009 con la messa al bando del DTP (Partito della società democratica) aveva lo scopo di eliminare i rappresentanti politici curdi e i membri delle organizzazioni popolari proprio quando questi erano mobilitati per una soluzione pacifica della questione curda. La prima udienza del processo contro i politici (fra cui diversi sono sindaci) e gli attivisti curdi arrestati lo scorso anno, si sta svolgendo oggi a Diyarbakir.
Una commissione formata dal Partito della pace e la democrazia (DTP), il Congresso della Società Democratica (DTK) e la Confederazione sindacale dei pubblici dipendenti (KESK) ha lanciato un appello a intellettuali, scrittori, giornalisti e attivisti a seguire e partecipare al processo.
Alcune delegazioni straniere sono presenti in presidio di fronte al Tribunale di Diyarbakir. Numerosa quella italiana: “come Rete Italiana di Solidarietà con il Kurdistan siamo qui in 18 e siamo venuti per seguire il processo ai sindaci e ai funzionari comunali del DTP” – ha affermato Alberto Mari ai microfoni di Radio Città Aperta. "Il governo turco – ha spiegato Mari - ha messo fuorilegge il partito DTP accusandolo di connivenza con il terrorismo; per questo sono stati arrestati molti sindaci e funzionari comunali e oggi iniziano i processi, anche se i capi d’accusa non sono ben precisati: sono 103 le persone detenute, quasi tutti sindaci e funzionari, e 50 sono a piede libero. Qui davanti, stamattina – ha raccontato ancora Alberto Mari - si è affollata tantissima gente, ci sono le delegazioni internazionali (formate da svizzeri, francesi, belgi, tedeschi e noi italiani) e poi 2.000 curdi che praticamente stanno assediando il tribunale. La polizia si è schierata, c’è stato anche un momento di forte tensione perché la gente ha occupato la strada prospiciente il tribunale, e dunque la polizia cercava di sgomberare, ma siamo intervenuti noi internazionali interponendoci con uno striscione in 4 lingue con scritto “liberi tutti”. A quel punto la tensione è calata perché la polizia ha ricevuto l’ordine di non caricare. Questo ha dato anche molto fiato ai curdi, che si sono sentiti incoraggiati e hanno cominciato a tirare fuori le bandiere del PKK e le effigi proibite di Ocalan. Il presidio sta andando avanti e proseguirà tutto il giorno e anche domani perché il processo continuerà. Tra l’altro domani anche la delegazione italiana potrà mandare dentro qualche delegato a seguire il processo visto che oggi abbiamo lasciato spazio ad altre delegazioni. I curdi – ha concluso Alberto Mari - che hanno visto tante persone arrivare da tutta Europa, sono molto incoraggiati e lo siamo anche noi nel portare avanti le nostre lotte in Italia perché stiamo imparando tanto da un popolo veramente vivo che non si lascia schiacciare. I curdi vogliono che il mondo sappia quello che sta succedendo ai dirigenti del loro partito e ai loro sindaci”.

Mila Pernice, Radio Città Aperta

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