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Wikileaks svela gli ‘scheletri nell’armadio’ della missione italiana in Iraq

(26 Ottobre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

26-10-2010/13:37 --- Anche l'Italia ha partecipato al «bagno di sangue» in Iraq. Lo rivelano i files pubblicati da Wikileaks, che riportano a galla due episodi particolarmente controversi della missione italiana a Nassirya tra il 2004 e il 2005: l'uccisione di quattro civili da parte dei militari italiani e la morte del sergente italiano Salvatore Maraccino.
Il primo caso riguarda i violenti scontri scoppiati tra miliziani iracheni e soldati italiani sul ponte Charlie, nell’agosto del 2004. Venti ore passate alla storia come "La battaglia dei Lagunari", in cui le unità del reggimento italiano aprono un fuoco massiccio, sparando più di 40 mila colpi, e lasciando sul terreno un indefinito il numero di vittime.
Come si legge in due resoconti statunitensi del 5 agosto 2004 pubblicati da Wikileaks, «Alle ore 03.25 un automezzo che transitava sul ponte non si è fermato al checkpoint italiano ed è stato quindi ingaggiato con armi leggere. Si è prodotta una grande esplosione, seguita da una seconda da cui si è valutato che il veicolo avesse a bordo dell’esplosivo».
Il giornalista americano Micah Garen ha filmato la scena poco dopo l’esplosione dell’automezzo e ha intervistato l’autista, miracolosamente rimasto vivo. Il suo racconto non è mai stato preso in considerazione ne' dal governo ne' dal comando del contingente italiano, che continuano a sostenere una versione totalmente diversa: il veicolo colpito non era una ambulanza ma una station wagon, priva di insegne o di dispositivi luminosi, con a bordo uomini armati che, ad un tratto, erano scesi, sparando contro i soldati italiani. Questi, seguendo le procedure, si erano limitati a rispondere al fuoco.
L'autista, confermando invece che guidava un'ambulanza diretta all’ospedale di Nassiriya, con a bordo «una donna incinta, la sorella e il marito della donna», ha detto di aver rallentato e accostato in prossimità del checkpoint italiano, quando i militari hanno cominciato a sparare. Secondo testimoni iracheni, il veicolo è stato centrato nella parte posteriore e quindi si è incendiato ed è esploso, uccidendo quattro delle cinque persone a bordo.
Dopo quei fatti, nell'ambito di una inchiesta aperta dallo Stato Maggiore della Difesa subito dopo l'episodio, una commissione volata a Nassiriyah ha trovato, all’interno del rottame del veicolo, una bombola di ossigeno che celava al proprio interno il frammento di un proiettile. Ciononostante, al termine delle indagini, la commissione ha assolto i militari coinvolti, che sarebbero stati ispirati ai “principi di proporzionalità e necessarietà”.
Sulla vicenda si è anche aperta un’indagine dalla Procura militare di Roma per «uso delle armi contro ambulanze». Sono finiti sul banco degli imputati il caporal maggiore che aveva sparato ed il maresciallo che aveva dato l’ordine di far fuoco. I militari hanno sempre mantenuto la loro versione, e cioè, che da un furgone erano scesi degli uomini armati che hanno iniziato a sparare.
Ma anche su questo i file di Wikileaks, incrociati con un rapporto riservato, scritto tre giorni dopo i fatti dal colonnello dei lagunari Emilio Motolese, raccontano un’altra verità: effettivamente un mezzo sarebbe passato quella notte sul ponte senza fermarsi all’alt, scatenando una intensa sparatoria. Però solo un’ora dopo il passaggio dell’ambulanza in questione, e cioè alle 04.25.
Secondo questa versione, gli italiani erano stati bersagliati da colpi di armi leggere mezz’ora prima (verso le 04.00), e quindi hanno sparato sul veicolo, iniziando una battaglia nella quale diversi insorti rimasero uccisi e altri feriti.
Nel 2007, la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura militare (rigettata in precedenza da un primo giudice) per l'indagine avviata nei confronti dei militari italiani è stata accolta. E' stata quindi avallata la versione secondo cui il veicolo distrutto poteva esser stato usato dai miliziani contro i militari italiani per compiere “un’azione ben più devastante, anche a costo di sacrificare la vita dei civili trasportati e abbandonati al fuoco di reazione italiano”. Wikileaks, invece, conferma: quell’auto era una ambulanza.
L'altro episodio controverso riguarda la morte del sergente della Folgore Salvatore Maraccino, nel poligono di Nassiriya. Secondo quanto si legge nei documenti di wikileaks, un militare italiano stava prendendo parte a un’esercitazione di tiro quando è stato accidentalmente colpito alla testa, ed è morto qualche ora dopo.
Ma a fornire una prima ricostruzione degli eventi fu l’allora vicepremier Marco Follini, secondo cui Maraccino, «durante un’attività regolarmente programmata di tiro con le armi portatili, nel tentativo di risolvere un inceppamento della propria arma, è stato raggiunto da un colpo alla testa».
Ma perché Follini avrebbe inventato - e la procura militare confermato - questa enorme bugia? Perché la notizia è piombata in Parlamento proprio quando nell’aula della Camera si stava votando per il rifinanziamento della missione italiana in Iraq.
E a proposito delle verità scomode emerse con i documenti di Wikileaks, il Ministro della Difesa Ignazio La Russa ricorda che data la composizione delle forze che sostenevano il governo Prodi, alcune delle quali a favore del ritiro dalla missione iraqena, era inevitabile tenere “sotto traccia” alcuni elementi della reale situazione.
Ringraziamo il Ministro La Russa, che ci insegna i principi della governance. Chissà quali scheletri nell'armadio ci dobbiamo aspettare dal governo Berlusconi.

Thais Palermo Buti, Radio Città Aperta

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