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(16 Marzo 2011) Enzo Apicella
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(Nucleare? No grazie!)

Incubo radioattività

(21 Ottobre 2010)

DENUNCIA. Il plutonio emette radiazioni alfa, l’uranio gamma. Servirebbero indagini sempre più rigorose sulla possibilità di contaminazioni della catena alimentare e delle acque da parte delle “materie prime” dell’atomo.


L'energia nucleare viene prodotta dalla fissione di un elemento radioattivo: l’uranio. L’uranio si spacca in “frammenti” che emettono “conati di energia”, associati a modi diversi di manifestazione e denominate radiazioni alfa, beta e gamma. Le alfa sono particelle “pesanti” (nuclei di elio), le beta “leggere” (elettroni o positroni), le gamma sono onde elettromagnetiche, come i raggi X. Quando avviene la fissione, i frammenti in cui si “rompe” l’uranio sono vari e tutti radioattivi. Una radioattività che si manifesta in modo diverso. Il plutonio emette radiazioni alfa. L’uranio emette radiazioni gamma. Il 25 ottobre 2003 a La Maddalena, il sommergibile a propulsione nucleare Hartford urtò lo scafo contro il fondale marino. Furono fatti rilievi ambientali straordinari, per verificare la presenza di elementi radioattivi. Le indagini ufficiali tranquillizzarono: la presenza di tracce di plutonio nelle acque marine risultarono coerenti con le misure effettuate negli anni 70, in diverse aree del Mediterraneo.

Sulla rivista internazionale Journal of Enviromental Radioactivity, del 2005, però, fu pubblicato un articolo sull’argomento, a firma del prof. Aumento, che arrivò a conclusioni diverse. I campioni prelevati erano, secondo il docente del Dipartimento di Scienze Ambientali Marine dell’Università della Tuscia, e i suoi collaboratori, insufficienti per un’indagine rigorosa. Necessitavano prelievi sistematici e ripetuti nel tempo. La metodologia d’indagine usata da Aumenti fu quella della ricerca delle tracce nucleari, le autoradiografie, che sono particolarmente adatte per particelle pesanti (raggi alfa, protoni mesoni ecc). In un’alta percentuale dei 200 campioni della Maddalena e Caprera furono trovate delle tracce a forma di stelle, conosciute in letteratura scientifica come “hot spots”. Ma allora il problema dov’è?

Nelle tecniche di monitoraggio. Solo con le tecniche autoradiografiche è possibile rilevare le radiazioni alfa emesse da elementi come il plutonio, indicativo di concentrazioni non uniformi di micro particelle, contenenti elementi radioattivi, che si depositano su piccolissime aree di tessuti viventi: polmoni (sono state rilevate nell’impianto di trattamento del combustibile nucleare a Sellafield), nelle alghe della Maddalena. Ricci e padelle si cibano di alghe. Ma quali conseguenze hanno le “materie prime” del nucleare? Il plutonio dimezza la sua radioattività in 24.000 anni, e il suo smaltimento dalle aree contaminate avviene unicamente per accumulo biologico.

La presenza di sostanze radioattive nelle alghe (base della catena alimentare marina), dovrebbe indurre a indagare la presenza nella fauna marina di cui si nutre l’uomo. L’accumulo biologico del plutonio, a causa dei processi di magnificazione (accumulo delle sostanze tossiche dall’ambiente e attraverso l’ingestione), andrebbe rigorosamente indagato. Le scelte, che il Paese dovrà fare sul deposito delle scorie saranno più facili e condivise, se si ricostruirà quel rapporto di fiducia tra organismi di controllo, Enti Territoriali e Comunità. La risoluzione del problema scorie non è più rinviabile.

Erasmo Venosi - Terra

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