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Con il popolo boliviano

comunicato del CSPAL

(1 Novembre 2003)

Questa volta la polveriera latino-americana si è incendiata sull’altopiano boliviano.

Contadini, operai, lavoratori del settore pubblico sono scesi per le strade affrontando la durissima repressione del governo che non ha esitato a schierare l’esercito contro il popolo causando decine e decine di morti con esecuzioni sommarie anche tra i militari che si rifiutavano di sparare sui manifestanti.

La scintilla che ha acceso la rivolta è stata la decisione del governo De Lozano di privatizzare e consegnare alle compagnie petrolifere straniere l’intero processo estrattivo del gas (di cui la Bolivia è uno dei paesi più ricchi in America Latina).

“El Gringo” voleva letteralmente regalare la principale ricchezza del paese alle multinazionali che se la sarebbero portata via grezza per andare a lavorarla altrove.

Un affare che avrebbe regalato alle multinazionali (nordamericane, ma anche europee, inglesi e spagnole) ventimila miliardi di dollari.

Come dovevano reagire i contadini e i lavoratori di un paese in cui esistono almeno 250.000 famiglie che vivono senza gas per il riscaldamento e per cucinare ?

Ma la questione del gas è stata solo il detonatore di una situazione di per sé insostenibile.

Già nel marzo scorso furono più di 30 i morti nella manifestazioni di piazza contro i tagli al salario messi in cantiere dal governo su indicazioni del FMI e della BM.

Oggi, la Bolivia, su poco più di 8 milioni di abitanti ne conta 6 milioni sotto la soglia di povertà (che se la devono cavare con 1-2 dollari al giorno), con una aspettativa di vita che non arriva ai 60 anni e una mortalità infantile prossima al 70%. E questo grazie anche alle politiche ultraliberiste applicate in Bolivia fin dagli anni ‘80 sulla scia di quello che fu il “laboratorio Cile” sotto le direttive dei Chicago Boys.

Negli anni ‘80 ogni settore dell’economia boliviana fu privatizzato (come lo stagno), il potere d’acquisto dei salari diminuì drasticamente e la legislazione del lavoro fu annientata.

Oggi la ricchezza del paese è concentrata nelle mani di una ristrettissima oligarchia mentre il popolo è schiacciato dal freddo e dalla fame.

Ma nonostante una storia di mille anni di lotta e di feroce repressione subita il popolo boliviano ha avuto la capacità di rialzare la testa.

I contadini e i lavoratori boliviani hanno smesso di porgere l’altra guancia.

La lotta dei contadini e dei lavoratori boliviani ha raggiunto un primo obbiettivo, la cacciata del Gringo dal paese e la sospensione - per ora - delle decisioni in merito alla svendita del gas.

Ma questo può essere solo il primo passo.

Solo se riuscirà a prendere il potere nelle sue mani il popolo boliviano potrà decidere del proprio futuro, decidere cosa produrre, come produrre e per chi produrre.

La Bolivia oggi ci dimostra come nulla sia pacificato nello scenario imperialista mondiale.

Dall’Iraq alla Palestina all’America Latina l’imperialismo deve fare i conti con la resistenza che si sta sviluppando in questi paesi.

In un comunicato recente sulla Bolivia le Madres de Plaza de Mayo hanno lanciato un auspicio che è anche un avvertimento: “La Ribellione è cominciata in tutta l’America Latina e promette di non concludersi fino a quando l’ultimo imperialista non sarà stato gettato, spogliato della sua infinita ricchezza, della sua brutalità, della sua proprietà sulla vita e sui beni dei popoli del sud. Sono finiti i tempi delle marce pacifiche”.

A fianco dei contadini, dei lavoratori boliviani in lotta contro l’imperialismo

CSPAL
Comitato di Solidarietà con i Popoli dell’America Latina

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