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Le foibe: ennessima occasione di leggere la storia in chiave revisionista

un articolo di Igor Canciani, segretario provinciale Prc Trieste

(5 Ottobre 2003)

La grave e spiacevole vicenda di Marghera pone all'ordine del giorno della nostra discussione due questioni che, a mio parere, non sono più ulteriormente rinviabili. La prima riguarda il rapporto tra partito e centri sociali del Nord-Est, che ritengo non possa più essere una questione da delegare interamente ai Giovani comunisti ed alle federazioni o ai comitati regionali, vista la recente frequenza di episodi di attrito e di quelle che eufemisticamente potremmo definire "incomprensioni" e che continuano, in un modo o nell'altro, ad essere fonte di accese discussioni al nostro interno.

La seconda questione attiene invece la posizione che il partito (non) ha sulle foibe. E' questa l'opinione che mi sono fatto sulla base di colloqui e confronti con alcuni nostri compagni eletti del Piemonte, dell'Emilia Romagna e di altre regioni, assillati da un problema comune: quale posizione prendere su proposte, generalmente avanzate da An, di intitolazione di vie o piazze ai martiri delle foibe. Rispetto a questo tema mi sembra che nel partito regni abbastanza confusione. Lo rilevo anche nei tre interventi pubblicati su Liberazione, che denotano quantomeno una conoscenza molto approssimativa della vicenda e indicano però un fatto in sé molto preoccupante: sulla tragedia delle foibe rischia di passare, anche nel partito, una lettura degli eventi mistificatoria e revisionista che è iniziata proprio nella nostra città, posta in atto dai maggiorenti locali della destra, che continuano a proporsi, almeno a Trieste, come il peggior sedime della cultura liberal-fascista e si prefiggono, con questa pluriennale campagna ideologica, di raggiungere sostanzialmente due obiettivi: a) screditare la lotta di liberazione in queste terre, in Istria ed in Dalmazia, insinuando l'affermazione che si trattò in realtà di guerra civile fomentata dai comunisti; b) giustificare l'occupazione nazifascista della Jugoslavia (e di tutta l'Europa) come atto necessario per contrastare l'avvento del pericolo rosso.

E non è un caso che proprio a Trieste e nella nostra regione alberghi la parte più retriva di An che negli ultimi anni ha tentato e tenta, continuamente, di sdoganare gli ex Ss, i ragazzi di Salò e la Rsi, e che insiste (purtroppo non da sola) a definire occupazione titina la liberazione di Trieste, avvenuta nel 1° maggio del 1945.

Trovo invece francamente incomprensibile e del tutto fuori luogo la necessità, nostra, di rimarcare la nostra distanza da episodi di barbarie ascrivibili al cosiddetto "socialismo reale" o quello di ribadire, in questa occasione, il rifiuto della connessione tra Rifondazione ed ogni forma di residuo stalinista, poiché la vicenda delle foibe con lo stalinismo non c'entra assolutamente. Sull'argomento esiste una copiosa e riconosciuta storiografia ufficiale, esiste una storiografia revisionista di destra (che purtroppo ha attecchito o quantomeno sta traendo in inganno molta gente inconsapevole e non informata), ma esiste anche una relazione predisposta da una commissione italo-slovena di storici (nominati dai rispettivi governi) che ha fornito un prezioso contributo di conoscenza in materia. E guarda caso, proprio il lavoro della commissione di storici, invocato per anni dalla destra più oltranzista, è stato dalla stessa sconfessato, anche perché proprio sulle foibe gli esiti della ricerca e le conclusioni della commissione ridimensionano di parecchio la portata e la rilevanza della questione.

Per guardare, oggi, alla vicenda delle foibe con gli occhiali della storia non basta aver letto qualche buon libro in materia, né sposare le tesi di alcuni storici di area. Innanzitutto resta valido il principio che non si dovrebbero esprimere valutazioni incaute e giudizi definitivi e sommari su una vicenda con molti aspetti ancora da chiarire e che però fu soprattutto reazione ad un ventennio di occupazione fascista e di soprusi e di violenze. Fu un atto ingiusto ed esecrabile? Sicuramente, se esaminato secondo le consuetudini, il metro di giudizio ed i canoni di vita e di esistenza civile odierna. Ritengo però che non si trattò di eccidio o di pulizia etnica, ma di reazione, sulla quale non mi sento di esprimere giudizi netti e definitivi, così come non mi sento legittimato, oggi, a proporre l'intitolazione di monumenti alle vittime di tutti i totalitarismi, in nome di una riconciliazione solo asserita e fasulla, senza che nel merito si possano esprimere quanti persero la vita a causa del fascismo e del nazismo. Ritengo però che questo tipo di operazione e l'enfatizzazione della vicenda delle foibe, contribuiscano sicuramente alla proliferazione dei quel brodo di coltura dell'oblio che consente a Berlusconi, oggi, di parlare di fascismo bonario. Recentemente, durante la campagna referendaria, il compagno Curzi venne a Trieste. In quell'occasione, chiacchierando parlammo anche della necessità di utilizzare il giornale per dare un'informazione storicamente più attendibile e politicamente più corretta sul fenomeno delle foibe. Proprio per offrire un contributo di conoscenza alle compagne e dai compagni che si trovano spiazzati sul tema, riproposto a forza in tutti i comuni d'Italia.

Alla luce dei fatti di Marghera, delle reazioni e dei commenti registrati, mi sembra che la questione passi all'ordine del giorno. A beneficio del partito, di Gianfranco Bettin, dei rapporti tra Verdi e Rifondazione a Venezia, ma soprattutto per iniziare una discussione di merito su un tema che, lo dico con grande rammarico, è del tutto assente al nostro interno e rischia di formare mere posizioni ideologiche.

Igor Canciani, segretario provinciale Prc Trieste

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