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    Egitto: polizia violenta,nuovo caso khaled said

    A due settimane dalle elezioni parlamentari, la polizia di Alessandria è ancora una volta accusata della morte di un giovane egiziano, Ahmed Shaaban.

    (16 Novembre 2010)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

    Egitto: polizia violenta,nuovo caso khaled said

    foto: www.nena-news.com

    Il Cairo, 16 Novembre 2010, Nena News (foto da Al Jazeera) – Il diciannovenne egiziano Ahmed Shaaban è scomparso il 6 novembre: lui e il suo amico Farag, sono stati fermati dai poliziotti egiziani, poi interrogati e detenuti mentre, alla guida di una motocicletta, si stavano recando al matrimonio di un amico della sorella di Ahmed.

    A due settimane dalle elezioni parlamentari che interesseranno il paese, e’ la polizia di Alessandria a guadagnarsi le prime pagine di molta stampa araba e internazionale, ancora una volta accusata di aver ucciso, picchiandolo a morte, un giovane egiziano. Il corpo di Ahmed Shaaban è stato infatti scoperto nel canale Mahmoudia, ad Alessandria, e sono i familiari di Ahmed e i blogger della città ad accusare la polizia per aver torturato il ragazzo e averne gettato poi il corpo nel canale. Il primo a riportare la storia, è stato il famoso blogger locale Mohamed Abdelfattah, suscitando le proteste degli attivisti.

    Secondo l’avvocato della famiglia, Mena Gergers, è ancora sconosciuta la ragione per cui i due giovani uomini siano stati arrestati. Mentre secondo la versione rilasciata dai genitori di Shaaban, i due giovani sarebbero stati ammanettati e trascinati alla stazione di polizia di Sadi Gaber, per aver protestato per il loro fermo; alla stazione sarebbero stati picchiati e interrogati. Farag è ancora agli arresti, accusato di aver rubato un telefono cellulare.

    Il 9 novembre, in seguito alla scomparsa del figlio, la famiglia ha ricevuto una telefonata dal numero di cellulare di Ahmed, in cui li si avvertiva che il telefono, la giacca e la carta di identità del ragazzo erano stati ritrovati nel canale di Mahmoudia. La mattina seguente è stato chiesto loro di identificare il corpo di Ahmed all’obitorio: un corpo, che secondo quanto dichiarato dai familiari, presentava segni di abusi e violenza fisica, la testa fracassata e le braccia segnate da percosse, con evidenti segni lasciati da bruciature di mozziconi di sigaretta.

    Secondo l’egiziano Daily News, dopo la scomparsa di Shaaban, alcuni membri della sua famiglia avrebbero chiesto sue notizie alla stazione di polizia di Sidi Gaber e avrebbero visto la sua motocicletta parcheggiata fuori. Per tre giorni consecutivi, è stato loro negato di incontrare o anche solo ricevere notizie riguardo Ahmed. Immediatamente il mondo dei blogger si è attivato: è stato proprio un blogger, Abdelfattah, a postare su Youtube un video con interviste ad alcuni familiari e amici di Ahmed per fornire una prima ricostruzione degli eventi, una ricostruzione che ha subito sollevato il dubbio che il giovane fosse stato ucciso dalla polizia. La polizia invece continua a sostenere una versione dei fatti secondo cui Ahmed si sarebbe suicidato, saltando nel canale, ma gli avvocati della famiglia smentiscono tale versione, e chiedono l’apertura immediata di un’indagine sul caso.

    Gli stessi familiari di Ahmed, sono intanto diventati oggetto delle intimidazioni da parte della polizia egiziana, come del resto è avvenuto in casi simili in passato. Tre ore dopo che il video è stato lanciato in Internet, molti attivisti politici egiziani si sono recati dalla famiglia Shaaban, in segno di solidarietà, pianificando per il giorno successivo una protesta di massa contro i costanti abusi e le violenze perpetrare dalle autorità egiziane; una protesta, che però è stata impedita da centinaia di poliziotti schierati in tutto il quartiere dove vivono gli Shaaban. Sempre secondo quanto riportato dal blog di Abdelfattah, lo zio di Ahmed, Ashraf Shaaban, responsabile dell’organizzazione della protesta e dei contatti con i giornalisti, sarebbe stato prelevato dalla polizia e interrogato per diverse ore.

    La stazione di polizia di Sidi Gaver è diventata tristemente famosa per il caso di Khaled Said, morto lo scorso giugno, un caso che ha sollevato scalpore nell’opinione pubblica egiziana e continua a tenere desta l’attenzione di diverse organizzazioni in difesa dei diritti umani. È iniziato il 27 luglio e si è avuta a ottobre la seconda sessione del processo nei confronti dei due agenti di polizia accusati di aver arrestato illegalmente e torturato, Khaled Mohammed Said, un uomo di 28 anni di Alessandria. I due poliziotti, di Sidi Gaber, erano entrati in un internet caffè, avevano fermato Said, lo avevano trascinato fuori e picchiato fino a causarne la morte.

    L'autopsia ufficiale ha concluso che Said è morto soffocato per aver ingerito un tubetto di plastica contenente droga e che il suo decesso non era attribuibile alle ferite inflittegli durante e dopo l'arresto. Amnesty International e diverse altre organizzazioni che hanno seguito la vicenda, ritengono invece che si tratti di un tentativo di insabbiare il caso da parte del ministero dell'Interno.

    Il caso di Khaled Said e quello di Ahmed Shaaban riaccendono i riflettori sugli atti di brutalità commessi dalla polizia egiziana. Raramente in Egitto, ufficiali della sicurezza o delle forze di polizia accusati di violenza, vengono perseguiti dalla legge. Eppure c’e’ chi crede, soprattutto tra i blogger e gli attivisti per i diritti umani, che il processo per la morte di Khaled Said, e oggi il caso di Ahmed Shaaban, possano rappresentare un punto di svolta contro l’impunità delle forze dell’ordine egiziane e la cultura della brutalità. Nena News

    Il video apparso sul blog (in arabo con sottotitoli in inglese) può essere visto al seguente link:

    http://www.youtube.com/watch?v=Upw_1rtzsCk

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    Nena News

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