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Fuorilegge e clandestini, per la pace. Intervista a Mariné Pueyo, portavoce della Sinistra basca

(4 Novembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Fuorilegge e clandestini, per la pace. Intervista a Mariné Pueyo, portavoce della Sinistra basca

foto: www.radiocittaperta.it

Mariné Pueyo è consigliere comunale nel municipio di Pamplona. È stata eletta nel 2007 nelle liste di Anv (Acion nacionalista vasca), una vecchia sigla rispolverata dopo la messa al bando di Batasuna. Il parlamento spagnolo votò una legge voluta da socialisti e popolari, con commi e interpretazioni giuridiche che generarono apartheid politico. La legge prevedeva che qualsiasi lista che avesse fra i suoi candidati esponenti che in passato avevano militato fra le fila di Herri Batasuna e nelle sigle che ne seguirono nel corso degli anni, poteva essere cancellata dalla corsa elettorale. Si parlava esplicitamente di 'contaminazione'. Molte liste di Anv furono dichiarate illegali, molte altre videro un processo di criminalizzazione posteriormente al voto.
Altre ancora vennero lasciate sopravvivere, perché funzionali agli equilibri elettorali. Come nel caso della Navarra, la cui capitale è, appunto, Pamplona.
Il volto di Mariné Pueyo si alterna a quello di altri militanti nelle ultime conferenze stampa della Sinistra basca. Lei parla a nome di una formazione clandestina e illegale, in una situazione assurda e spesso grottesca, dove l'agire politico è sempre più difficile.

Mariné Pueyo, la sinistra basca ha compiuto una specie di rivoluzione copernicana, che ha visto un primo passo decisamente forte nel 1998, poi nel processo di pace sorto dopo la dichiarazione di Anoeta, quindi con la dichiarazione di Altsasu che ha portato al documento base di questa nuova fase politica. Siete riusciti a emarginare il concetto di violenza armata da un processo politico e avete trovato accordi con altri soggetti su una proposta precisa che possa portare, finalmente, al superamento del conflitto.
Dopo il fallimento delle conversazioni di Loyola, la sinistra basca inizia a fare un processo di riflessione importante e profondo, per analizzare i pro e i contro di quello che è successo nei tentativi di soluzione del passato. Questa riflessione ha prodotto una serie di conclusioni: abbiamo alle spalle cinquant'anni di resistenza e siamo arrivati sulla soglia di un cambiamento politico, con tutte le potenzialità che ha avuto il modificare strategia. In maniera unilaterale abbiamo fatto proposte per confrontarci con lo Stato in un percorso di accumulazione di forze. Per questo abbiamo reso pubblica la dichiarazione di Altsasua, per arrivare a una soluzione democratica, aperta a tutte le opzioni e rivendicando i principi Mitchell, la non ingerenza da parte di nessuno di ricatti e violenza.

Quante sono state le difficoltà ?
È davvero strano che ci sia un'organizzazione politica illegale, le cui riunioni sono proibite, senza diritti civili e politici, che riesca a far partecipare a un dibattito politico più di ottomila persone. È stato duro e difficile, ma ce l'abbiamo fatta. La base ha partecipato in maniera profonda in questo dibattito. In un'altra situazione politica sarebbe stato più facile, ma dopo due anni di lavoro vediamo i frutti che ha portato quel lavoro. E, nonostante tutti gli ostacoli, siamo stati capaci di riaprire il cammino per il processo democratico.

Perché lei è esponente di una forza politica illegale...
Sì. Abbiamo lavorato in clandestinità, nella più completa clandestinità.

Nel testo della vostra proposta c'è una forte apertura alle altre forze politiche, cercate un dialogo multilaterale?
La nostra strategia è accumulare forze politiche sociali e sindacali. Avevamo un lavoro politico a livello internazionale molto importante, per arrivare alla pace e alla normalizzazione politica in Euskal Herria, ma noi diciamo che la soluzione deve venire non da fuori, ma dall'interno. Per questo stiamo lavorando con tutte le associazioni politiche e sindacali. Il documento Zutik per esempio: Ea, Eusko alkartasuna, è stato il partito più disposto a condividere e discutere le nostre analisi e le nostre diagnosi con un accordo di minima che ha unito le nostre forze.

Nonostante le differenze fra voi e loro?
Siamo nati e viviamo in maniera diversa. Loro sono socialdemocratici e noi siamo rivoluzionari. Ma dobbiamo lasciar da parte quello che ci separa e prendere quello che ci unisce. Anche loro hanno capito che la priorità è che questo paese deve essere libero per esercitare il diritto all'autodeterminazione. Con questo abbiamo lo sviluppo di accordi strategici che ci permetterà di arrivare agli accordi finali, con un minimo anche nel senso della politica sociale. Accordi minimi, con differenze importanti, ma noi ed Ea abbiamo scommesso su quello che ci unisce. Ogni partito, poi, farà il suo cammino politico.

Il vostro progetto tende ad arrivare a una specie di macroregione che comprenda i territori che voi rivendicate come baschi: quindi le tre provincie sotto amministrazione spagnola, la Navarra e le provincie che ora sono basche francesi.
Noi dobbiamo conseguire le garanzie minime per parlare poi del nostro progetto. Come nel processo di Anoeta, pensiamo a un cammino fatto a tappe. La proposta di Anoeta diceva chiaramente di questa macroregione in cui svolgere liberamente la nostra campagna per l'indipendenza. Il resto della strategia è per tutta Euskal Herria.

Analizziamo uno per uno gli altri protagonisti della vita politica basca. Partiamo dal Pnv (Partido nacionalista vasco)
La sua scommessa per il regionalismo è per l'attuale cornice giuridica è un problema per avanzare in questo processo. C'è stato uno scritto firmato da un dirigente, Joseba Egibar, che faceva pensare a un piccolo cambiamento nella strategia del partito. Ma il giorno dopo quel documento è stato sconfessato. Secondo noi il Pnv deve cambiare completamente la sua direzione; questa organizzazione così importante, ricordiamo che è il primo partito nei paesi baschi, dovrebbe riflettere su cosa sta chiedendo la società. E se il Pnv gioca su un piano opposto a questo progetto, rischia di trovarsi al margine di questo percorso in un prossimo futuro.

Ezker Batua (La Izquierda unida basca)?
Ha firmato l'accordo di Gernika e, dopo le prime dichiarazioni in cui diceva che non cambiava nulla, adesso ha cambiato posizione, aderendo e partecipando alla manifestazione di Bilbao e appoggiando il processo.

Aralar (nata da una scissione con Batasuna)?
Ha una posizione ambigua, diversa nei territori baschi e in quelli della Navarra. Una visione di breve termine che guarda solo alle prossime elezioni del 2011. In questo momento sta utilizzando il Pmv per decidere la sua direzione politica. Non ha la capacità di vedere il medio e lungo termine. Ma noi continuiamo a parlare con loro per raggiungere un accordo per il processo di pace. Abbiamo diverse difficoltà e molti problemi, ma andiamo avanti.

Il partito socialista di Euskadi?
La sua posizione in questo momento non è differente dai socialisti di Madrid, nonostante alcuni articoli di opinione che sono stati pubblicati. Stanno appoggiando questa proposta di blocco della proposta e l'ondata repressiva.

Come commenta il ruolo di Eta. Secondo lo schema che avete disegnato vi aspettate altri passi dall'organizzazione armata?
Eta ha detto quello che pensava di dover dire e ha fatto pubblico un comunicato con una decisione unilaterale di non portare a termine azioni armate. Si è compromessa ad adottare la dichiarazione di Bruxelles, in cui si parla della mediazione internazionale. È un passaggio importante. Non c'è una disposizione altrettanto chiara da parte dei governi che continuano sulla via della repressione. A ogni passo politico che compiamo, segue una risposta di repressione.

Si sono svolte grandi manifestazioni, alcune represse dalla polizia. Come descriveresti il momento che sta attraversando la società basca?
Illusione e molta speranza. L'accordo strategico firmato con Ea, che si sta trasferendo ad altre forze politiche, ha aperto alcune porte. Il lavoro che si è realizzato per arrivare a un accordo di pace ha fatto sì che la maggioranza sociale di questo paese capisca che siamo più vicini a una soluzione e questo è quello che ha causato l'accordo di Gernika. Il governo basco, per due volte, ha proibito le manifestazioni e in questo ha ottenuto solo di far aprire gli occhi a molta gente. La terza manifestazione realizzata a Bilbao con 46mila persone sotto pressione poliziesca dovrebbe fare riflettere qualsiasi politico.

Abbiamo visto reazioni di chiusura da parte di Madrid ai comunicati di Eta. Ma esistono anche degli spiragli che non vengono sottolineati o diffusi dalla stampa?
Stiamo apprezzando alcune posizioni che parlano di piccoli passi, ma è certo che sta predominando l'immobilismo e il bloqueo. Dobbiamo lavorare molto di più e fare pressioni più forti.

Quindi non esiste un doppio livello nella risposta da parte del governo e dello Stato spagnolo?
No. Solo repressione, detenzioni, ancora denunce di torture brutali, arresti di una organizzazione internazionalista come Askapena. Questo dimostra il nervosismo che hanno e di fronte ai passi che sta dando la sinistra basca.

I giovani della sinistra basca (gli ultimi arresti e denunce sono delle settimane scorse) fuori legge anche loro, sono impazienti, oppure hanno accettato questa dinamica?
Per la prima volta nella storia della sinistra tutte le organizzazioni hanno disegnato questa strategia comune. I giovani hanno avuto una parte molto attiva. La repressione si abbatte su di loro perché tutti sanno che proprio loro sono il motore che dà impulso a queste politiche. È la nostra parte migliore, che finisce regolarmente in carcere. Senza di loro questo processo non sarebbe possibile.

Il ruolo degli agenti internazionali: la dichiarazione di Bruxelles fornisce una possibile mediazione che, per numero e qualità dei soggetti, appare come unica nella storie dei tentativi di soluzione del conflitto.

Madrid metterà ostacoli a ogni tipo di posizione di questo tipo. Consideriamo che l'appoggio internazionale è assolutamente importante e crediamo che il governo spagnolo abbia paura di fronte alla possibilità di una mediazione internazionale. Per questo leggiamo in questa direzione gli arresti su Askapena, che lavorava duro sulla situazione internazionale, e in questo senso bisogna chiedersi perché oggi quegli arresti e non due anni fa, anche perché le carte su cui si basa l'accusa sono assai datate. Riteniamo che il motivo sia proprio nel lavoro internazionale per creare appoggi. Ricordando che il relatore dell'Onu sulla tortura ha sempre denunciato la violazione sistematica dei diritti umani, o la stessa Amnesty International. È sempre più chiaro che il ruolo degli agenti internazionali sarà sempre più importante per smascherare le bugie del governo spagnolo a proposito della negazione dei diritti umani.

Essere una delle portavoce di una formazione illegale, clandestina, considerata terrorista, fa paura?
No. Siamo convinti di avere ragione. Abbiamo la forza sufficiente per non aver paura e per non essere paralizzati dal panico. I militanti della sinistra basca hanno sempre avuto chiaro che l'impegno, il nostro impegno, poteva portare in carcere o alla morte e per questo ora siamo convinti che potremmo finalmente arrivare all'uscita del tunnel.

Lei è ancora consigliera comunale, quindi legale, ma con idee 'illegali'?
La strategia politico giudiziaria del 2007 fu kafkiana: la cancellazione delle liste avvenne in un luogo sì e in altri no. Tutto ciò ha risposto a una strategia di impulso politico. Il partito socialista ci ha lasciato a Pamplona perché pensava che saremmo stati utili per far danno alla destra. Per questo e ci ha lasciati legali. Spogliandoci, con il passar degli anni, di tutti i nostri diritti. Ma non sono riusciti a fermarci.
Quello che è illegale in Spagna non lo è in Francia.
Questo in qualsiasi tribunale europeo dovrebbe far riflettere. Eppure in una sentenza politica emessa a Strasburgo questo fatto non è stato preso in considerazione. È una situazione schizofrenica: legali e illegali a pochi metri di frontiera.

Questa repressione delle idee, secondo lei, ha portato nuovi simpatizzanti verso la sinistra basca?
Io credo di sì. Abbiamo mantenuto la nostra linea per cinquanta anni, connotati da durissima repressione. Alla fine settori sempre più ampli della società hanno visto cosa sia la sofferenza, perché la repressione ha colpito in circoli concentrici e sta colpendo sempre più persone. Molta gente ha aperto gli occhi e ha capito che le denunce che facevamo erano vere, nonostante l'intossicazione mediatica e che non c'erano motivi oggettivi per farci soffrire in questa maniera. In molti si sono avvicinati alle nostre idee.

Batasuna, o la sinistra basca, quando sarà legale?
Ci stiamo lavorando. Non so se riusciremo per il 2011, noi lo vorremmo. Noi vogliamo essere legali.
(Pochi giorni dopo questa intervista è stata resa pubblica la notizia che la sinistra basca sta lavorando a una nuova formazione politica che rigetti qualsiasi ingerenza di violenza o minacce esterne per presentarsi alle prossime elezioni del 2011. Il nome non è ancora stato reso pubblico. ndr)

Angelo Miotto - Peacereporter

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