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(27 Ottobre 2010) Enzo Apicella
Pubblicata la classifica di Transparency International (Ti) sulla percezione della corruzione nella pubblica amministrazione

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    Silvio Berlusconi ovvero lo scandalo permanente

    (5 Novembre 2010)

    In quali abissi Silvio Berlusconi è pronto a trascinare la sua carica di Presidente del Consiglio? Per quanto tempo ancora i suoi alleati continueranno a sostenerlo? Dalla risposta a questi due interrogativi dipende la sorte del Primo ministro italiano, raggiunto ancora una volta da uno scandalo sessuale che vede coinvolta una minorenne, fatto reso più grave dalle sue pressioni sui magistrati incaricati dell’inchiesta.

    Rispetto alla prima domanda, ahimé!, il signor Berlusconi fornisce da solo la risposta. In questo ambito, egli non fissa alcun limite. Dopo la sua prima elezione, nel 1995, e durante i suoi nove anni di mandato, il signor Berlusconi ha sempre considerato il potere e le istituzioni come un’estensione delle sue attività di imprenditore di successo. La nobiltà, l’immagine simbolica, la rappresentazione non fanno parte delle sue preoccupazioni. Hanno contato, e contano, solamente il suo piacere, i suoi affari e gli interessi della sua “corte”.

    Nominato in tre battute elettorali, si è convinto di essere l’interprete migliore dell’animo degli Italiani e lo specchio dei loro vizi. La sua linea di difesa nell’ennesimo scandalo che lo tocca viene espressa in una originale esternazione : “Amo le donne, amo divertirmi e sono di buon cuore”, ha dichiarato. Un altro modo per dire: “Io sono come voi.”
    Fino a questo momento, questa tattica gli ha valso l’indulgenza dei suoi elettori.

    Ma la reiterazione degli “affari”, giudiziari e sessuali, impone la questione della dignità del Presidente del Consiglio. Passi ancora che non si sia reso conto della portata della crisi economica e finanziaria; passi pure che non abbia realizzato che un’infima parte del programma per cui è stato eletto nel 2008. Altri non hanno fatto di meglio. Ma nessuno ha degradato la propria carica in un tal carosello di piaceri e divertimenti.

    Questa fuga in avanti ha un prezzo, troppo spesso ignorato. Non è solamente l’immagine del Presidente del Consiglio ad essere colpita, ma l’immagine dell’Italia. Contrabbandando le sue scappatelle per una sotto-categoria di patrimonio, la sua voglia smodata di lussuria per un tratto identificativo nazionale, il signor Berlusconi attenta all’immagine dell’Italia, che poco a poco ha ridotto a sua caricatura.

    Con i suoi tanfi da Basso Impero, la fine del berlusconismo non fa onore alla Penisola.

    A questo proposito, la fronda dei confindustriali che invocano un ritorno delle istituzioni alla “dignità” non è una semplice scaramuccia. Costoro, che esportano il “made in Italy” in tutto il mondo, sono ormai stanchi di dovere spiegare e/o giustificare gli eccessi del loro capo di governo prima di sottoscrivere il loro primo contratto.

    Resta la seconda domanda: fino a quando i suoi alleati – e gli Italiani – potranno sopportarlo? Gli ammonimenti e le intimazioni del padronato e della Chiesa, la dissidenza di Gianfranco Fini, i malumori della Lega Nord riducono sensibilmente le prospettive politiche di Silvio Berlusconi.

    In assenza di una opposizione forte e strutturata attorno ad una figura di riferimento e ad un progetto, è a questi attori che compete di dire “basta” o “avanti”. Per salvare l’Italia, e ciò che resta della funzione di Presidente del Consiglio, la cosa migliore sarebbe che dicessero “stop”! –

    1 novembre 2010

    (Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

    Editoriale da “Le Monde”

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