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    (20 Ottobre 2010)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

    20-10-2010/13:38 --- Ogni lunedì a Torino si svolgono oceaniche udienze del processo Eternit. Non è cronaca nera in senso stretto. Perché nessuno ha materialmente ucciso nessuno. Non ci sono le telecamere dei programmi del primo pomeriggio a chiedere ai vicini di casa come fosse la condotta dell’assassino fino al giorno prima del ‘tragico avvenimento’. Ma c’è un tribunale, ci sono 2056 vittime accertate, 220 mila pagine processuali, 557 dipendenti chiamati a testimoniare. E ci sono i parenti delle vittime che da mesi presenziano tutte le udienze. E che si sentono abbandonati. Perché i mezzi di informazione non hanno nessun sensazionalismo da cavalcare e dunque non parlano di loro, mentre il Parlamento approva leggi che stravolgono lo statuto dei lavoratori e il ministero si prodiga in una campagna sulla sicurezza che invece di responsabilizzare il padrone, lo assolve moralmente, colpevolizzando l’operaio che non rivendica i propri diritti: “Sicurezza sul lavoro: la pretende chi si vuole bene”. Quale messaggio?Lavoratore sei l’unico responsabile della tua vita e della tua sicurezza.E se stasera invece di tornare a cena dalla tua famiglia resti schiacciato sotto una pressa o cadendo in una cisterna muori per esalazioni tossiche, la colpa, la responsabilità e le conseguenze sono le tue.Chissà cosa ne avrebbero pensato le migliaia di vittime per malattie asbestocorrelate. All’indomani dell’approvazione del famigerato collegato lavoro, che nel Marzo scorso era stato rinviato alle Camere da Napolitano per evidenti dubbi di incostituzionalità e che si è ripresentato sostanzialmente invariato in Parlamento, ai nostri microfoni, l’avvocato di parte civile del processo Eternit Sergio Sonetto ha ricostruito le ultime udienze torinesi, quelle dedicate alle consulenze. Già dagli anni Settanta l’Inail aveva certificato i problemi causati dall’amianto a Casale Monferrato- lo dicono i consulenti dell’Arpa, dell’Inail, dell’Ispettorato del lavoro.Emanuele Luria, funzionario Arpa e consulente della pubblica accusa, ha citato accertamenti che risalgono al 1971 e al 1973 dai quali la situazione a casale veniva definita ‘inammissibile e allarmante’ e ancora nel 1983 il Registro Tumori della Regione aveva verificato ‘una ricorrenza insolitamente alta di decessi’ (per insolitamente alta si intende che a Casale la probabilità di ammalarsi era di ventuno volte superiore alla media nazionale!).Contemporaneamente i padroni Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis de Cartier agivano in due direzioni: raccogliere informazioni sullo sviluppo delle inchieste (è emerso un dossier su Guariniello risalente ad anni prima che cominciasse ad istruire il processo) e negare il problema a cominciare dall’eliminazione delle parole per descriverlo. Così è stato che a partire dagli anni Settanta la parola amianto fosse bandita.Dal 1976 si poteva parlare solo di fibrocemento. Via la parola cemento-amianto dai depliant, dalle comunicazioni, da ogni informazione che indicasse i prodotti.Una vera opera di mistificazione. Basti pensare che nei quattro anni che intercorrono tra il 2001 e il 2005 Eternit ha speso un milione per affidare ad un’agenzia di consulenza il compito di raccogliere informazioni riservate nel quadro degli sviluppi sull’inchiesta amianto mentre ha offerto solo 600 mila euro come budget di risarcimento ai familiari delle vittime (senza contare i danni ambientali).La stessa opera di mistificazione che stanno operando al Ministero del Lavoro o in Parlamento con l’approvazione del ddl lavoro, la stessa mistificazione che trasforma l’esercizio del dissenso in terrorismo (leggasi lanci di uova contro le sedi Cisl).A pagare le spese di questo sostanziale ribaltamento del paradigma tra sfruttato e sfruttatore, tra diritti e doveri, tra soprusi e rivendicazioni sono sempre i lavoratori. Quelli che restano, s’intende. Ecco perché non solo al processo Eternit, ma anche al processo Thyssen i familiari della vittime chiedono partecipazione civile e copertura informativa.

    Francesca Mannocchi, Radio Città Aperta

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