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(23 Ottobre 2010) Enzo Apicella
Wikileaks pubblica nuovi file segreti sui massacri in Iraq

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(27 Ottobre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in fulviogrimaldi.blogspot.com


L'ingiustizia non si può tollerare. Bisogna opporvi resistenza ad ogni costo. La non violenza non diventerà mai una scusa per disertare la lotta contro l'ingiustizia.

(Arundhati Roy)

Il "meno peggio" non è affatto "meno peggio", è semplicemente lo strumento che usa il

"peggio" per impedire al meglio di uscire fuori.

(Valerio, un amico)

Se l'umanità non riesce ad amarsi / grazie a dio, / allora che si faccia / un patto con il diavolo. / Prenda il diavolo legge e costrizione / insieme alle lettere morte! / E dia all'animo coraggio e stimolo / per distruggere le tavole divine!

(Erich Muehsam, anarcocomunista tedesco, morto in un campo di concentramento)

I più grandi leader dai tempi di Saladino

Vogliono essere creduti, oltrechè da volpi e babbaloni? Che Wikileaks ritiri fuori i documenti chiamati Downing Street Memos, verbali originali che provano la collusione tra i due criminali Bush e Blair nell'inventarsi false ragioni per attaccare l'Iraq, fare un serialkilleraggio come non s'era visto mai, eliminare Saddam Hussein e distruggere la più forte resistenza di Stato all'avanzata USraeliana e persiana in Medioriente, al vampirismo neoliberista, al degrado planetario dell'americanizzazione culturale. Coloro che volevano sapere, sapevano. Come conoscevano perfettamente l'altro scoop a scoppio ritardato di queste fattucchiere da cartomanzia: i massacri compiuti da delinquenti italiani con le stellette a Nassiriya. Quello della divertente disintegrazione di un'ambulanza con dentro tutt'una famiglia e quella successiva dell'esaltante tiro a segno sul ponte: "Dai, dai.... annichilito!". Tanto imperversavano in rete e su Youtube notizie e immagini di questa prodezza dei "nostri ragazzi" ("nostri" di Prodi e Berlusconi), che, fin dal 2006, le inserii in capo al mio documentario "Gaza, Baghdad, Beirut: Delitto e Castigo".

Ma lasciamo gli spurghi tossici di Wikileaks all'immondezzaio della storia e ai ratti che vi si nutrono. Il boia Usa, autore del primo genocidio dell'era detta moderna e del primo di questo millennio, ha commissionato il delitto ai sicari installati tra le macerie intrise di petrolio della sua nuova colonia, così restituita agli anglosassoni bianchi cristiani cui Saddam l'aveva sottratta, scarnificata, nel 1958 e di nuovo nel 1968, per farne il più progredito, equo e orgoglioso paese della regione. Tariq Aziz, effettivo vice di Saddam e suo rispettato portavoce nel mondo, va impiccato. Il carnefice l'ha tenuto in condizioni da Guantanamo dal 2003 a poche settimane fa. Doveva scavarsi la latrina, era privato dei farmaci che le sue condizioni esigevano, veniva sottoposto ad abusi e privazioni d'ogni genere, gli erano negate le visite di legali e famigliari, una bottiglia d'acqua al giorno, un infarto mai curato, processi-farsa in cui il solito "giudice" marionetta gli imputava grossolane assurdità: "discriminazione religiosa", "corresponsabilità nelle punizioni inflitte a Dujail ai membri del partito Dawa (quello dell'attuale premier fantoccio Al Maliki, n.d.r.)che avevano attentato alla vita di Saddam". Punizioni decretate da un tribunale dopo regolare processo ai terroristi su libro paga iraniano. Infine, il boia Usa l'ha consegnato al sottoboia iracheno che, in spregio all'assoluzione nel primo processo e ai 15 anni comminati nel secondo, ha sentenziato "impiccagione".

Come nel caso di Saddam, davanti al cui comportamento nel verminaio giuridico e patibolare dei corrotti e venduti all'uno o all'altro moloch, Usa e Iran, che si spartiscono le spoglie del paese, ogni essere umano degno della qualifica dovrebbe inchinarsi. Così, per Tariq Aziz, flebili e ambigue sono state le increspature di una sostanzialmente complice indifferenza occidentale. E anche ora, quando davanti all'enormità brigantesca della condanna di un uomo che non ha fatto che servire con sagacia e nobiltà la vita e la dignità del suo popolo, degli arabi, dei popoli e che, fidando nella legalità internazionale, si era consegnato spontaneamente prigioniero di guerra. Qualcuna di quelle chiaviche sorge dalla fogna dell'ignavia e sollecita una qualche firma di protesta. Dei milioni che percorrevano le strade del mondo invocando pace in Iraq ("Seconda Potenza Mondiale"), non ne è rimasto neanche un pugno, in questo paese dei citrulli e degli acchiappacitrulli, tolti di mezzo da Berlusconi, Prodi, D'Alema, Bertinotti, Vendola e compagnia "nonviolenta" bombardante, quella del culto del "meno peggio". Ammaziamoli, ma ammazziamoli un po' meno.

Le aquile irachene sono rimaste sole fin da quando gli eurocentristi ed eurocolonialisti di una sinistra pervertita s'erano arruolati come sguatteri nel supermercato del junk food, cibo spazzatura, propagandistico imperiale. A quelle aquile le chiaviche di fogna, nel sollevare le sopracciglia sull'abominio giuridico e umanitario, vorrebbero appendere la zavorra di quel junk food, i piombi delle peggiori calunnie mai formulate a un avversario per spianarsi la strada del crimine con l'unanimità dei consensi. Li sentite pigolare "no alla pena di morte a un vecchio malato, che, pure, è stato corresponsabile delle scelleratezze stragiste di Saddam"; "ha le sue responsabilità, ma non era certo l'anima nera del regime". Sciacquano la bocca dalle scorie della connivenza con i colluttorio della benignità. Ammazziamo, ma non troppo. Il classico colpetto al cerchio e l'ordigno al tritolo alla botte.

E' quasi umiliante - ma me lo consente il dolore e la collera impotente per questa ingiustizia suprema - ripetere ancora una volta ciò che ogni singolo iracheno sa e che da noi viene negato o occultato. E' umiliante perchè urta contro un muro di omertà dal quale poi non cade mai nient'altro che i detriti della diffamazione nella malafede, o nell'incoscienza. E ti ritrovi nudo e insozzato. Tariq Aziz, cristiano caldeo, accusato di "discriminazione religiosa". Mai, dalla rivoluzione, un solo cristiano, scita, sunnita, assiro, evangelico, ebreo o altro è stato perseguitato e offeso nei suoi simboli e luoghi di culto (tutti sovvenzionati dallo Stato). Ininterrotta la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani fin da quando San Tommaso, presuntamente, portò la depravazione cristiana in Mesopotamia, 33 A.D. Dall'arrivo dei mostri dell'antiumano e del proconsolato degli sgherri alla Vichy, mezzo milione di cristiani è stato costretto alla fuga, innumerevoli sono stati uccisi, le bande di tagliagola scite hanno fatto pulizia etnica di sunniti, laici e nazionalisti, contribuendo in buona misura all'olocausto dei tre milioni e mezzo di iracheni fatti fuori da embargo, guerra e genocidio (poco più di 100mila per Wikileaks) e ai quattro milioni di sradicati dalla loro terra e casa (inesistenti per Wikileaks). Per non ricordare che una delle centomila imprese terroristiche, nascoste da Wikileaks dietro a una sparuta, saputa e facilmente digeribile serie di episodi brutti, basta pensare a Fallujah: quattro mercenari aggressori uccisi dal sacro diritto alla resistenza, una città di mezzo milione rasa al suolo, bambini e donne trucidati a freddo, fosforo e uranio da sprofondare tutto nella morta gora di un'agonia di secoli.

Mai Saddam Hussein, Tariq Aziz, nè i loro compagni di governo e di partito, sottoposti agli orrori della detenzione alla Abu Ghraib e alle nefandezze di un processo rispetto al quale addirittura quello grottesco a Milosevic pare una vipera davanti a una boa constrictor, si sono fatti piegare da blandizie (l'esilio per Saddam, se avesse fermato la Resistenza), o sevizie processuali. Ne hanno minacciato o ucciso gli avvocati, gli hanno rovesciato addosso montagne di ingurie, li hanno calpestati con regimi carcerari copiati dall'Inquisizione (non cambiano mai, questi cristiani). Non ne sono riusciti a trarre nè ammissioni, ne chiamate di correo, nè tradimento dei compagni e della verità, della loro fede. Chi di noi è andato a cercarsi in fonti pur disponibili le deposizioni di Saddam, di Taha Yassin Ramadan, di Ali, detto ingiustamente "il chimico", di Tariq Aziz, che provavano la caricaturale mendacità delle accuse e la fierezza della loro integrità umana ed etica? Ci possiamo immaginare questo nel nostro mondo dei Capezzone e dei Bondi? Possiamo concepire esecuzioni simili in un paese che sta per concedere l'impunità-immunità al capo del suo governo, per tutto quello che di criminale e sanguinario ha fatto da quando questo turacciolo di una bevanda andata a male è arrivato qui sull'onda sputata da una cloaca che si è rotta qualche decennio fa? Certo che le possiamo concepire, noi che stiamo nella civiltà e in una democrazia, al più un po' sfrangiata.

Ho incontrato Tariq Aziz. Era l'editore del quotidiano di Baghdad "As Thaura" del quale sono stato corrispondente in Italia. L'ho visto l'ultima volta, nell'autunno 2002, in divisa, a un convegno delle forze internazionali di pace, sindacaliste, socialiste, antimperialiste, quando già sull'Iraq incombeva l'armegheddon dell'ennesima orda giudeo-cristiana. Quando già Tariq, io, noi, il mondo, sapevamo che a questo Davide la vittoria su Golia sarebbe venuta per loro e per noi troppo tardi e dopo sofferenze e perdite inimmaginabili dall'inabissarsi di Atlantide. Sarebbe venuta da una resistenza di lunga durata, ma inesorabile, tanto eroica e indomabile quanto misconosciuta o deformata in "Al Qaida". Ma il ministro era sereno, gentile, eloquente sui diritti umani, quelli dei popoli, sulla sovranità dei giusti e la battaglia da affrontare, fosse anche perdente, da ingaggiare comunque. Per far riflettere negli occhi di tutti la fiaccola all'orizzonte, per quanto lontano, come sapeva il Che. Il sangue versato dall'Iraq e dai suoi eroi in alto e in basso, tutti coerenti come i nostri partigiani, versato dio non voglia da Tariq, cola dalle mani di tutti i cittadini dell'associazione a delinquere chiamata "comunità internazionale". Ci vive addosso ovunque andiamo, insieme alla vergogna e all'orrore per gli atti dei nostri governi, partiti, velinari cicisbei, governi che non ci siamo sognati di assaltare, neutralizzare. Nel nome di Saddam, di Tariq Aziz, di Hamas, dei Taliban, ma anche di quei disperati o farlocchi concittadini che, da macchiette con le zanne, si sono fatti spedire in giro per il mondo ad ammazzare e a morire.

Saddam, Tariq, tutti loro avrebbero potuto darsi alla fuga, ce n'erano di paesi che li avrebbero accolti. Sono rimasti perchè era inimmaginabile per loro non stare dovevano stava la loro gente. E nemmeno avrebbero potuto immaginare che democratici liberatori di una superiore civiltà potessero a tal punto strafottersi del diritto, della giustizia, dell'umanità. Non c'è stato nessun Vittorio Emanuele. Sono rimasti perchè erano e sono iracheni. Che il corpo di Tariq Aziz possa restare ai vostri piedi e farvi inciampare per il resto della vostra vita nel mattatoio che chiamate civiltà.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 11:12

fulviogrimaldi.blogspot.com

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