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Dignità operaia

Dignità operaia

(9 Marzo 2012) Enzo Apicella
Oggi sciopero generale dei metalmeccanici convocato dalla Fiom e manifestazione nazionale a Roma

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(Per un sindacato di classe)

Roma, manifestazione Fiom del 16 ottobre

Contro l'attacco orchestrato dei padroni la classe operaia è debole perché non è organizzata per la lotta. Battiamoci per la rinascita del Sindacato di Classe!

(19 Ottobre 2010)

La crisi economica capitalistica non è risolvibile. Le sue cause sono la sovrapproduzione di merci e la caduta del saggio del profitto: due malattie incurabili del capitalismo.

La borghesia per rimandare ancora la sua rovina ha a disposizione una sola leva: aumentare, in tutto il mondo, lo sfruttamento della classe operaia.

Questo è ciò che è avvenuto negli ultimi 35 anni, cioè dalla prima manifestazione della crisi nel 1973-’74. Da allora padroni, governi e sindacati di regime iniziarono a parlare di "austerità", "moderazione salariale", "sacrifici, temporanei ma necessari", e a togliere passo dopo passo alla classe lavoratrice tutte le sue conquiste, ottenute nei precedenti anni di forte crescita economica. Il capitalismo ha così diluito e dilazionato la crisi nell’arco degli ultimi 35 anni. Ma non ha potuto fermarla: è esplosa tre anni fa e continuerà fino a portare al tracollo l’intero sistema economico capitalistico, ormai stretto in un indissolubile intreccio mondiale.

Nell’arco degli ultimi tre decenni la borghesia ha così potuto gestire con studiata gradualità l’offensiva alle conquiste dei lavoratori. Nel 1978 la CGIL inaugurò, con la "svolta dell’EUR", la politica della "moderazione salariale". Nel 1983 iniziò l’attacco alla scala mobile con il protocollo Scotti, completato nel 1992 con l’accordo Amato-Trentin. Nel luglio 1993 fu formalizzata la "concertazione" e varata la nuova "politica dei redditi" sul parametro della "inflazione programmata". Nel 1995 il governo Dini riuscì dove aveva fallito il precedente governo Berlusconi, facendo approvare la controriforma del sistema pensionistico. Nel 1997 la legge Treu apriva le porte al precariato nei rapporti di lavoro, sanzionata e peggiorata dalla legge 30 del 2003.

Questi tagli sono stati giustificati dai padroni e dai sindacati concertativi sempre allo stesso modo: "stare peggio oggi per stare meglio domani". È evidente invece che hanno sortito l'effetto opposto: ogni nuovo sacrificio non è stato mai l’ultimo, ma la tappa intermedia verso un arretramento ancora peggiore.

Oggi, mentre precipita la crisi, accelera l’attacco alla classe lavoratrice. A livello aziendale da un lato licenziamenti, cassa integrazione, salari diminuiti o non pagati da mesi, dall’altro aumento dei carichi di lavoro, della produttività, dei turni, degli straordinari obbligatori. A livello generale revoca del contratto nazionale, dello Statuto dei lavoratori, blocco dei salari dei dipendenti pubblici, licenziamento in massa di insegnanti e precari dello Stato, decurtazione del salario indiretto col blocco dei finanziamenti alla sanità, ai trasporti, all’assistenza sociale. La borghesia, incalzata dalla crisi, deve abbandonare la precedente cautela e i sacrifici richiesti divengono di giorno in giorno ormai più pesanti e insostenibili.

Le leggi del capitalismo implicano la rovina e la disperazione della classe operaia. Il solo modo per difendere la classe operaia è combattere il capitalismo. Al contrario i sindacati di regime, insieme ai falsi partiti "di sinistra", non vedono niente che non sia all'interno del capitalismo e delle sue leggi economiche. Per essi la sorte dei proletari è quindi indissolubilmente legata a quella dell’economia capitalistica. Se questa crolla, i lavoratori dovrebbero affondare con essa, come gli schiavi incatenati alle galere. Ecco dunque che cosa è il preteso "bene comune" a lavoratori e padroni di cui parla il sindacalismo di regime: il Profitto del Capitale, e la lotta in difesa della condizione operaia dovrebbe essere subordinata a quel "bene", al buon andamento dell’economia capitalistica.

Ecco perché dall'inizio della crisi alla metà degli anni ’70 ad oggi la CISL, la UIL e la CGIL non hanno mai organizzato la classe lavoratrice perché scioperasse in modo esteso, compatto e per la durata necessaria a respingere i reiterati attacchi. Hanno sempre impostato le lotte facendo scioperare poco e male perché il loro vero obiettivo era sedere al tavolo negoziale per gestire insieme ai governi ed ai padroni - a mo’ di consulenti - i peggioramenti, che essi per primi hanno sempre considerato inevitabili e necessari. La migliore credenziale per sedere al tavolo della trattativa è sempre stata quella che, senza di loro, il rischio per i padroni sarebbe stato l’esplosione incontrollata delle lotte.

I danni di decenni di questo sindacalismo anti-operaio sono stati non solo la sua incapacità a porre un freno al peggioramento delle condizioni operaie, ma soprattutto l’aver diseducato due intere generazioni di lavoratori a lottare, l’aver sradicato in essi l'abitudine, la memoria e la capacità di una indispensabile lotta di classe. Il risultato più grave è stato aver spezzato il filo della tradizione di lotta, di non averla trasmessa alle nuove generazioni di lavoratori, precari, ricattabili, licenziabili, disoccupati, in condizioni di sfruttamento sempre più spietato, disarmati e abbandonati all’individualismo.

Tutte le recenti vicende sindacali non escono da questi consolidati steccati e confermano la necessità ineludibile di una organizzazione sindacale di classe, fuori e contro tutti i sindacati di regime (CGIL-CISL-UIL-UGL), al di sopra delle loro false contrapposizioni:
– la CGIL non ha firmato gli accordi separati del gennaio e dell’aprile 2009, ma si è congratulata con le sue federazioni di categoria che hanno siglato insieme alle federazioni di CISL e UIL 55 rinnovi contrattuali che hanno accolto buona parte dei contenuti di quelle intese separate, dimostrando che il non apporre la propria firma in calce ad esse era solo un finzione;
– la CGIL al referendum di Pomigliano ha dato di fatto indicazione analoga a quella di CISL e UIL;
– di fronte a un attacco come quello al contratto nazionale, che riguarda tutti i lavoratori, la CGIL non solo ha negato ai metalmeccanici la solidarietà delle altre categorie, ma ha sabotato la loro lotta aprendo un nuovo grande tavolo di trattative con Confindustria, Governo, CISL e UIL proprio per la riforma del sistema contrattuale al solito fine di cogestire i peggioramenti;
– intanto una nuova intesa separata è stata firmata il 29 settembre da FIM, UILM e Federmeccanica, per "fare come a Pomigliano" in tutte le aziende metalmeccaniche. Al nuovo affondo degli industriali la CGIL ha risposto confermando il suo impegno con CISL, UIL, padroni e governo, isolando e indebolendo ulteriormente la resistenza dei metalmeccanici.

SE È VERO CHE L’ATTACCO AL CONTRATTO NAZIONALE DEI METALMECCANICI È CONTRO TUTTI I LAVORATORI, ALLORA TUTTI I LAVORATORI DEBBONO ESSERE CHIAMATI ALLO SCIOPERO GENERALE E AD OLTRANZA!

Una simile mobilitazione non si improvvisa: va preparata, organizzata e spiegata ai lavoratori. Per far questo serve una organizzazione sindacale che imposti tutta la sua azione, a partire dalle singole lotte di fabbrica e di reparto, orientandole alla preparazione di questo scontro con l'intera classe padronale. Serve una organizzazione che ricostruisca la fiducia dei lavoratori nel metodo basato sulla loro mobilitazione diretta, non nei professionisti della trattativa e nelle pratiche legali. Questa organizzazione, che oggi manca, è il Sindacato di Classe. E questo è oggi il problema fondamentale e ineludibile della classe operaia.

La strada per la costruzione del Sindacato di Classe ha oggi, fra i tanti, due ostacoli: da un lato l’ostinazione di tutte quelle correnti sindacali interne alla CGIL che da 30 anni illudono e si illudono di poter cambiare questo sindacato; dall’altro il frazionamento delle organizzazioni sindacali di base.

La sinistra CGIL, dalla "svolta dell’EUR" ad oggi, passando per il movimento degli "autoconvocati" a metà degli anni ’80 e per la "stagione dei bulloni" del 1992-’93, non solo non è riuscita nell’intento di "cambiare la CGIL", ma nemmeno ha impedito il suo continuo spostarsi su posizioni di aperto corporativismo. Di fatto, non ha cambiato la CGIL ma l’ha puntellata, ha consumato sane energie operaie in questo compito fallimentare, ed ha così impedito e ritardato la formazione di una nuova organizzazione sindacale di classe.

I metalmeccanici FIOM troverebbero oggi solidarietà nei Sindacati di Base, ma la loro dirigenza pone una censura ed un silenzio totali verso questa prospettiva, e tiene prigionieri i suoi iscritti dentro la CGIL, che invece continua a isolarli e sabota di fatto le loro lotte. I capi della FIOM preferiscono "ricomporre" l’unità con FIM e UILM piuttosto che unirsi al sindacalismo di base, come dimostrano le tante vertenze aziendali condotte unitariamente (Ilva, Fincantieri, Indesit, Marcegaglia, Alcoa, Electrolux, ecc.). Gli operai che hanno osato simboliche contestazioni alle sedi della CISL sono stati severamente rimproverati dai loro dirigenti FIOM e minacciati d’espulsione dalla CGIL.

I Sindacati di Base (USB, CUB, Slai Cobas, COBAS) lottano da anni e fra mille difficoltà contro padroni e sindacati di regime. L’apporto di nuove energie operaie consentirebbe di vincere il settarismo e la reticenza delle loro attuali dirigenze all’unificazione delle diverse organizzazioni sindacali di base in un organismo unico. Questo costituirebbe allora un’alternativa concreta ai Sindacati del regime, capace di attrarre le forze migliori dei lavoratori di tutte le categorie, e rappresenterebbe un passo in avanti decisivo per il sempre più necessario ritorno della classe operaia alle sue grandi tradizioni: la battaglia per la sua valida difesa oggi, per la sua piena emancipazione sociale domani.

- FUORI E CONTRO I SINDACATI DI REGIME (CGIL-CISL-UIL-UGL) !
- PER L’UNIFICAZIONE DEL SINDACALISMO DI BASE !
- BATTIAMOCI PER LA RINASCITA DEL SINDACATO DI CLASSE!

http://www.international-communist-party.org/Partito/Parti342.htm#Roma16ottobre

Partito Comunista Internazionale

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