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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
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Ma dov'è lo spostamento a sinistra dell’Ulivo?

odg di minoranza al Comitato Politico Regionale Veneto del PRC

(11 Novembre 2003)

Il Comitato Politico Regionale del Veneto sottolinea l'urgenza di cacciare il governo reazionario di Berlusconi - nemico dei lavoratori, delle ragioni dei movimenti, dei diritti democratici - in un momento in cui accresce le proprie difficoltà di tenuta ed entra in crisi il suo blocco sociale e politico di riferimento.

Nello stesso tempo constata l’assenza - a otto mesi dal varo della "svolta" del Prc - di qualsiasi convergenza programmatica di fondo tra il PRC e il Centro liberale dell’Ulivo (Margherita, maggioranza DS, SDI), e in ogni caso tra le ragioni dei lavoratori e quelle dei poteri forti della società ben rappresentati dal centro ulivista.

Il confronto pubblico di questi mesi, nel vivo dello scontro sociale e politico del paese, ha smentito nel modo più netto, e su ogni terreno, la tesi avanzata dalla maggioranza dirigente del partito circa un presunto spostamento a sinistra dell’Ulivo. Nello scontro referendario sull’estensione dell’articolo 18, il centro dell’Ulivo si è schierato, contro i lavoratori e i loro diritti, dalla parte del padronato e dello stesso governo. Nel vivo dello scontro sociale con Berlusconi in materia di pensioni, il centro liberale dell’Ulivo avanza la proposta di rilancio e accelerazione della contro-riforma Dini e si dichiara disponibile a negoziare la stessa contro-riforma di Berlusconi. Di fronte alla risoluzione ONU sull’Irak il centro dell’Ulivo riconosce la legittimità dell’occupazione coloniale di quel Paese frutto di una aggressione imperialista, e si dichiara disponibile a sostenere permanenza ed ampliamento della presenza militare italiana. Nel vivo del dibattito europeo sugli assetti istituzionali della UE, il centro dell’Ulivo sostiene in prima fila l’attuale proposta di Costituzione europea, naturale rivestimento istituzionale dell’Europa del capitale e dei banchieri. Sullo sfondo della tragedia quotidiana dei migranti, assassinati dalle leggi anti-immigrazione, il centro dell’Ulivo sostiene pubblicamente la linea europea dell’ulteriore blindatura poliziesca delle frontiere, fonte prevedibile di altre tragedie. A ciò si aggiungono le pubbliche dichiarazioni programmatiche di Massimo D’Alema a difesa dell’intangibilità della contro-riforma Moratti sulla Scuola; le proposte pubbliche degli esperti economici della maggioranza Ds sulla intangibilità di larga parte delle stesse politiche fiscali di Tremonti "per dare certezze alle imprese"; le pubbliche proposte di Rutelli sul ripristino delle gabbie salariali. Questo è il programma dichiarato del centro liberale dell’Ulivo, dopo due anni di movimenti di massa in Italia. La tesi che i movimenti potessero spostare l’asse programmatico dell’Ulivo si è dunque rivelata una totale illusione.

I fatti dimostrano una volta di più, giorno dopo giorno, i rapporti organici del centro liberale con i poteri forti del Paese, con la finanza europea, con l’imperialismo internazionale e la sua diplomazia. La crisi latente del governo Berlusconi -con il distacco dal berlusconismo di poteri e interessi che ne avevano sostenuto l’ascesa- rafforza la candidatura del centro dell’Ulivo ad una rappresentanza politica di quei poteri e quindi consolida i suoi rapporti con la borghesia. I rapporti del centro ulivista con gli ambienti di Confindustria (v. la candidatura di Montezemolo ai vertici dell’Associazione padronale), con le grandi banche (a partire da Banca Intesa, Unicredito, Monte dei Paschi), con la Confcommercio di Billè, e persino con Bankitalia, sono oggi più consistenti di ieri e in ulteriore espansione. La proposta politica di unificazione del centro liberale in un unico partito riformista liberale, con la fusione di Margherita e Ds, mira a dare a questi interessi dominanti una rappresentanza politica centrale. Il sommovimento parallelo che si sta producendo nel Polo con lo sviluppo di un’operazione neo-centrista guidata da Fini, Casini, ambienti cattolici di Forza Italia è anche una operazione concorrenziale all’operazione ulivista. Il processo di alternanza borghese post-berlusconiana, indipendentemente dai suoi esiti, è già dunque avviato da versanti diversi. E tanto più oggi si pone, per noi comunisti, la questione decisiva: l’inserimento nell’alternanza o la lotta per l’alternativa. Sono due prospettive opposte ed inconciliabili, socialmente e politicamente. E non riguardano semplicemente la collocazione istituzionale del Prc ma il nostro rapporto con la lotta di classe e i movimenti di massa.

Il centro liberale propone ai movimenti, alla Cgil, al Prc di fare da sgabello alla sua alternanza liberale, contro i lavoratori e contro i movimenti. Ai movimenti chiede sostegno, nel mentre respinge tutte le loro ragioni di fondo (sociali, di pace, antiliberiste…), e tutte le pratiche di lotta (dalla contestazione delle lotte Fiom in Emilia al rifiuto di ogni "spallata" a Berlusconi). Alla Cgil chiede di tornare ad una stabile politica di concertazione con il futuro governo dell’Ulivo, superando ogni residua tentazione politica "autonoma". Al Prc offre ministri e un patto programmatico di legislatura con l’obiettivo dichiarato di coinvolgerlo e corresponsabilizzarlo alla propria politica e di usarlo come ammortizzatore dei movimenti e strumento di loro contenimento e controllo: ed anzi l’integrazione del Prc nel governo è parte importante dell’integrazione subalterna dei movimenti e della Cgil. L’ingresso del Prc in un governo di alleanza col centro liberale, guidato dal suo massimo esponente italiano ed europeo (Romano Prodi), inevitabilmente dominato dal suo programma e dagli interessi dominanti di cui è portavoce, rappresenterebbe un obiettivo tradimento delle ragioni sociali dei movimenti, degli interessi dei lavoratori, delle potenzialità di due anni di lotte. Quell’evento distruggerebbe di fatto, al di là di ogni intenzione, le ragioni sociali e politiche del Prc. In tutta l’ala sinistra e radicale dei movimenti di massa di questi anni - sia sul versante più strettamente sindacale, sia sul più generale versante anti-liberista - cresce il disagio o l’aperto dissenso verso la prospettiva indicata. Il suo compimento segnerebbe ben più gravemente una rottura irrimediabile del Prc con le migliori aspettative ed energie di lotta che si sono espresse nell’avanguardia operaia e giovanile. Peraltro nello stesso partito cresce turbamento e amarezza per la svolta intrapresa. Il consenso alla svolta è prevalentemente passivo e dubbioso. Il dissenso è ampio e in crescita, ben al di là di ogni steccato di mozione. Vasto è il disorientamento nei circoli e nelle federazioni. Il solo avvio della svolta demotiva le energie migliori e più combattive del nostro partito e rischia di alimentare disimpegni e passivizzazioni.

Il Cpr respinge questa prospettiva e avanza una nuova e diversa proposta politica. Non solo al nostro partito ma all’insieme delle classi subalterne del Paese, a tutti i loro movimenti di lotta, a tutte le loro rappresentanze. Cacciare Berlusconi è una necessità ed una possibilità reale. Ma Berlusconi va cacciato dal versante delle ragioni dei lavoratori e dei movimenti, non dal versante opposto dei loro avversari di classe. Per questo il Cpn si appella alla Cgil e all’insieme del sindacalismo anti-burocratico e di classe, a tutte le rappresentanze di lotta di questi anni sul terreno dell’antiliberismo e della pace, a tutte le forze che si sono impegnate al nostro fianco per l’estensione dell’articolo 18, perché rompano col centro liberale dell’Ulivo; perché rompano con i sostenitori delle controriforme pensionistiche e delle occupazioni coloniali; e perché invece realizzino con noi, con il Prc, la più ampia unità di lotta su un programma coerente di mobilitazione che risponda alle ragioni comuni dei movimenti di questi anni e miri a cacciare, su queste basi, il governo reazionario di Berlusconi. E’ la proposta della costruzione di un polo di classe autonomo e anticapitalistico, nella prospettiva di un'alternativa di governo dei lavoratori e delle lavoratrici.

Queste potenzialità sono state ben misurate dalla grande partecipazione allo sciopero generale del 24 ottobre (nonostante il limite profondo delle quattro ore), ma proprio per questo richiedono tanto più oggi la continuità e la radicalità dell’azione attorno a un programma unificante, e non il ripetersi di atti semplicemente dimostrativi. Peraltro l’esperienza di lotta della Fiom in Emilia col ricorso a blocchi delle merci, blocchi delle portinerie, picchetti e scioperi a oltranza, mostra che rompendo le regole del gioco sul terreno della lotta e ricorrendo alla forza di massa è possibile piegare le resistenze padronali e strappare risultati. E’ una lezione per l’intero movimento operaio italiano che va recuperata e generalizzata nella stessa lotta per cacciare Berlusconi.

Questa è dunque l’unità contro Berlusconi che noi proponiamo: l’unità nell’autonomia delle ragioni dei lavoratori e dei movimenti. In una parola: cacciare Berlusconi, governare con l’Ulivo no.

Il Cpr ritiene indispensabile che sulla scelta di fondo del partito possano esprimersi tutti i militanti del Prc e non solo i gruppi dirigenti. Diffusa è la lettura dell’attuale svolta come un fatto di discontinuità e contraddizione con l’interpretazione che a suo tempo fu data della linea dell’ultimo congresso. Per questo il Cpn ritiene insostenibile un’eventuale pretesa di chiudere la discussione con la consultazione degli organismi. Così ritiene assolutamente inadeguata un’ipotesi di "conferenza" che abbia, nei fatti, carattere di puro convegno. Ogni convegno naturalmente è ben accetto: ma l’essenziale è il potere democratico reale di decisione dei militanti e degli iscritti. Il CPR pertanto ribadisce la necessità di un congresso straordinario del Prc come garanzia di confronto democratico paritario tra le posizioni presenti e soprattutto di piena sovranità dell’intero corpo del partito.

Venzia, 08/11/2003

AMR Progetto Comunista - Veneto

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