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(22 Novembre 2010)
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Roma, 22 novembre 2010, Nena News – Sono partiti questa mattina i lavori di costruzione del muro antimigranti lungo il confine fra Egitto ed Israele finalizzato a bloccare gli africani in cerca di lavoro e di una vita migliore che provano ad entrare clandestinamente nel territorio israeliano. Secondo le stime della stampa, dall'inizio del 2010 sono entrate illegalmente in Israele circa 12 mila persone e il numero mensile di ingressi sarebbe in aumento. Nella parte settentrionale la nuova barriera si collegherà a quella costruita dall'Egitto lungo il confine fra il Sinai e la Striscia di Gaza. Per il completamento dei lavori il governo di Benyamin Netanyahu ha stanziato 1,35 miliardi di shekel, circa 270 milioni di euro.
Il nuovo muro – che si aggiunge a quello che Israele sta costruendo dal 2002 nella Cisgiordania palestinese e intorno a Gerusalemme Est - sorgerà su 110 dei 240 chilometri di confine con l’Egitto. Nella parte rimanente Israele installerà sensori e strumenti ottici e rafforzerà i pattugliamenti di polizia ed esercito. L’obiettivo, aveva spiegato nei mesi scorsi il ministro per la sicurezza interna Yitzhak Aharonivic, è quello di impedire l’ingresso nel deserto del Neghev di profughi di guerra e di emigranti africani provenienti dal Sinai. Secondo Aharonivic ogni mese entrano illegalmente in Israele circa 1.200 migranti africani, quasi sempre con l’aiuto prima di beduini egiziani e poi di quelli israeliani.
Un movimento lungo il confine che il premier Netanyahu intende fermare ad ogni costo, visto che qualche mese fa arrivò a descrivere l’ingresso dei migranti «una minaccia all’esistenza di Israele quale Stato ebraico». Gli africani che riescono ad entrare in Israele peraltro sono i sopravvissuti al fuoco della guardia di frontiera egiziana. Secondo dati ufficiali ma quasi certamente sottostimati, solo nel 2007-08 sul lato egiziano del confine sono stati uccisi una quarantina di africani. Lo scorso anno una trentina. «Il numero delle vittime è molto più alto – dice Sigal Rosen, portavoce della Ong israeliana “Hotline for Migrant Workers” – sono convinta che tanti altri migranti siano stati colpiti a morte ma non riusciamo a saperlo perchè le autorità egiziane non lo dicono. E non dimentichiamo che tanti altri vengono feriti o arrestati».
Soldati e poliziotti israeliani non restano a guardare, anche se lo Stato ebraico ha firmato le convezioni internazionali sull’asilo politico. I migranti catturati nel Neghev – tranne un numero limitato di quelli provenienti dal Darfur – vengono immediatamente rispediti in Egitto dove, dopo un processo sommario e una detenzione durissima sono obbligati a tornare nei loro paesi d’origine, nella migliore delle ipotesi. «La carneficina si è aggravata nel 2007 – spiega Sigal Rosen – quando Israele ha fatto la voce grossa con il Cairo affinché venissero fermati gli ingressi clandestini di sudanesi e altri africani. L’Egitto da allora applica misure durissime con il plauso dei governanti israeliani». Coloro che si avvicinano al confine israelo-egiziano perciò rischiano la vita. Non importa se fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla morte. A nulla sono serviti appelli a fermare le uccisioni rivolti da Amnesty International e Human rights watch all’Egitto e a Israele.
Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, da 2 a 3 milioni di cittadini sudanesi, in buona parte migranti ma anche rifugiati in fuga, si trovano in Egitto. L’aumento dei morti alla frontiera tra Israele e l’Egitto peraltro indica un mutamento delle rotte della migrazione africana, dopo che la strada verso l’Europa si è fatta più difficile, anche a causa degli accordi tra Italia e Libia. Per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, gli eritrei lo scorso anno rappresentavano il gruppo nazionale più numeroso tra i migranti che cercano di entrare in Israele.(red) Nena News
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